sabato 25 novembre 2017

Bella gioia

Quando ho guardato per le prime volte una stella al telescopio mi sono emozionata tanto. Non mi ero mai chiesta come fosse così più da vicino, non avevo neanche un'idea di cosa mi sarei potuta aspettare ma mi sono meravigliata lo stesso.

Un ammasso di luce, senza un contorno definito, pulsante e mai fermo come un cuore dentro ad un petto. Che non hai neanche il tempo di renderti conto di quello che stai guardando che è già sparita con il movimento della terra che ospita la vista.
Non ci avevo mai pensato a questa cosa. Non me ne ero mai accorta come fosse veloce quello che, in realtà, nella vita mi sembra andare così piano. Come gli anni, i minuti, le settimane, i mesi, i giorni, le ore.
Come scompare quel bagliore indefinito in pochi secondi, così un cuore dentro ad un petto può smettere di battere.

Della morte, che per la prima volta ho vissuto coscientemente e così potente solo in questo momento perché prima ero troppo piccola e dopo non così dentro, non mi spaventa la morte in sé.
Mi terrorizza il modo in cui ti può, e lo fa, tradisce la vita. Che tu le credi, perché ti hanno insegnato così e ci credi perché ne hai bisogno, però quando succede quello che succede ti rendi conto che non siamo veramente nulla.
E questo è sconvolgente, se rimanete un attimo a pensarci. La vita è mia, nasco e poi decido io come indirizzarla; se viverla dignitosamente o se bruciarmela dietro vizi e sbagli; se gestirla come si farebbe come con una piccola azienda in proprio, come un'impresa famigliare o se lasciare che vada come deve. E poi all'improvviso, magari quando uno si era abituato o aveva cominciato a credere di capirci qualcosa, ecco, quella se ne va. Se ne va perché lo ha deciso lei, o il destino, o Dio, o chi per Lui o chi preferite. Uno si fa in quattro per darle un motivo, una direzione e tac, finisce anche se non lo vuoi, anche se non lo sai. 

Mi paralizza l'idea del non avere più qualcosa. Una voce, un viso, una mano, una risata.
Ed in questo caso, la tristezza ed il male che provo, è composto da più parti.
La prima è la tristezza immensa che provo all'idea che, si, qualcuno non può esserci più. Che anche se è passato un po' -poco- tempo ancora una lacrima riesce a scapparci al pensiero almeno una volta al giorno.
La seconda è il pensiero che quello che sto provando io è, per forza di cose, neanche un milione di volte potente quanto quello che stanno provando i suoi figli, sua moglie, il fratello, gli amici. Ed a me tocca profondamente immaginare il mio fidanzato non star bene, o suo fratello che con me è sempre stato un angelo fin da subito, o la sua mamma che mi ha accolta come mai mi sarei immaginata.
La terza è il cruccio delle cose che avrei potuto ancora conoscere di lui, di fare, che volevo tanto fargli ascoltare il cd di Tiziano versione Swing che secondo me, alla fine, lo avrebbe apprezzato più di quanto avrebbe mai potuto ammettere ed immaginare. E, soprattutto, il cruccio delle cose che i suoi figli avrebbero ancora potuto fare insieme a lui, fargli vedere, il modo in cui si sarebbe dovuto far chiamare dai nostri, di figli.

Però, se anche questo post lo penso da un pochino di tempo con un velo di tristezza addosso, non voglio, ora che lo scrivo, esserlo. Voglio solo ricordare che

