martedì 28 ottobre 2014

Ci si deve assaporare

Dolci, agri, ingenui erano i miei morsi
e quanti errori accumulati senza mai capire
che per gustarsi meglio ci si deve assaporare
piano, lentamente.
Con la testa lievemente,
cominciare dall'esterno per lasciarsi alla fine.

E' incredibile come riesca a trovare, per ogni concetto che ho in mente, un pezzo dei testi del mio cantautore (che definire) preferito (non renderebbe proprio l'idea).
Si, perché se dovessi dare una forma concreta a quello che sto per scrivere, userei certamente i movimenti descritti su.

Fluidi, che si incastrano perfettamente l'uno con l'altro senza annullarsi a vicenda. Perfetti.

L'amore te lo immagini sotto la pioggia, magari col freddo come pretesto per allontanare i brividi pelle contro pelle. Ma il bello è che ti sorprende anche col sole cocente, in una mattinata che può o non può promettere sorrisi. Dopo una lunga camminata in salita, con il peso della stanchezza addosso.

Ma poco importa, perché quando arriva tutto cade e rimani tu di fronte a lei.

Ci sono modi diversi per avvicinarsi ed, ovviamente, dipende. 
Puoi essere cauta e delicata, o puoi semplicemente lasciarti andare alla passione nella sua forma più pura e sbranare l'oggetto del tuo desiderio.

Ma a volte tutto è così veloce e così forte che è la foga a scegliere te.

Mi sono ritrovata, così, irresistibilmente attratta ed ogni mia resistenza è stata vana, ammesso che poi ci abbia davvero provato, a resistere.
E se è vero che l'occhio vuole la sua parte, è stato altrettanto sorprendente constatare come la voglia di assaporare ogni angolo si facesse strada nella mia mente, lasciando indietro ogni altro senso.

Abbandonata ogni strana perversione del chi resiste di più, disarmata di ogni pudore, mi sono lasciata affogare in un gusto piacevolissimo. Di quelli che ti circondano e ti sovrastano contro ogni tentativo di divincolarti.

Una passione così forte, da levarti anche l'interesse verso eventuali occhi indiscreti.
Perché l'occasione di fare l'amore così, senza timore, sicura della tua scelta, libera di ogni catena mentale, potrebbe non ricapitarti mai più nella vita.
Un piacere letteralmente carnale, di quelli capaci di risvegliarti da qualsiasi torpore. Fatto di movimenti lenti, per paura di far scappare qualsiasi brivido. Di ingordigia, con l'illusione di poter trattenere anche il più piccolo respiro. Di estasi, con la convinzione di voler replicare sempre e di più.

Fino ad arrivare al culmine e con immensa sorpresa scoprire che il meglio stava solo per arrivare, anche se i brividi fino a quel momento erano stati inarrestabili ed impareggiabili. 
E poi una lenta, lentissima discesa verso la fine, con le mani ad aggrapparsi all'ultimo morso rubato, ritrovandosi forse con un senso di colpa in più, ma assolutamente soddisfatti e complici.

Forse è quello il momento più strano o forse il più devastante: quello in cui si è nudi di fronte alla passione fugace appena consumata. A guardarsi le mani, assaporarsi le labbra e risentire ancora un ultimo, impercettibile fremito pulsare un immenso colpo al cuore.

Raccogliere le briciole di quanto rimasto, farle volare via, nasconderle il più possibile e mantenere il segreto con chi non capirebbe. Con chi sarebbe semplicemente uno sgradevole spettatore di un amore così folle, magari.

Io non avrei mai pensato di scrivere un post del genere, soprattutto non sul mio blog ma è inutile farsi scudo di una inutile ipocrisia. 
Quando sei di fronte a qualcosa di così grande e così unico, non puoi fare a meno di lasciarlo impresso da qualche parte.
E credetemi, se anche voi aveste assaggiato le ciambelline al cioccolato che il forno siciliano vicino alla mia università prepara costantemente, avreste scritto più di questo. 

E se mi dite che avevate pensato il post si riferisse ad altro, allora non mi conoscete bene. Per tutti gli altri..peccato, non ve l'ho fatta ^.^

Una dolcissima giornata, a chi non è come neve...

lunedì 20 ottobre 2014

It's where my demons hide

Di tutte le 24 ore che abbiamo a disposizione, nell'arco di una giornata, quelle al buio sono le migliori per me.
La notte è il momento perfetto per mimetizzare le proprie ombre; per dire quello che non diresti sotto i raggi del sole, come se questo fosse una spia che mettesse in risalto i nostri peccati; per amare in tutti i modi ed in tutti i sensi qualcuno.
Ma soprattutto, basta ipocrisia e basta pudore, di notte io voglio..dormire!

