venerdì 17 luglio 2020

...Mixed with a bottle of gin

Ci sono tante cose che dovrei o potrei scrivere.
Ma lascio che stiano lì, a maturare fino al momento giusto, o ad affievolirsi fino a spegnersi completamente.

Ultimamente ho preso un'abitudine che mai avevo avuto.
Il pomeriggio, quando il sole scende abbastanza, mi sdraio sul balcone di casa.
Da quando sono piccola, l'ho scritto tantissime volte, quello spazio l'ho sempre e solo riservato a punto di osservazione del cielo stellato; non mi ha mai affascinato molto altro.
Ed è cominciato proprio così, in effetti, questo piccolo e personalissimo rito. Volevo guardare le stelle una sera in cui ero particolarmente inquieta, così ho preso un telo da mare e mi ci sono coricata su. Mi sono concentrata sulla sensazione della stoffa ruvida sulla pelle, in particolare sui piedi e sulle mani, e mi è piaciuto quel senso contrastante tra benessere e scomodità.
Il giorno dopo mi è venuto spontaneo ripeterlo, stavolta un po' prima che il buio arrivasse a portarsi con sé i propri lumini che tanto amo. E così piano, piano, ogni giorno rifaccio la stessa cosa; a volte di notte, finché non arriva il sonno, a volte solo per cinque minuti prima di cena.

Ogni volta è diversa ma comunque sempre uguale.
A volte leggo, a volte ascolto la musica, a volte semplicemente ascolto i miei pensieri.
A volte ci vado perché sono triste ed ho bisogno di metabolizzare bene il fatto che, in realtà, non ho motivo per esserlo. 
A volte ci vado perché sono felice ed ho bisogno di ripetermi che ogni giorno c'è un piccolo pretesto per sentirmici.
A volte ho bisogno di spegnerci dentro una giornata proprio no. A volte per celebrare una giornata entusiasmante.
A volte chiudendo la porta che dà su quel balcone riesco a lasciar fuori degli strascichi che vorrei non avere; che in teoria non mi dovrebbero appartenere. A volte farlo non funziona e mi ritrovo piccoli e grandi fantasmi sbucare da tutte le parti.
A volte ci vado da sola per davvero.
A volte ci vado da sola ma per finta.

A volte ci vado in compagnia.
Ho chiesto ai miei nipotini, la settimana scorsa, di portarsi un telo a testa e di seguirmi. Mi hanno chiesto "Ma ci vieni tutti i giorni qui? Perché?". Ci siamo sdraiati tutti insieme, vicini, vicini ed abbiamo cominciato ad inventarci dei giochi, ad ascoltare un po' di musica o, semplicemente, a guardare il panorama che ci si stagliava di fronte.
Abbiamo trascorso così, senza nemmeno rendercene conto, delle ore piene e leggere alla fine delle quali ho risposto alla loro domanda "Visto perché?".

Oggi è uno di quei giorni in cui non so come ci tornerò.
Se da sola per davvero, da sola ma per finta o in compagnia. Se a spegnere una giornata no a celebrarne un'altra entusiasmante.
Però come ogni volta proverò a lasciare là quei fantasmi dispettosi.
Chissà, magari il Venerdì 17 mi porterà fortuna.

Buona giornata, a chi non è come neve...

martedì 7 luglio 2020

...Run for something

Ieri mattina sono dovuta uscire di casa molto presto, così presto da poter invitare il mio migliore amico a fare colazione insieme prima di entrare in ufficio.
Ci siamo seduti al nostro bar preferito, quello nella città accanto alla nostra, con le grandi vetrate a vista ed una sala grandissima.
Un anno fa, esattamente nello stesso giorno, casualmente, io e lui eravamo seduti alla stessa ora, nello stesso bar, a fare la stessa, identica cosa.

