giovedì 29 maggio 2014

Come quello scorpione.

Vi era uno scorpione, il quale doveva attraversare un fiume, e non sapendo nuotare chiese aiuto alla rana lì accanto.
La rana, ovviamente, inizialmente si rifiutò: 'Fossi matta, in acqua mi pungerai e morirò'.
Lo scorpione la persuase: 'Perché dovrei farlo?Tu moriresti ed io annegherei con te'.
La rana, allora, partì con lo scorpione sul dorso, ma a metà strada sentì un forte dolore;
Lo scorpione l'aveva punta, e lei, appena prima di morire chiese al suo ospite il perché di un gesto tanto folle, che lo avrebbe ucciso a sua volta.
Lo scorpione semplicemente rispose 'Perché sono uno scorpione. E' la mia natura'.

Penso che tutti conosciate più o meno bene questa favoletta.
Io ne avevo un vaghissimo ricordo fino a non moltissimo tempo fa, quando mi è stata scritta dalla persona che sicuramente mi conosce più di tutti.
La lessi ridendo, e ne rido ancora per il contesto giocoso in cui Lui la inviò, ma ammetto che mi ha dato da pensare a lungo.
Tanto da darmi la scintilla per un post.

In particolare, ho amato quelle quattro paroline finali. E' la mia natura.

Non c'è nulla che tenga; non c'è specie, razza, ordine, mondo, niente e nessuno che cambi la nostra natura.

Mi sono resa conto, guardandomi intorno o semplicemente leggendomi in passato, che a volte il nostro istinto, la nostra indole, vengono nascosti, levigati ed ammorbiditi, soffocati o messi a tacere per il semplice scopo di compiacere qualcun altro.
O, ancora più comunemente, per non rischiare di perderlo.

Così ho quasi preso le sembianze di una povera rana, mai vittima perché non mi piace affatto definirmi tale (e poi di chi?di cosa?), ma essenzialmente non scorpione.
L'ho fatto, ho assecondato, finché non ne ho potuto più ed alla fine ho lasciato andare quel leone, quella tigre, quel qualsiasi animale voi siate, fuori dalla gabbia. L'ho lasciato esplodere in tutta la sua rabbia e potenza, guardandolo da lontano, ridendo compiaciuta di me stessa, stavolta, non di nessun altro.
Ho domato quegli artigli e quelle zanne, perché non era il mio scopo quello di ferire, attaccare o uccidere, ma non ho stretto nessun guinzaglio perché avevo bisogno che qualcosa che non poteva più essere trattenuto, uscisse quanto desiderava.

Ho imparato a riconoscere la mia natura, quella fondamentalmente buona, perché non sono mai stata il tipo in grado di spargere gratuitamente cattiveria. Ma ho scoperto vitale non rinnegare l'altra sfumatura, quella da scorpione.

Non sono mai stata negativa; per me anche la tempesta ha il suo splendore. Una caduta ti può anche far sorridere; una cicatrice ti può rendere più affascinante.
Ma penso di avere anche un piccolo angolo di me potenzialmente autodistruttivo.

Un angolino che, ripeto, paradossalmente non opera per distruggere nessuno, semplicemente opera. 
Perché ad uno scorpione non puoi dire di tenere fermo il pungiglione, men che mai se sotto mira ha la carne della propria preda.

Allo stesso modo, non mi si può dire di rilassarmi perché ''c'è chi pensa a quello cui non pensi tu''.
Non mi si può dire di non attaccare che tanto è già tutto sotto controllo, se il controllo non è mio.

Ho bisogno costantemente, alcune volte in modo più accentuato di altre, di far correre a qualcuno il rischio di affondare, affondandoci insieme anche io, solo perché è nella mia natura.
Ed è quasi un po' un piacere. Sentire quella brutta sensazione dell'acqua alla gola, del respiro che sta per venir meno, scamparla all'ultimo secondo ma cercare di nuovo quella situazione alla prima volta utile.

