E non è nemmeno quello che sento merita la Paola S. del futuro che un giorno deciderà di tornare a rileggersi.
Anche se è bello sapere che qui io mi senta ancora come a casa. Perché è sempre a casa che si torna quando ci si sente spezzati, feriti, persi e si ha bisogno di riconoscersi.
La questione è che di cose belle ce ne son state in questi mesi, anche se son sempre le stesse ad accompagnarmi nella mia vita -le risate con le mie sorelle, gli abbracci dei bambini, i gatti che si addormentano contro la mia pelle nuda, le giornate indaffarate a lavoro ed i mercoledì notte sotto un piumone matrimoniale- però quel che ti atterrano sembrano essere sempre un po' più rumorose.
Avrei voluto scrivere di quel che scrivo sempre quando arriva la primavera.
Del profumo dei gelsomini -che son rimasti i miei fiori preferiti anche se io son rimasta quella che non ama i fiori-, del cielo azzurro senza nemmeno una nuvola, delle notti di luna piena con Venere al suo fianco, dei tragitti in macchina con la radio a tutto volume e l'inglese storpiato.
Avrei voluto scrivere del rumore di carta stropicciata delle uova di cioccolato che han riempito la dispensa per settimane, della voglia matta di rileggere un libro già divorato almeno un paio di volte ma che mi torna sempre in mente ogni volta che mi sembra di sprofondare.
Come se mi ci potessi arrampicare, su quella corda fatta di parole familiari che a volte vorrei poter scordare per risentirle per la prima volta; per innamorarmi ancora.
Ché, ad esser sincera, avevo sempre sottovalutato la potenza del dimenticare, io che ho sempre desiderato scrivere proprio per non smettere di tornare indietro.
Ma la mia macchina del tempo mi sembra non funzionare quasi più, proprio adesso che sento di averne più bisogno. E riempio le pagine della mia agenda -quella, perlomeno, non l'ho abbandonata- iniziando sempre con le stesse parole, ultimamente, concludendole sempre con lo stesso invito a me stessa che però, puntualmente, il giorno dopo non riesco a raccogliere.
Perché è proprio una brutta sensazione quella di sentire le proprie fortezze cadere, rendendosi conto che poi è bastato solo un soffio di vento per spazzarle via.
Avrei voluto scrivere di quel giorno in cui finalmente ho deciso di fare un piccolo passo per togliermi un peso dentro che mi trascino da anni; che non ha cambiato granché, per ora, ma almeno mi ha dato l'impressione di non essere impantanata sempre nello stesso punto.
Avrei voluto usare questo schermo bianco per placare le mie ansie e le mie paure; per ripetermi che va tutto bene anche se tutto è imperfetto. Che posso perdonarmi anche se io sono imperfetta.
Che non ho bisogno di controllare tutto, perché tanto le cose che devono succedere, accadranno a prescindere dal mio consenso. E che se anche dovesse d'improvviso giungere lo scenario peggiore, io avrei radici abbastanza forti da trattenermi. E saprebbero alleviare anche la delusione, il fallimento, il tradimento.
Sarei voluta tornare con i fuochi d'artificio e la mia canzone preferita in sottofondo.
Ed invece torno con il cuore in gola, la solita nostalgia ed il bisogno impellente di sentire il profumo di casa.
E poi dire cosa, quanto ha fatto male
Eppure non riesco a rinunciare
Per poi dire cosa, quanto ha fatto male
Eppure lo voglio rifare
A chi non è come neve