giovedì 26 settembre 2024

Come chi resta

Il profumo della mia infanzia è inconfondibile.
È inconfondibile la bottiglia del bagnoschiuma che mi riporta ai miei nonni materni, ai bagnetti con mia sorella piccola, a mia madre con la piega sempre appena fatta.
Mi è bastato svitarne il tappo per tornare lì, ai miei peluche preferiti, ai quadernoni con le pagine a righe grandi, ai miei capelli biondissimi.

È inconfondibile il colore del bagnoschiuma stesso: verde come di verde ricordo i miei pomeriggi tra l’erba alta con il nostro pastore tedesco e le ginocchia sempre sbucciate.
E comincio a colorarmi di verde anche io, mentre mi chiedo che cosa penserebbero di me i miei occhi di bambina.
Le gambe verdi: sei arrivata dove volevi?
Il ventre verde: ti sei divertita abbastanza?
Il petto verde: ti sei amata quanto meritavi?
Le spalle verdi: sei stata forte quanto dovevi?

Le risposte sono un’altalena di si, no, forse, che importa?
Che cos’ho da recriminarmi se ogni cosa, alla fine, mi ha reso una persona con una famiglia unita, un ottimo lavoro, dei buoni amici?

Mi ero ripromessa di tornare solo piena di cose belle, ché tanto per quelle tristi c’è sempre tempo e spazio, ma ad una manciata di giorni da quel pensiero è arrivata l’ennesima dimostrazione del fatto che a volte l’Universo si impegna proprio a ruotare al contrario.
È che certe malattie non te le aspetti pronunciate dopo il nome di una persona che ami.

Sai che le brutture esistono nel mondo e te ne dispiaci di cuore però poi l’istinto di sopravvivenza la sera le chiude fuori dalla porta, barricandole dietro un “a noi non succederà mai”.
Invece succede anche a noi, alla mia famiglia.
E dopo la scossa iniziale, quella che ti ferma il respiro, ti stritola lo stomaco e ti punzecchia il cuore quando meno te lo aspetti, puoi solo riempirti di nuovo i polmoni di aria buona e, a dita incrociate, farti e fare forza, perché tutto questo finisca nel più breve possibile nel migliore dei modi.

Così aspettiamo esiti, visite e chiamate e nel frattempo l’Universo continua a girare un po’ come vuole, tra gli inciampi di una trentenne che della vita continua a non capire nulla e che però un pezzo alla volta cerca di ricostruirsi proprio lì dove più l’hanno spezzata.

Perché più grande è la paura, più miracolosa sarà la cura.

A chi non è come neve…

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Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.