E' stato un onore pensare che quando mi presentavi agli altri, ai medici, ai tuoi amici, sottolineavi che fossi la tua nuora;
E' stato piacevole passare quelle occasioni io e te da soli, perché Maurizio e gli altri dovevano fare delle commissioni e non volevamo che stessi da solo. Che abbiamo parlato davvero di tante cose. Della Roma, che io non so niente di calcio, della mia università, della tua famiglia, della mia, dei bambini, di quando avevi tu la mia età, dei viaggi, della musica, della Calabria, del nord, degli amici, dei libri...;
E' stato bellissimo che tu abbia potuto conoscere tutta la mia famiglia e che tu abbia visto, almeno un'ultima volta, mio padre e mia madre. Che desideravi tanto tornare qui giù ma non hai fatto in tempo;
E' stato piacevole poterti venire a trovare anche quando eri in ospedale ed è stato un gesto meraviglioso il tuo averlo apprezzato e capito, tanto da avermi voluto fare un pensierino per ringraziarmi anche se io avrei dovuto ringraziare te perché mi hai fatta sentire a casa, in una famiglia e non solo in mezzo a dei consanguinei del mio fidanzato;
E' stato una cosa bellissima che tua abbia cresciuto il mio amato Mizio -ed il mio cognatuzzo bello- con tutto l'amore che gli hai riservato in questi anni. Con tutte le cose che gli hai insegnato, le cose che gli hai fatto vedere, il supporto che gli hai potuto dedicare, gli insegnamenti che hai impartito...Ed almeno questo, però, ho potuto dirtelo personalmente tanto tempo fa;
E' stato un onore avere un posto tra le tue chiamate rapide, sul telefono, ed anzi, l'ultima chiamata che mi hai fatto l'ho immortalata in uno screen per non scordarmi mai che almeno ho potuto sentire la tua voce.
E' stato dolce ricevere ogni mattina, da te, la colazione a casa. Un cornetto pieno di cioccolato dal bar che ti piaceva tanto...e mi chiedevi sempre "piaciuto il cornettino?Eeeeeh, te possino!"
E' stato un onore aver imparato e capito il tuo giochetto magico con la catenella al dito.

E' un ricordo che non potrò levare mai la tua presenza, seppur troppo breve, nella mia vita e, fortunatamente, anche nella sua. 
Ed il modo in cui mi chiamavi sempre,
bella gioia.




La vita come tu te la ricordi un giorno se ne andò con te...
A chi non è come neve...


lunedì 6 novembre 2017

Che sfido la vita

Avete presente quei giorni in cui ci si sveglia pieni di creatività, pieni di voglia di fare.
Di imparare nuove lingue, di disegnare anche se non lo sai fare, di colorare, di usare colla e brillantini, di iniziare un nuovo quaderno?
In questo periodo mi sento così, forse perché ho bisogno di sfogarmi per tutte quelle ore che passo di fronte al computer a tradurre documenti di ricerca, mettere insieme pensieri critici e dare un senso logico alle cose che inserisco nella mia tesi.

Quindi ieri, ma anche un po' prima, ho preso uno dei tanti quaderni che tengo nel mio armadio. Iniziato alla fine dell'estate e lasciatomi dal mio fidanzato, dentro ci abbiamo raccolto tutte le nostre cose: i biglietti di treni, cinema, musei; date, orari, aneddoti.
Stavo impastrocchiando le pagine ancora vuote con i colori dei vari inchiostri finché, nel mazzo di fogli e ricordi che avevo messo da parte nel mio cassetto non ne è spuntato uno piegato su sé stesso.
Una calligrafia minuta e fine, con una penna blu, su un foglio senza righe.

