Seduta sul letto.
C'è un'impronta sullo specchio.
È la mia impronta.
È il mio specchio.
Essere felici per un motivo in particolare è bellissimo.
Essere contenti senza una ragione specifica è sublime.
La felicità è la torta al cioccolato che ti esplode in bocca. Quella che si impossessa del palato, della lingua, delle guance. Una bufera.
La mia contentezza è più uno zucchero filato. Ti si adagia piano sulla lingua, si scioglie appena entra in contatto con le papille gustative ma fa in tempo a farle impazzire. Una brezza.
Questa settimana mi è scivolata tra le dita esattamente come farebbe l'acqua se provassi a trattenerla tra le mani. Veloce, trasparente, inconsistente, eppure concreta contro la mia pelle.
Ho avuto tanto da fare, tanto da recuperare e tanto da programmare. Ho sentito sonno, ho profuso energia ed ho ricevuto una bella notizia. Un nuovo progetto di cui vi parlerò a tempo debito.
Non ho avuto quasi tempo per pensare, il che è qualcosa di inusuale per me, mentale come sono.
Ma ho avuto tempo per godermi il temporale.
Il cielo ha brontolato un po', da lontano, sotto i primi, veri fulmini della stagione ed io ho sorriso per tutto il tempo, seppur sarei dovuta uscire di casa da lì a qualche minuto.
Mi è venuta in mente una canzone che stavo già canticchiando distrattamente e l'ho cercata per ascoltarla. La conoscevo già bene eppure arrivata ad un certo punto, come una illuminazione, ho pensato "questa frase la voglio mia".
Tanti modi per fare proprio qualcosa.
Un amore, uno stile di vita, un lavoro, una canzone.
Io la frase l'ho fatta mia nel modo più semplice che conosco. Mi sono alzata dal letto esattamente come farebbe una bambina che ha appena scoperto il gioco dell'anno e ho preso l'evidenziatore giallo posato nel cassetto.
In fretta, come se quelle potessero scapparmi, ho scritto una parola dietro l'altra sul mio specchio, in alto, quasi al centro.
Ma l'evidenziatore su quella superficie non resta.
Ed invece si.
Ma l'evidenziatore su quella superficie non si vede.
Si, si vede.
Io la vedo.
Inebetita, io la guardo.
Come una bambina che è appena riuscita a rubare tutte le caramelle da un cassetto segreto.
Me la immagino proprio così la mia faccia.
Inebetita.
Non c'è bisogno di immaginarla. Sono davanti ad uno specchio.
Confermo. Inebetita.
Ho le mani ancora appiccicose di zucchero filato.
Le guardo e le riguardo, come una bambina che sa di doverle lavare ma rimanda comunque ancora un po'.
Sono rimasta seduta, con il mio evidenziatore giallo.
Ho il corpo di una donna ormai, le gambe lunghe, i fianchi disegnati, i capelli sempre liberi sul lato sinistro, più giù del seno.
E le mani ancora appiccicose di zucchero filato.
Come le bambine. Quelle contente.
È la mia impronta.
È il mio specchio.
Una buona giornata, a chi non è come neve...