E' un po' un equilibrio mal assestato su cui io non faccio fatica a stare, ma che ovviamente ha una grande voragine.
Dove c'è uno scorpione deve esserci una rana. Quello è essenzialmente il problema. 
La natura della rana è molto differente da quella dell'aracnide in questione. Ed allora come si fa?

Per conto mio, ho imparato che quando si trova la rana in grado di sorreggere i colpi, lo scorpione potrà non rinunciare alla propria natura senza però affogare. Basterà, magari, calibrare meglio il pungiglione: colpire con sempre meno veleno. E povera rana, dovrà abituarsi un po', ma forse sarà in grado di persuadere lei lo scorpione e lo porterà perlomeno ad affondare il colpo un po' meno spesso.

In fondo, chi non converrà con me che tutti hanno una propria natura?
Non è meglio lasciarla uscire piano, piano, piuttosto che farla esplodere inesorabilmente, quando sarà troppo tardi per ricorrere a guinzagli e gabbie?

Non dimentichiamo che spesso l'antidoto nasce dal veleno stesso..

Una buona giornata, a chi non è come neve...

giovedì 22 maggio 2014

E sperare poi in quello che capita

La conoscete la storia di quell'imprenditore Inglese la cui azienda oggi è diventata una delle migliori al mondo, il cui successo è dovuto a 5127 fallimenti precedenti, prima di mettere a segno il colpo perfetto?

Io no, non la conoscevo ma per una relazione assegnata all'Università l'ho scoperto. Così mi sono messa, da brava studentessa, a cercare informazioni su questo, a mio avviso, genio per poi unirle a quelle inviate dalle mie compagne di scorribande.
Ora che il lavoro è quasi terminato, mi fermo a pensare un po'.

Chi di voi non ha mai sbagliato?
5127 errori sembrano impossibili da commettere, nella vita, invece se mi siedo a contare questa soglia la supero eccome.

Ma il punto non è quello. L'imprenditore di cui sopra, che non ama definirsi tale, insegna che un errore non è sempre una catastrofe, anzi.
E' solo una lezione in più.

Eccolo il punto.

Ripongo la mia domanda.
Chi di voi non ha mai sbagliato?
Ed aggiungo.
Quanti di voi hanno imparato dai propri errori?

La prima risposta la conosco. Per quanto siate dei commentatori adorabili, in quanto umani sbagliare è d'obbligo. Ma la seconda?

Io ho una bella capacità: non imparo mai. Ma davvero.
Partiamo dal presupposto che io mi fido ciecamente solo di UNA persona al mondo, da un po' di mesi, e delle mie sorelle, da sempre.
E specifichiamo che quando dico ciecamente, ahimè, intendo che tuttavia un piccolo spiraglio di sospettosità lo tengo sempre aperto.
Come un cane alla catena che fa la guardia alla propria casa e quando sente un rumore comincia ad abbaiare pur non vedendo nulla di sospetto, giusto per prevenire; per avvisare eventuali malintenzionati che c'è qualcuno pronto ad attaccare, ma poi se va tutto bene torna a dormire beato. Ecco, io sono quel cane che ad un piccolo cenno ha l'istinto di fare un passo indietro per scrutare bene la situazione, tutta, senza lasciare niente al caso. Finché tutti i pezzi, per la sua mente, sono accettabilmente al posto giusto.

Così non è raro che, se ho due foto le quali, se detta la verità dovrebbero essere assolutamente slegate tra di loro, ma per me potrebbero essere state scattate dalla stessa persona o nello stesso luogo, io mi metta alla ricerca anche solo di un megapixel che dia conferma della mia folle convinzione che l'autore mi stia mentendo chissà perché.

Mi ricordo, ad esempio, di quella volta in cui il cuore buono che mi accompagna da un bel po' mi inviò una sua foto in cui, a sua volta, fotografava con un tablet qualcosa che non entrava nell'obiettivo.
All'inizio ho guardato l'immagine ed ho chiuso. Dopo un po' mi chiedo cosa il dolce tesoro stesse fotografando, così zoom a più non posso e noto che sul display del tablet, seppur un po' scuro a causa della luce, si scorgono due figure femminili.
Fingendo indifferenza, quindi, mentre il cane già tira un po' e la catena si stringe sempre più al collo, chiedo su cosa è puntato l'obiettivo.