Si, perché parlate con una che il giorno del proprio Battesimo, quando ancora era uno scricciolo biondo che non sapeva neppure stare in piedi, dormì tutto il tempo. Mi svegliai praticamente alla fine solo per le foto (e immagino non di mia spontanea volontà).
E se il color miele dei miei capelli con gli anni è andato via, via sparendo, il mio amore per l'arte del sonno è rimasto radicato.

Ultimamente però, direi circa due mesi, le mie notti sono spessissimo colorate da incubi e sogni terribili che il più delle volte, oltre che un ricordo nitido, non mi hanno lasciato nulla. Ma un altro paio mi hanno fatto svegliare col cuore a mille ed un sussulto.
Quando dico spessissimo, non uso un termine a caso, perché da brava ho contato che, ad esempio, nelle ultime 22 notti, 11 son state popolate da situazioni oniriche alquanto spiacevoli.

Io che sono tanto amante dello spatter, mi ritrovo quindi a sognare, (usando come metro di giudizio le mie sensazioni), dalle cose più leggere come esplosioni, aghi che mi infilzano la mano o che trapassano il braccio (che è sempre il destro, ho notato), tizi che vogliono uccidermi, a cose che davvero mi hanno fatto accendere la luce per constatare che fossi veramente sola in camera e fosse tutto ok, come ragni e ragnatele addosso, topi che mi si infilavano nella maglietta salendomi sulla schiena (e qui, che schifo, quella notte mi sembrava talmente reale che mi son svegliata coi brividi) ma soprattutto (perché questo mi ha lasciato una sensazione terribile e ricordo ancora ogni particolare) un demonio che, non so perché, nasceva dal corpo di uno dei miei cani (che mi ha lasciata qualche settimana prima del sogno, tristezza...) ed aveva un viso femminile. Mi guardava, si avvicinava a me perché io ero stata l'unica a capire che di demone si trattava e, quando per paura mi metto ad urlare a mio padre, lei si avvicina a lui, solleva una mano e nel sogno sento che sta per avvenire una di quelle cose alla Paranormal Activity in cui con un colpo secco e rumore assordante vieni colpito. Ma non fa in tempo a succedere perché mi sveglio di soprassalto.

In sintesi, quindi, quello che ne viene fuori è che sono matta o una futura serial killer e probabilmente lo sto esprimendo nell'inconscio. E ciò sarebbe divertente, perché ho un aspetto minuto, quasi delicato, e sarei sicuramente la meno sospettabile dalle forze dell'ordine ^.^

Se invece vogliamo parlarne seriamente, cercando un po' qui ed un po' lì, i miei incubi hanno a che vedere con una sorta di oppressione che vivo non si sa per chi o cosa; sensi di colpa; stress.
Beh, certo è che meglio di me non mi conosce nessuno e, per quanto possa essere interessante analizzare ciò che sogniamo, dandogli un tocco psicologico, sono pienamente convinta che lì vediamo quello che ad occhi aperti scacciamo.

Così, aldilà di libri, ricerche ed interpretazioni varie, a me è bastato guardarmi allo specchio quel po' di volte per riconoscere i miei demoni. E si, ammetto che qualcosa la ricaccio, di tanto in tanto.
Non per fastidio, non mi spaventa, non è irrisolta. E' solo la consapevolezza che avrei potuto fare meglio, nonostante poi abbia fatto la cosa migliore. Che sembra un paradosso, detta così, un controsenso. Ma io mi capisco.

Non sono stata educata con la ferrea convinzione che tutto deve essere fatto nel modo perfetto e senza sbagliare mai, mi ci sono abituata da sola, per mia natura. Ecco perché, sui miei passi falsi torno più di quanto non sembri: non è mera voglia autolesionista, è solo un 'potevi fare meglio' ricorrente.
Un po' come quando passi un esame impossibile con un certo voto. Non esiste che era l'esame troppo difficile, anche se lo è, esiste che avresti potuto studiare meglio.