"Ieri" di un anno fa era sabato, stavo lavorando già da più di un mese a Roma ed avevo deciso di scappare per un weekend folle a casa mia, giù al Sud.
Ero partita venerdì sera, senza dire niente a nessuno, per arrivare nella mia città al mattino, dopo una notte in pullman completamente insonne.
Il mio migliore amico (l'unica eccezione al "non lo sapeva nessuno") si era offerto di venirmi a prendere alla stazione così da permettermi di mantenere la sorpresa fino all'ultimo e, prima di portarmi a casa, mi aveva offerto la colazione esattamente in quel bar, seduti allo stesso tavolino di ieri. 
Sono arrivata a casa e mio padre stava già fuori, nel cortile. Mi ha guardata a bocca aperta, mi ha abbracciato forte e mi ha detto "che cosa stai facendo qui? Quanto puoi rimanere?". Un colpo al cuore quella che sarebbe stata poi la stessa risposta per tutte le altre successive volte "domani pomeriggio devo ripartire". 
Sono entrata in casa e sull'uscio c'era mamma. Stessa aria stupita, si è commossa e mi ha detto "ma non ci avevi avvertiti!". 
Ho fatto le scale letteralmente a due a due per poi piombare nella camera di mia sorella che ancora stava dormendo. Ho aspettato un po' che avvertisse la presenza di qualcuno nella stanza, appena socchiusi gli occhi mi ha detto "ma che ca!!!" e l'ho abbracciata ridendo. Lei con gli occhi di una appena sveglia, dopo una notte di riposo, io con quelli di una sveglia da più di 24 ore, dopo una notte di viaggio.

"Ieri" di un anno fa mi sembrava di non avere più il pieno controllo di quello che stavo facendo, sapevo che non stavo percorrendo la strada lavorativa giusta, lo sentivo ogni mattina che timbravo il mio badge e però facevo di tutto pur di non arrendermi, pur di non mollare. Il mio amico mi chiedeva "è tutto ok? Che stai combinando?" anche se sotto, sotto sapeva già che cosa gli avrei risposto.
Un anno dopo, incredibilmente, la sua domanda non è cambiata troppo -"è tutto ok? Che cosa è successo in questi giorni?".
È la risposta ad essere cambiata, stavolta.

Un anno fa uscivo da quel bar con il sole in attesa fuori, cocente, ed entravo in macchina con il magone sapendo che, nonostante fossi appena arrivata, era già cominciato il conto alla rovescia per la ripartenza.
Un anno dopo sono uscita da quel bar con la pioggia che cadeva a dirotto e l'aria fresca. Sono entrata in macchina con il sorriso perché all'inizio di una nuova settimana lavorativa.
Un anno fa entravo in camera mia, chiudevo tutte le finestre e la porta dietro di me per recuperare un po' di sonno perso.
Un anno dopo dietro di me ho chiuso la porta del mio ufficio, con in mente la mappa di tutte le cose da fare e consegnare entro le successive ore.
Un anno fa mi chiedevo che cosa avrei fatto da lì a qualche mese, persa tra mille dubbi, tra tutte le incertezze che ti lascia la consapevolezza di non star facendo la cosa che vuoi davvero; di star facendo una cosa che non ti appaga, non ti soddisfa.
Un anno dopo sorrido tutte le mattine, anche quelle in cui ho mal di testa e magari vorrei rimanere ancora accoccolata a letto a dormire. Sorrido perché le ore successive so che starò facendo una cosa forse stressante, magari in grado di mettermi addosso la giusta quantità di ansia, ma comunque buona a farmi pensare "io questo lavoro lo adoro".

Un anno fa non sapevo quali fossero le risposte giuste da darmi; un anno dopo non ho bisogno nemmeno delle domande. Un anno dopo, per quanto imprevedibile possa essere la vita, ho già programmato i due Esami di Stato da sostenere nel futuro prossimo.

Un anno fa mi perdevo tra dei sentieri che mai avrei pensato nemmeno di disegnare a matita ed un anno dopo, invece, mi rendo conto che quel sentirsi persa mi è stato indispensabile per ritrovarmi oggi.
Ed oggi lo so davvero dove sono.
Sulla strada giusta.

Buon cammino, a chi non è come neve...