"Cara Paola, 
è difficile parlare con te...a volte vorrei poter leggere tra i tuoi pensieri per riuscire a capire quello che ti preoccupa e ciò che ti fa star così male. Non sei più la bambina spensierata di un tempo e non sai quanto male ho nel cuore vedendoti in questo stato.
(...)
Soprattutto tu, Paola, puoi sempre contare su di me...Io e te siamo uguali, non riusciamo a parlare dei nostri problemi, ci teniamo tutto dentro anche a costo di morire dal dolore.
Io, per fortuna, ho avuto una brava professoressa che mi ha fatto capire che non esiste solo la voce per comunicare con gli altri: si possono usare anche una penna ed un pezzo di carta.
(...) prova a fare così anche tu...scrivi, e se vuoi far leggere a qualcuno che ti vuole bene magari ti potrà aiutare.
(...)
Senti la voce che parla al tuo cuore ed affronta i tuoi fantasmi. Io posso aiutarti se lo vuoi.
Prendi un foglio di carta e scrivi tutto ciò che ti passa per la testa. Scrivi tutto ciò che ti preoccupa, tutto ciò che ti rende triste, tutto ciò che ti fa piangere ma anche quello che ti fa ridere.
Paola, piccola mia, apri il tuo cuore alle persone che ti vogliono bene (ed io sono tra queste)
(...)"

Non mi sono mai scordata di quella lettera, ma erano anni che non la leggevo per intero perché ogni volta che scorgo già le prime parole mi si riempiono gli occhi di lacrime.
Ci sono delle cose che, a volte, a forza di ripeterle nel tempo ti diventano indifferenti, ne diventi immune; questa lettera non è per me tra queste, così anche mentre ne scrivevo questi piccoli pezzi ho sentito il magone e mi si è rigato il volto di emozione.
Non so bene cosa mi faccia effetto.
Forse che lei mi abbia scritto, e che lei non è una persona qualunque ma una di quelle che più amo nella mia vita. Forse che effettivamente non so neanche io cosa mi stesse succedendo in quel periodo, che cosa stessi bene provando.
Non ho mai voluto dare la colpa al dramma che mi stava accadendo attorno; anche perché se mi chiedeste "pensi che quello ti abbia segnato in qualche modo?", io direi convintamente di no. Ma certo questo non significa che non sia invece accaduto ed a me non interessa semplicemente indagare oltre.
Forse mi fa effetto che quella lettera è datata Gennaio 2005, quando io ancora avevo undici anni e due mesi. E se cerco foto di quando avevo quell'età trovo una bambina dal viso buffo che sorride in camera, con la pelle sempre bianchissima, i capelli più corti di quanto ora potrei sopportare, con vestiti improbabili. Mi fa effetto questo, si. Pensare che quella bambina è la stessa triste e piena di cose nel cuore pronte ad esplodere di cui parla la lettera.

Non l'ha mai letta nessuno. Sono sempre stata troppo gelosa delle mie cose ma anche intimidita dal far capire agli altri quello che sento o posso aver sentito. Per questo motivo anche qui ho nascosto più della metà delle cose che ci sono scritte nell'originale. Credo che di quel che mi stava accadendo non ne abbia memoria nessuno, in realtà. E questo mi solleva, non mi offende.
Il testo per intero l'ho inoltrato per la prima volta ieri solo al mio fidanzato ed è stato proprio lui a farmi notare la questione dell'età.
Seppur io ricordassi benissimo quanti anni avessi, che periodo fosse, non ho mai accostato la me di quel momento alla me delle foto che trovo in giro di quello stesso periodo.
Come se quello che stavo provando allora fosse troppo per una bambina così piccola e così ogni volta in cui ci ho pensato ho trasfigurato la me già grande di ora al posto di quella che ero davvero.
Mi fa sorridere, è tipico di me.
Un modo per proteggermi senza far male a nessun altro.

Quegli anni sono così lontani ed ora mi sento così diversa.
I miei fantasmi ci sono ancora, ma non sono più così grandi. Li tengo a bada, mi accompagnano quando ho qualche paura ma questo non mi ha impedito di fare quello che ho sempre voluto.
Ed ovviamente non c'è bisogno di dire che scrivo; quando sono triste, quando sono felice, quando sono arrabbiata.

Di quella lettera, di quel periodo, mi è rimasta la voglia di insegnare a qualcun altro, chiunque ne abbia bisogno, che tanto tutto passa. E se non passa possiamo farlo passare noi.

Una buona giornata, a chi non è come neve...