Quindi sono arrivata alla conclusione che le mie notti non sono altro che un riflesso dei balletti odierni della mia mente. Tanto che ieri sera, prima di lasciarmi cullare da Morfeo, mi sono lasciata volutamente andare ad un pizzico di rabbia. Non per cattiveria, solo come semplice giustificazione delle mie mosse. Un po' come guardare negli occhi i tuoi piccoli fantasmi, perché se li conosci bene li puoi affrontare, e se fai loro paura, questi scompaiono.

Et voilà, stanotte ho dormito bene, senza nessuna strana compagnia.
Perché, ve l'ho detto, meglio di quanto ci conosciamo noi stessi, non ci conosce nessuno.

E voi, i vostri demoni li (ri)conoscete?

Perché, lo sai, chi non ha una vita sogna.
Ed a forza di sognare ho confuso giorno e notte e non riesco più a dormire.
E' fatta di divieti ed ogni nostra cosa,
la vita, è sempre bella perché la vita non riposa...

Una buona giornata, a chi non è come neve...

mercoledì 15 ottobre 2014

Ma non te l'ho mai detto e dentro urlavo a Dio 'ancora..'

Ho una cartella sul desktop, si chiama 'C'era una volta'. Dentro ci sono canzoni, video, ore di una voce bellissima. E poi c'è questo. Le primissime mail in assoluto che due blogger che non si sono mai visti, poco meno di un anno fa, si sono scambiati.


23/10/2013
Non prendiamoci in giro, su. In quanti stati sei ricercato?!
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Ahahah, tutto il Sud America, infatti per questo parlo spagnolo, ricordi di quando ero ingabbiato in Messico :))))))
Ps: ma la mail è il codice fiscale del tuo cognome e nome vero? Che attento osservatore eh? :)))) non preoccuparti, il cognome lo so solo perché quando ti ha scritto tua sorella Maria Luisa.. era piuttosto palese ed impossibile non notarlo ;)
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Si, sono i miei dati veri :-) lo so, infatti anche per questo ho messo la foto. Mi stavano mettendo tutti sulla piazza, quindi ihih. Il tuo si può sapere?
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:)
Beh allora intanto premetto che mi fa piacere scriverti per la prima volta in questo modo diverso, certamente più riservato, mi fa anche un po "strano" sinceramente, ma uno strano assolutamente positivo eh :) sarà pure normale del resto, quando le cose, e in questo caso le persone, si iniziano a "definire" non può che essere così ;)

Dunque, (...)

Chi ha imparato a leggermi, ma intendo leggermi davvero, sa che io non sono la tipa che scrive qui certe cose, e se le scrive lo fa in modo che qualcosa in sospeso rimanga sempre. Perché è più bello così, a mio gusto.
Ma stavolta no. Stavolta vi apro la mia cartella.
E lo faccio perché due sere fa, fino mezzanotte e mezza sono rimasta davanti a questo schermo ad ascoltare una voce registrata.
Che, la primissima volta, mi cita un pezzo di Tiziano, comincia a prendermi in giro e poi la registrazione diventa una chiamata a cui io rispondo quasi a monosillabi perché mi vergogno di far sentire la mia (si dirà poi dal mittente, pensate che cattivo, 'fastidiosa' e con 'un accento terribile', ihih), di voce.
E poi ci si conosce meglio, si passa da 'mi hai tenuto una buona compagnia' a 'sento che potrei essere Lei', arrivando ad 'allora ci vediamo?'

E poi un lungo cammino in cui, non vi nascondo (anche perché il blog non l'ho mai censurato neanche nei post molto meno recenti in cui era chiara una situazione che vivevo da diversi anni) c'è stata più volte la possibilità di franare. Qualche passo falso l'ho fatto, ma dicono che, per quanto non mi piaccia, il fine giustifica i mezzi, o no?

Quindi la voce diventa un viso, un corpo, che appena arrivato alla stazione si abbraccia al mio come se non avesse mai fatto altro che questo. Io ero la timidezza fatta a persona, non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi, anche quando, di contro, lui mi diceva cose dolcissime. Che, ad esempio, ero più bella di quanto non si aspettasse.

E dopo un paio di giorni insieme, un saluto e una domanda sospesa in aria 'Ci rivedremo ancora?'.
E quella domanda dopo un po' si concretizza di nuovo con la voce che mi dice di scegliere liberamente quello che sento. Ma di non pensare a quello che ''non c'è ora'' perché potrebbe esserci se solo lo volessi io.