Ebbene, il test è superato.
Ricevo la risposta che voglio, soprattutto mi dico 'lo sai, potrebbero comunque essere donne sospette, quelle della foto'. Ed il mio lavoro da detective è anche un po' sprecato. Ma l'ho detto, mi fido, in fondo, ciecamente.

Ecco il punto in cui non imparo mai.

Non conto più le volte in cui son stata presa in giro e tradita. Quelle in cui 'no, non la conosco. Mai vista, è pure brutta' e poi venivano fuori foto, messaggi e prove in generale di una 'speciale amicizia' con la tipa 'pure brutta'.
Quelle in cui 'non ero io, ho prestato il telefono a Tizio', e poi di Tizio c'era ben poco.
Quelle in cui 'non lo farò mai più' e poi..

Insomma, più di una volta mi sono trovata davanti allo specchio con gli occhi rossi a chiedermi se avessi una faccia da scema o se gli scemi erano gli altri.

E' per questo motivo che la mia fiducia cieca un po' ci vede; è per questo che non imparo mai.
Per quanto mi riguarda, non c'è motivo per cui non dovrei ritrovarmi di fronte a quello specchio di nuovo con gli occhi rossi a guardare la mia faccia da scema (ma non sottovalutatela, eh, che c'ha il suo perché anche quella), già domani.

Nonostante ciò, però, non sono mai stata una di quelle persone per cui tutti sono uguali. Per cui se va male una volta, deve andarci sempre. E questa è forse una fortuna o una rovina. Dipende dai punti di vista.
Per me il mondo non è popolato solo da angeli neri. Per me ci sono anche quelli con le bellissime ali giganti che spiegate ti avvolgono dolcemente e ti rassicurano come la tua coperta preferita dell'inverno. Un bagno di nuvole, insomma.

E semplicemente, anche se tutte le volte prima sei rimasta scottata, quasi ustionata, decidi che non importa, che è più bello buttarsi di nuovo e poi finire all'inferno, piuttosto che vivere a metà.

Ti ritrovi, allora, a giocare un numero ed a sperare poi in quello che capita. Perché se tutti sbagliano, tutti possono non farlo. O farlo ma senza doverti per forza ferire.

Se un giorno dovessi, ma non credo succederà con la persona che mi è capitata tra le mani, rimanere ancora ferita scriverò un post che inizierà con 'io dai miei errori non imparo mai'.
E morirò dal ridere, perché sono una cretina ma simpatica.
E con la faccia da scema.
Ma ringrazio il cielo che tu sei capitato a me.

Una buona notte, a chi non è come neve...

mercoledì 14 maggio 2014

Un tramonto solitario, un inchino e poi il sipario.

Ma la perfezione di certe giornate, io non la saprei descrivere neanche fossi la scrittrice migliore del mondo.

Aprire una porta, come aprire un nuovo mondo.
Far entrare l'aria fresca in una stanza, come liberare l'ossigeno dai polmoni.

Guardarsi come fosse la prima volta, guardarsi come dovesse essere l'ultima.
E nel frattempo tutto il resto.

Un regalo scartato curiosamente e poi scrutato con le dita e immediatamente con gli occhi.
Un letto più stretto, un abbraccio più forte ed una canzone per due.
Un segreto baciato, un sorriso commosso, un desiderio espresso.

Non importa da che parte mi volti, destra o sinistra, sulle pareti l'immagine del mio viso stretto a quello di qualcun altro. Se guardo avanti una frase, un 2+3 decodificabile in men che non si dica, se guardo indietro, tra tutti i miei libri immensi, spuntano dei foglietti più delicati ma che lasciano un eco più forte. E stanno lì, mi dicono che se avessi predetto il mio futuro, qualche tempo fa, avrei sbagliato più o meno tutto.

