mercoledì 28 gennaio 2015

Tutto è vuoto, tutto è un gioco, tutti dentro al fuoco

Nella città in cui studio nevica, nevica come dovrebbe nevicare d'inverno.

Ed io sono a casa.

E' stato un periodo molto pieno. Ho finalmente levato di torno il famoso esame, per cui mi dico metà laureata ed ho tutta la calma ed il tempo per finire per bene. Almeno spero. Ma comunque mi sono scrollata un peso enorme.

Ho passato giorni bellissimi e dolci, seguiti poi da uno strano quasi silenzio, perché il silenzio non è solo quello in cui mancano le parole, per poi far ritornare il sole su tutto.
Ho pensato più volte a riprendere il computer e scrivere tutto quello che avevo in testa nelle varie fasi, ma poi mi sono detta che a volte è meglio cercare di ricordare o di scordare per sé. O semplicemente ho cercato una scusante alla mia pigrizia ed al tempo altrimenti sottratto ai miei altri esami.

Quasi tutte le mattine, appena scese le scale ed appena entrata nella mia cucina, vedo un piccolo angelo che mi sorride scoprendo quei dentini bianchi. La prendo in braccio, ridiamo ed ogni tanto fa i capricci. Uno dei tanti giorni in questione comincio a cullarla, aveva gli occhi pieni di sonno. Le canto la ninna, nanna facendo su e giù per la stanza, mentre lei se ne sta petto contro petto a giocare con la mia collana.

Passa un quarto d'ora e di dormire non se ne parla. Eppure sbadiglia, gli occhietti cedono, ma lei non demorde.
Chiedo alla madre, ridendo, perché continua a stare sveglia pur avendo evidentemente sonno. E ci rifletto a lungo.
Mi rifaccio ad un post vecchio del novembre 2013, in un blog che quasi voi tutti conoscete e non c'è bisogno di citare, ma semmai chiedete pure. Si parlava di un certo principio per cui la spiegazione più semplice è spesso quella de preferire.

Ma la prendo quasi come una eresia.
Non c'è nulla da fare, paradossalmente è più semplice accettare le soluzioni più complicate.
Così, è inutile, se ti trovi seduta sul pavimento a pensare che 'forse andrà meglio, che questo possiamo lasciarlo passare, ecc', in realtà lo sai già che non lo ami più. Ma ammetterlo davvero è tutt'altra cosa.
E se ti trovi con le cuffie alle orecchie a pensare che qualcosa ti manca, che il cuore è altrove, che il cuscino non è quello giusto significa solo che casa tua è là, non qui. Ma partire a volte fa paura ed allora è meglio trovare la scusa perfetta e giustificarsi.

Com'è strano giocare così. Uno passa tutta la vita a cercare la semplicità e poi quando può, preferisce prendere la strada più difficoltosa.

Ma tanto alla fine, pur prendendo la strada più lunga o la scorciatoia, la meta una sola è. Che sia scritta nel destino da quando siamo nati o che sia stravolta e modificata nel corso della vita da noi stessi, mille e mille volte, comunque una sola è.

Scegliete voi quando e come arrivarci; da che parte arrivare e attraverso quale mezzo.

Io la mia l'ho segnata, su una grande mappa. Che tanto si, non si può mai dire, ma ho pronte anche le vie di uscita di sicurezza. Perché che la spiegazione sia la più semplice o la o meno bella, quello che si vuole lo si prende e basta.

Così la bimba dopo tante befane che la tengono una settimana e dopo innumerevoli stelle, stelline con le notti che si avvicinano, si addormenta con il visino sulla mia spalla.
Così dopo tanti mesi a pensare ed a ripensare a litigi e discussioni più o meno importanti; con parole più pesanti da parte mia e più comprensive dalla sua, si arriva al traguardo, alla meta.
Di nuovo. Si, è come Roma: tutte le strade portano lì. Anche le mie.

Ovvio.

Buona giornata, a chi non è come neve...

martedì 13 gennaio 2015

L'astratto Dio dell'Universo.

Non riesco ancora a dare il giusto nome alla sensazione che mi accompagna nel momento in cui sento il suono di una sveglia impostata troppo presto, ma puntuale.
E' qualcosa che va ben oltre il sentirsi strappati dalle braccia di Morfeo.

Non sono mai partita così presto, o forse mai son stata così attenta ai dettagli.
La prima volta apro gli occhi alle 4, per poi alzarmi definitivamente un'ora dopo esatta. I cani abbaiano, come sempre, arrabbiati chissà contro quale rumore.
Io mi preparo in fretta, con il sollievo di non dover portarmi dietro troppe cose.
Apro il portone ed è buio pesto. Le stelle brillano in tutto il loro splendore, padrone di una volta che è ancora lontana dal vedere il Sole.

La stazione è quasi deserta, ma per le strade le luci dei bar e delle panetterie mi fanno sentire meno sola. Mi riprometto di non lamentarmi pensando a chi, queste mattinate, le ha viste diventare la normalità.
Mi sorprende, pochi minuti prima che il pullman ingombri il proprio posto nel parcheggio, vedere che i miei sconosciuti compagni di viaggio non saranno così pochi.
Saranno stati anche loro ingannati dal sito non aggiornato e, come me, scopriranno praticamente appena saliti che avrebbero potuto approfittare di tutte le altre corse, normalmente.