Ed allora le chiamate si moltiplicano, le parole son sempre più consistenti, si prenota il secondo biglietto e stavolta è un po' più semplice nonostante tutta la situazione in sé sia davvero al limite.
Ed infatti arriva la tempesta. Una sera strana, come un terremoto in un deserto che crolla tutto, e crollo io. Solo lui resta fermo; se ne sta ad un passo da me e si dice pronto a raggiungermi. Lui che sarebbe potuto essere il primo a scappare. Invece no, mi dice 'Tu pensi che potresti davvero scegliermi, pienamente, e continuare, finalmente per bene questa nostra storia?'.

E beh, penso che la risposta non debba scriverla.

Oggi sono 11 mesi dalla data del primo biglietto e sono cambiate tante cose. Con un po' di fatica, la giusta dose di lacrime ed un pizzico, forse, di follia o coraggio, quello che scrivo non riguarda più un semplice blogger. Il bivio ha lasciato il posto ad una strada sicura; la voce stupenda si mescola completamente e continuamente alla mia in chiamate, audio, conversazioni viso a viso, com'è naturale che sia.
Ed è, secondo me, proprio questo che lo rende eccezionale; il fatto che sia normale, quotidiano, semplice nonostante nessuno, immagino, avrebbe scommesso su noi due.

Invece ci siamo, e perché non dovremmo, in fondo?
Innamorarsi di un'anima, di una mente, penso fosse la cosa giusta che doveva capitarmi.
Poi, cosa volete che vi dica, se dietro l'anima c'era anche un viso stupendo? Nella vita ci vuole fortuna, io ne ho parecchia, a quanto pare.

Ed oggi vi ho semplicemente detto com'è capitato.

Una buona notte, a chi non è come neve...

(...) E rivederti è l'unica cosa cui penso e voglio (...)

P.S E non ditemi che non ve lo eravate mai davvero chiesti, su ;-)

venerdì 10 ottobre 2014

E guardo fisso quella porta, perché se entrassi un'altra volta.

Immagino che vi siano episodi che, nella vita di tutti, possano rappresentare delle tappe implicitamente obbligatorie da raggiungere.
Scremando le varie categorie e prendendone una random, vi sono ad esempio la prima festa universitaria, la prima volta che ci si ubriaca, l'esame di diritto privato, il prima 30 ed il primo 18, la prima volta che si resta chiusi fuori casa senza chiavi.

Come prassi manca di nuovo l'acqua nel mio palazzo. Lamentele varie finché si arriva alla conclusione che verrà montata una cisterna più grande per ovviare ad un problema che, potete immaginare, non è possibile sostenere, in estate quanto in inverno.
Da brave ragazze decidiamo di non poter lasciare la cucina in stato pietoso, non potendo lavare le stoviglie e non disponendo di piatti di plastica, quindi aggiriamo il problema alla base optando per una pizza.

Generalmente usufruiamo del servizio a domicilio: una chiamata, si spiega dove ci troviamo e siamo già con l'odore delizioso della cena calda sotto il naso, senza aver mosso un dito. Certo, potrebbe essere una mossa azzardata, sia mai che il fattorino nel tempo libero si diletti a fare il maniaco seriale e decida di venirci a trovare a sorpresa, essendo noi cinque ragazze sole ed indifese. Ma cosa volete che vi dica, per una pizza come quella che ci porta vale la pena di rischiare. E si, siamo delle temerarie, lo sappiamo.

Stasera, però, una di noi è particolarmente indecisa sul condimento e ben disposta a camminare, per cui decidiamo di uscire ad ordinare direttamente in pizzeria e poi tornare a casa col trofeo bollente.
Siamo in tre. Una chiama l'ascensore, l'ultima chiude la porta ed io frugo nella borsa per chiudere a chiave casa.

'No, ragazze, ho cambiato borsa e non ho le chiavi dovete chiudere voi'
'Le ho lasciate dentro quando sono andata a prendere l'acqua'
'Cavolo, ragazze, non scherzate, non le ho neanche io!'.
Comincio a ridere guardando la faccia di quella che esclama l'ultima frase: si mordicchia l'unghia ridendo a metà e quasi sconvolta.