Mi ricordano che le cose vanno assolutamente come devono andare, che le strade si cambiano se ci si accorge che la meta non è quella che avevamo in mente, anche se fa paura. E poi mi fanno anche sorridere. Molto.

E mi fa sorridere anche il viso accanto al mio.
Quello che ride quando giochiamo e non perdo, ma siccome non lo vuol capire sono costretta a strappare i fogli del punteggio ed interrompere la partita.
Quello che alza gli occhi al cielo quando la mia mente corre dietro a numeri qui e li perché il mondo deve sapere come trasformare i gradi Fahrenheit in Celsius ed ovviamente viceversa.
Quello che mi guarda dall'alto in basso millantando un'altezza assolutamente fittizia, perché tutti sanno che nella carta d'identità, giusto per simpatia, ti regalano un paio di cm in più.

Ma è anche quello che mi vede ridere di nascosto e capisce che ho in mente qualcosa.
Quello che si stupisce per un pensierino che è davvero il minimo, ma lo accoglie come fosse chissà quale grande tesoro.
Quello che, a sua volta, invece si che mi stupisce con gesti che possono essere solo per me; solo per noi. Solo da noi.
Quello che prova ad imitare il mio dialetto con un risultato troppo divertente e deve assolutamente essere registrato.

Quello che ha la mia parte mancante; che ha la freccia che può stare solamente in questo cuore perché semplicemente non poteva stare altrove.

Così mi chiedo, e vi chiedo, quando si ha una fortuna del genere come può non nascere da sola la voglia di fare una piccolezza giusto per ricordare che conosciamo il valore del tesoro che abbiamo tra le mani?
Ed allora si che mi tocca fare una valigia in modo maldestro per non far beccare quello che c'è nascosto nel fondo.
Ed allora si che mi tocca scoppiare a ridere quando (non fate domande) il tesoro in questione, mi allaga la casa e son costretta a rimediare.

E se pensate che due ventenni (rovino un attimo l'atmosfera sottolineando che tra noi in realtà c'è qualcuno di diversamente giovane, altro che ventenne..e non sono io, ihih) per divertirsi abbiano bisogno di andare alle feste in piena notte, a ballare e bere; di scatenare chissà quale scandalo per ostentare un amore irrefrenabile; di allontanarsi chissà di quanti Stati per crearsi un'avventura da raccontare...beh, allora vi faccio sbirciare dalla vetrina di casa mia, quando sono con lui, e vi mostro quanto spettacolo c'è quando improvvisiamo il gioco dei tre tappi o la filastrocca in Calabrese che si racconta ai piccolini.

Da uno schermo certe cose non si possono far capire ma basterebbe la foto scema che ho per sfondo sul cellulare, o le canzoni che Maurizio riscrive in Romano per prendermi in giro per l'ennesimo non disastro che ho combinato, o ancora dovreste sentire/vedere noi due che ci diciamo/scriviamo le stesse cose nello stesso momento perché noi due siamo uguali ma completamente diversi. Dovreste. E forse, semmai qualcuno non dovesse crederlo, capireste che è davvero possibile innamorarsi grazie a delle parole trasmesse da uno schermo ed in poco tempo, perché non contano i calendari, rendersi conto che la persona giusta adesso ce l'hai accanto.

Domani chiudo a chiave la camera, per un bel po' lascio da soli i due volti, le scritte sul muro, i fogli sullo scaffale. Non vedo davvero l'ora di tornare a casa, ma stavolta il mio pezzo mancante mi cinge piano il collo.
Quello simbolico, perché quello reale è sempre e da sempre con me.

Una buona serata, a chi non è come neve...


lunedì 5 maggio 2014

Addosso come un mare mosso

Quella che sta per finire è stata una settimana a dir poco piena e movimentata.

