martedì 10 ottobre 2017

E forse è così

Io sono due tipi di persone.
Una è quella che non si fida di nessuno, o quasi. Quella che pensa che in agguato ci sia sempre qualcuno che la vuole fregare. Quella che attacca prima di doversi difendere.
Un'altra è quella che ha profondamente fiducia nella bontà altrui. Quella che un gesto può essere mosso solo da semplice affetto-amore, perché anche i miei lo sono.
E se pensate che le due cose non possano per natura convivere, beh, benvenuti nella mia vita.

L'altro giorno io e le mie sorelle stavamo sistemando tutti i regali che i nostri nonni ci hanno lasciato nel tempo (la famosa dote che, almeno al Sud, è ancora molto in voga) e nella stessa stanza si erano accumulati anche i miei libri e quaderni degli anni scolastici passati.
C'erano anche sei dei miei diari. Li avevo aperti di sfuggita, poi li avevo riposti.
Ieri sono ripassata dalla stessa stanza ed ho deciso di portarmeli dietro e leggerli più attentamente.

Ci ho trovato dentro tante cose imbarazzanti; le cose imbarazzanti che tutti gli adolescenti scrivono credendo di star lasciando la frase dell'anno. C'erano dediche di compagni, di amici di altre classi, di nomi che oggi non mi dicono davvero nulla. C'erano anche nomi cancellati, per seguire la scia della vecchia storia del diario bruciato.

Ma soprattutto ad un certo punto mi è comparsa una pagina a quadretti con una lunga scritta in blu.
Ho riconosciuto la calligrafia immediatamente, ma ci sarebbe stata anche la firma a suggerire il mittente. La mia ex compagna di banco, che poi era anche mia amica, mi scriveva che le avevo fatto fare tante figuracce, che ci eravamo divertite tanto in quegli anni, che mi voleva bene e che, concludendo, probabilmente me ne avrebbe voluto per sempre.
E sono rimasta colpita da quella frase.
Da una parte mi sono detta che probabilmente era una di quelle cose che tutte le ragazzine si dicono; addirittura ho provato disagio nel pensare che, a mia volta, da qualche parte sulle pagine del suo diario io abbia potuto scrivere le tre stesse parole per lei.
Dall'altra mi sono chiesta se veramente lo abbia pensato o provato, se forse ero stata io quella ingiusta con lei e se la pessima amica, a ben guardare, non fosse stata la sottoscritta.

Forse sarebbe lungo spiegare quello che è successo tra di noi, o forse non è semplicemente successo nulla. Io non ho mai commesso gesti cattivi nei suoi confronti, anzi. Al contrario, guardando indietro, ci sono tante piccole cose che, sommate, hanno assunto per me l'equivalente di una grande, bella pugnalata.
Come quella volta in cui si era inventata una scusa per non darmi i compiti del giorno dopo, dato che io ero assente, per mettermi in difficoltà coi prof. Che quando un'altra compagna, in buona fede, aveva smantellato quella scusa il giorno seguente vidi l'imbarazzo nei suoi occhi, il viso divenirle rosso ma io avevo deciso che non me ne importava niente e di lasciar perdere.
Come quella volta in cui avevo commesso un grande errore, un errore solo mio non nei suoi confronti, e lei invece di stare dalla mia parte e sostenermi aveva deciso di buttarmi giù e di stare dall'altra barricata, di giudicarmi. Ed io anche allora avevo deciso di lasciare stare, perché in fondo a me non serviva proprio la sua approvazione o quella di chiunque altro, e continuai per la mia strada che oggi mi ha portato qui.
Finché non arrivarono le sue domande fatte per mettermi in difficoltà; quelle in cui sentivo il tono con cui giudicava le mie paure, che però non mi hanno fermata mai, mi hanno solo fatto fare un giro più lungo. Finché non arrivò quel compleanno in cui si materializzò ai miei occhi tutta la noncuranza che mi avevano riservato, mentre per loro era stato fatto pure troppo, col senno di poi.
Finché non arrivò la mia laurea, quando al ristorante io aspettavo solo loro e dopo un'ora di ritardo (no, non è per dire, sono stati 60 minuti veri e propri) fecero capolino senza neanche chiedermi scusa, senza neanche un avviso prima, senza l'affetto che le amiche, quelle vere, ti riservano in un giorno così.
Quella è stata l'ultima volta in cui le ho permesso (il plurale di cui sopra fa riferimento al fatto che le "amiche" in realtà erano due, ed anzi, il comportamento dell'altra è stato anche peggiore ma qui mi soffermo solo sull'autrice di quella dedica) di far parte della mia vita. Ho continuato a declinare inviti, ad ignorare messaggi, a cancellare gruppi in comune finché non hanno smesso di cercarmi, finché le nostre strade hanno smesso di incrociarsi casualmente.

Non so se abbia mai capito quello che è successo davvero; penso che in realtà per lei sia stata io l'artefice di tutto, che sia stata io ad escludere lei. Io non ho mai sentito la sua, la loro, mancanza neppure quando questo ha voluto dire essere rimasta sola.
Forse perché io, in realtà, sola non ci sono mai stata per un motivo o per l'altro.
So che adesso, dopo aver scritto questo post, dopo aver ricordato anche cose che ho deciso di non riportare qui, quella dedica non è più nulla. Solo una frase come un'altra scritta da una persona come un'altra.
So anche che, probabilmente, se un giorno lei dovesse trovare qualcosa di simile da parte mia penserebbe le stesse cose di me.


...Dici che esistono solo persone buone, 
quelle cattive sono solamente sole...
T. Ferro

Una buona giornata, a chi non è come neve...