Niente paura, chiamiamo la proprietaria di casa che ha un doppione.
'Salve, signora. E' in zona?'
'No, non sono nei dintorni. Sono ad una riunione, perché?'
Panico. Spieghiamo la figura da babbee che abbiamo appena fatto e lei, impassibile ed indifferente, ci dice di andare a cena fuori e di risentirci tra un'ora e mezza.
Sono le 20.00

Andiamo a mangiare sta benedetta pizza. Cerchiamo di perdere tempo, mentre il cameriere che, ragazzi giuro è uguale a Fabrizio Corona, ci invita a spostarci di posto perché fa caldissimo in quello che abbiamo scelto.
Mangiamo con calma, spiando il telefono con la speranza di ricevere presto la chiamata che ci salverà la serata e ascoltando una coppia che non so se sia effettivamente tale, con lei che è l'apoteosi della finezza (lo attacca ad ogni parola con quel dialetto tipico che mi mette i brividi, lasciando ben poco di segreto a noi altri commensali. Che manco io arriverei a tanto, e ciò è tutto dire).

Finiamo più o meno alle 21.30, paghiamo ringraziando e ci avviamo verso casa. Fa freddo e c'è davvero poca gente in giro, saranno tutti alle feste nei locali vari? Citofoniamo a caso nel nostro palazzo per farci aprire il portone e saliamo. Niente, la signora non chiama.
Siamo indecise se insistere e richiamare noi, dato l'orario che è oltre quello stabilito, o se fare le buone ed attendere ancora. Ci sediamo al buio sulle scale, scattiamo foto, ridiamo ed ascoltiamo i vicini rumorosi parlare di chissà cosa. Decidiamo di richiamare, passando anche magari per maleducate, chi lo sa. Nessuna risposta.

Ammetto che i nostri pensieri non sono stati i più gentili verso i proprietari e decidiamo di smaltire l'attesa con una passeggiata. A mio avviso inutile, dato che fa un freddo bestiale e in giro ci sono solo cretini che quando vedono un essere femminile respirante si attaccano al clacson dando vita alla scena che, a mio modesto parere, è davvero la prova che alla disperazione non c'è mai fine.
Sono le 22 passate, ritorniamo di nuovo su, stavolta il portone principale è aperto, stessa scena di prima. Sedute al buio ridiamo come le sceme, proviamo perfino una scassinatura strisciando una scheda rigida ma nulla: la porta, a dispetto dell'aspetto tutt'altro che rassicurante, si dimostra parecchio sicura. Buon per noi, ma non stasera.
Passa per l'ennesima volta il signore del piano di sopra. Immagino si sia fatto due domande, dato che ci ha viste praticamente tutta la sera lì sedute.

Sono le 22.35, ascensore, è il marito della signora. Si sorprende a vederci sedute lì. Ci guarda 'è meglio che non dica nulla' (anche lui, ovviamente, con l'accento del dialetto credo peggiore della mia regione, non me ne voglia chiunque passi da qui, ma sappiatelo) e ci apre.
Un po' superiore ci chiede se conosciamo il tizio che ha tenuto il convegno, aggiungendo 'meno male che ha fatto pausa e son potuto scappare un attimo!'. Si, sia mai.
Il tizio in questione è famoso per il suo impegno nel sociale, lavorando insieme ai bambini colpiti da gravi malattie. In un attimo mi balena in mente che ai due coniugi preme tanto partecipare a queste iniziative e poi, concretamente, con noi non sono poi così tanto...gentili, disponibili e simpatici.

Ma va beh, forse è diverso e non lo capisco io.

Rientriamo finalmente in casa, sono stanchissima, non dormo bene da due notti (e questa è un'altra storia ancora, non ne parliamo), voglio solo abbracciare il mio amato letto e non lasciarlo per almeno 10 ore di fila.

La lezione di domattina salta: materia scelta all'ultimo momento sostituendo un'altra che, a quanto pare, è solo un incubo.
Apriamo il rubinetto. Ancora niente acqua. Vado a dormire. Un grillo fuori dalla finestra tiene un concerto tutta la notte.
Perché al peggio non c'è mai fine.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

mercoledì 1 ottobre 2014

Che anche io son morto già

E' ufficialmente iniziato il nuovo anno universitario da circa una settimana. Tutte materie a scelta, che io ho sapientemente indirizzato sul filo manageriale. Orario assolutamente ok, se pensiamo che così posso tornare a casa già Mercoledì (volendo affrontare tutti i paeselli della costa opposta), massimo Giovedì (per le modiche due ore e mezzo); un pochino meno simpatico per il fatto che mentre tutto il resto dell'ateneo torna a casa per il pranzo, io ed i miei colleghi camminiamo come zombie sotto il cocente sole (che solo un Calabrese può capire davvero la sofferenza) per stivarci in un'aula piena.