Iniziata con tanti avanti ed indietro di un'oretta e poco più verso la provincia per raggiungere l'ospedale (che c'è anche nella mia città, ma lasciamo perdere, per quello dovrei aprire un post e non è il caso. Non per qualcosa, eh, ma poi dovreste venire a trovarmi dietro le sbarre o al cimitero, ihih) e finita con una nascita speciale.

E' sempre strano quando percorro la strada nella direzione opposta rispetto a quella dell'Università. E' proprio una costa diversa, un po' più trascurata; più verde al limite della spiaggia e accenti un po' più forti. Non so se mi ci troverei bene, prima credevo di si, adesso non ne sono più sicura. Ma infondo è solo abitudine.

L'ospedale non l'ho mai associato a niente di negativo, perché sostanzialmente mi è capitato di andarci (per fortuna, aggiungerei) solo per la nascita dei miei tre nipotini e per quelle due volte che mi sono quasi slogata la caviglia (ma anche in quelle occasioni ricordo solo tante risate). Però stavolta, per la prima volta, ho avvertito una sensazione di pesantezza sulle spalle. La stessa sensazione che ti da la voglia di scrollarti tutto e liberarti di un peso che non vedi, che non tocchi ma senti. Lo senti e lo immagini quasi con un profilo. Il più delle volte basta una doccia a lavare le tue sensazione strane. A me un bel messaggio a chi, ormai da un bel po' di mesi (che non si contano, se non formalmente, perché è una storia particolare, la nostra), al momento giusto avvicina la sua spalla alla mia e lascia che il peso si dimezzi.

Un po' di zucchero e la pillola va giù, ed infatti già il giorno dopo le mie spalle erano un po' più libere. E qui sorrido sperando che presto non ci sia più alcuna pillola da deglutire.

La mia valigia è piena, stranamente più del solito, per l'abituale permanenza di due settimane perché le lezioni riprendono ed io sono una studentessa modello che non ha alcuna intenzione di farsi otto ore di bus tra andata e ritorno. Soprattutto perché nello stesso lasso di tempo arriverei abbondantemente in un posto a caso, tipo la Capitale. Quindi io che sono proiettata al futuro, cerco di ottimizzare.

A tal proposito, pomeriggio ho avvertito uno strano entusiasmo. Un'allegria interiore nel constatare che la mia routine che prima detestavo a dir poco, adesso sta per ricominciare. Mi son sorpresa e mi son chiesta se domattina sarà ancora così.

Sarà forse tutto dovuto alla parte restante della giornata passata tra numeri e studio di funzioni?
Oppure al fatto che lì a Cosenza (perché dai, ormai non è più un segreto da un bel po' che studio qui ma ci tengo a precisare, semmai non fosse ovvio date le ore di viaggio che mi tocca fare, che NON è la mia città) ho un'indipendenza che in realtà non credo mi sia mai mancata neanche qui. Ma in quest'ultimo periodo comincio davvero e concretamente, in abbondante ritardo, a realizzare che abito in una casa non mia, gestisco io le mie spese, i miei ritorni, le uscite che potrei prolungare fino al mattino senza dire nulla a nessuno, e così via.

Mi da una bella sensazione; quella della consapevolezza che sto costruendo un futuro che ho scelto sola, anche quando mamma mi diceva che avrei potuto studiare Medicina o quando i miei amici mi dicevano che tanto i Laureati finiscono per fare il lavoro che potrebbero svolgere anche solo col diploma.

O forse la mia impazienza è dovuta al fatto che, se la fortuna continua ad assistermi, questo fine settimana sarò in buona compagnia?

Però sssh, quest'ultimo punto sussurratelo, è un segreto.

Insomma, tutto ciò per dirvi cosa?In modo molto poco da me, che sono felice.
Che tutto va bene.

E che sono diventata bisnonna così giovane: la mia cagnetta oggi ha avuto 4 cuccioletti. E con questa nascita speciale, appunto, termina la mia strana settimana.

Adesso, miei cari lettori, stringiamoci tutti e con un urlo pregate affinché la mia valigia domani sia esattamente dove l'ho lasciata.

Un buon inizio settimana, a chi non è come neve...