Sono le 6, eppure sembriamo più vicini alla notte che al giorno. Partiamo ed io mi sento felice, nonostante gli occhi stanchi.
Le fermate non sono poche, ma per un bel po' resterò seduta comoda, da sola.
Vedo la Luna riflessa sul finestrino e distorta nell'immagine; non l'avevo notata per nulla, fino a quel momento. Me ne innamoro poco.

Guardo per tutto il tempo dal finestrino, posso vedere come il cielo in alto sia ancora scuro, mentre l'orizzonte comincia a prendere luce. E' tutto lento, tutto tranquillo ed ancora la città dorme. In mezzora assisto ad uno spettacolo meraviglioso.

Metri, che piano, piano diventano km, di mare libero da edifici ed alberi, di un blu stupendo; il cielo azzurro si è finalmente sporcato di arancione e contrasta nettamente con le montagne lontane che fiancheggiano la costa. Sono grigie ed alla loro destra, ferme in mezzo al mare, pescherecci silenziosi che sembrano quasi in miniatura.

Ne rimango estasiata e mi riporta alla mente quei paesaggi che ho sempre adorato ricomporre nei puzzle. Ad ogni pezzo credevo che i colori fossero falsati, magari dalla stampa, ed ora mi ricredo, assistendo ad uno spettacolo che di artificiale non ha assolutamente nulla.
Mi godo l'alba come se dovesse essere l'ultima cosa che vedo, chiedendomi come fanno in molti a voler andare via da qui. Un po' polemica, sempre tra me e me, mi rispondo ripensando a chi, questa stessa terra che sto guardando ed amando, l'ha bruciata come un fiammifero brucia un rogo di paglia.

Ogni tanto i miei pensieri li interrompe il freno dolce del pullman, ed assisto ai genitori, fidanzati, fratelli, che salutano i nuovi passeggeri. Mi distraggo particolarmente osservando una coppia di fidanzati; lei lo saluta baciandolo, lui si gira leggermente porgendole solo la guancia. Lei lo rigira e le schiocca un bacio sulle labbra. Poi sale, guarda un altro po' dal finestrino e si siede rilassata.

Ormai la città è sveglia, ha perso un po' magia, ed anche il posto accanto al mio si occupa. Alla radio scopro che è la giornata dedicata ai Pooh, infilo le cuffie per un po' e siamo ancora a Catanzaro. Ne avrò di tempo per ascoltare quello che voglio.

Scrivo mentalmente questo post più e più volte, senza cambiarlo mai. Vedo i palazzi colorati che ormai sono diventati familiari e sento già i ragazzi infilarsi i giubbotti. I cubi arancioni sono ancora presumibilmente vuoti, ancora 20 minuti, saluto l'autista e scendo.

E' da quasi un mese che non entro in quella casa, sono sola. Non ho valigia da sistemare, solo qualche foto.
Sono le 9.30
La giornata di qualcuno è iniziata da un po'. Io ho troppo sonno per continuare la mia.

Non apro neppure la finestra. Mi addormento.
Al risveglio finalmente un messaggio.

La mia giornata ricomincia di nuovo. E tra poco riparto ancora.

Buon viaggio, a chi non è come neve...


venerdì 2 gennaio 2015

Cosa lascerai, deserti o guai?

E' strano realizzare come a volte ci facciamo influenzare dal tutto e poi dal nulla.

Ce ne stiamo testardamente legati alle nostre convinzioni, dandoci da soli i pretesti e le giustificazioni per esplodere come e quando meglio crediamo, senza lasciare possibilità alcuna di una contro-reazione.

Per poi scoprire, nel buio e nella quiete delle quattro del mattino, come inconsapevolmente ci lasciamo punzecchiare dal silenzio altrui.
Perché c'è chi ha bisogno di lasciarsi andare ad urla, parole più o meno pesanti, a provocazioni e punzecchiature e chi, invece, riesce a scivolare dentro le piccole feritoie della tua mente e come con un martello torturarti fino al momento in cui il sonno ha la meglio e crolli inesorabilmente nel mondo dei sogni.

Così è iniziato, stranamente il mio anno. Con quella particolare sensazione che ti fa presupporre o che ci sarà qualcosa di estremamente importante, in quello che vivrai, o viceversa, qualcosa che non avresti voluto.
Come quando compi 18 anni e sai che, pur non cambiando nulla, non sarà più lo stesso. E lasci, senza neppure accorgertene, la sicurezza del 'prima' per addentrarti nella responsabilità del 'dopo'.

Il primo Gennaio, in fondo, non è che un giorno come un altro. Ci sono, però, quei particolari primo Gennaio di anni che sai saranno fondamentali per te, per la tua vita. Pur non potendo programmare nulla con sicurezza, pur senza buoni propositi (che tanto poche volte si realizzano), senti che ci sarà quel giorno. Bello o brutto, non lo so. Chi lo sa?

Quindi poco ti importa di salutarlo col sorriso o malinconicamente.

Poco ti importa finché, appunto, ti rendi conto che quel silenzio ha ragione. Che è più forte lui di te e altro non puoi fare se non abbandonartici.

Allora il mio anno inizia oggi, con un risveglio pieno di sorrisi e di gioia, tanta voglia di arrivare e soprattutto che arrivi Lui.
Perché è innegabile, c'è sempre Lui dietro il mio tutto. Che lo voglia o no.

E se ho deciso che son arrabbiata e sto fino a tardissima notte a pensarci su, poi arriva lui, pur non essendoci concretamente, e mi convince di aver ragione e che è un'anima buona e dolce.

E ci si addormenta felici.

Buon anno nuovo, a chi non è come neve...