Lunedì sera alle 21.00 circa il mio collega, nonché ex compagno delle elementari prima, superiori poi, scrive sul gruppo WA di vederci insieme al terzo componente dello stesso, per un paio di ore, a casa sua.
Tentennamento da parte di lui, poi incredibilmente si convince. Abitiamo tutti nella stessa zona, quest'anno, quindi sarebbe veramente scandaloso non vederci almeno una volta. Quello che non era entusiasta di uscire bofonchia perché deve venire sotto casa mia, allungando quindi il tragitto, perché io da sola, di sera, non esco. Giusto per rendere onore alla galanteria.

Eccoci qui, un pacco di patatine, da bere, un divano ed una poltrona. Ridiamo e ci raccontiamo di questa ragazza fidanzata con quello; delle lezioni scelte e quali è meglio evitare; dell'ultima malalingua del paese già in circolazione. Propongo di non fare troppo tardi, ed in un attimo è già mezzanotte inoltrata. Quando scocca me ne ricordo.

Sono già passati cinque anni, ed i ricordi sono sempre quelli.
Non possono cambiare, perché il tempo passa, ma voi vi siete fermati lì.
O meglio, vi ha fermati qualcuno forse perché era scritto da qualche parte che doveva andare così. Che dovevate capitare voi.

Forse sfortuna, forse un piano più grande scritto dall'alto che non ci è dato capire.
Forse la superficialità di chi si mette alla guida con un bicchiere di troppo.

E' uno strano modo di vedere la vita, dal lato della morte. Il tempo scorre, e si porta via tante cose, cambia i ritmi, le stagioni. Cambia il pensiero, i sentimenti magari, le ambizioni. Le mete.
Eppure certe cose si fermano. perché semplicemente non possono andare avanti. Intrappolate in un attimo che ti lega mani e piedi e ti soffoca fino a paralizzarti.

Non so com'è il 'dopo', non ci penso perché tanto non potrei rispondermi, ma se dovessi immaginarlo sarebbe così.
Una scarica elettrica da toglierti il fiato e poi una teca di cristallo in cui rimanere per sempre, a guardare gli altri scorrere e correre. Desiderare, forse, di rompere il vetro anche una sola volta e prendere la mano di chi sta lì a piangerti e ad urlare il tuo nome o a chiedersi perché.

Come se una madre potesse riportare un figlio, che allora non era neanche maggiorenne, in vita solo con lo strazio che si porta dentro all'idea di baciare una bara chiara adornata dalla maglia della squadra del cuore.

Come se un padre con la lacrima ferma all'angolo dell'occhio, trattenendola a stento, potesse trovare la forza di far tornare a battere un cuore immobile. Che non pulserà mai più, se non dentro la mente, come un martello pneumatico che ti toglie il sonno e si sincronizza con le lancette di un tempo che hai un po' meno voglia di vivere.

Lo immagino così, con picchi di lancinante orrore, al pensiero che un amico, un compagno, un fidanzato, un figlio, adesso ha la pelle bianca e fredda e peggio, un viso che si fa fatica a riconoscere, tanto forte è stato l'urto con l'asfalto.
Con i brividi a fior di pelle, ed anche di cuore, all'idea che gli occhi, verdi di uno e azzurri del suo amico, non saranno altro che piccole biglie di vetro tanto lontane dalla luce, quanto vicine alla fredda terra.

E poi lo immagino con tutta la paura del mondo, sapendo che non è la prima volta e non sarà purtroppo l'ultima al mondo. Con tutto il terrore dell'universo che l'inconsapevolezza che l'ultimo sorriso, l'ultimo 'ciao', l'ultimo abbraccio, è davvero l'ultimo.

Ecco, io penso che nulla sia più terrificante dell'ultimo sguardo prima che tutto sia finito.

Mi faccio riaccompagnare a casa, fa un freddo pazzesco. Di quelli che più freddo c'è solo il gelo che ti porti dentro in certe serate.
Chiudo il portone, prendo l'ascensore e rientro silenziosa ed al buio in casa, mentre tutte le altre dormono.
Penso che voglio scrivere di voi anche quest'anno.

Poi una telefonata con la voce calda.

E' uno strano modo quello che ha la vita di mescolarsi con la morte.

Una buona giornata, a chi non è come neve...