domenica 29 ottobre 2023

Stare male non vale (se non lo puoi gridare)

Nella gara contro i miei fantasmi continuo a perdere.
Ed è una sconfitta che pesa come un macigno

Tornare qui è sempre più difficile.
Perché i commenti in sospeso, i post in bozze, mi testimoniano senza pietà il fatto che non riesca a liberarmi del disagio che mi accompagna da un tempo che non vedo più dov'è iniziato e soprattutto dove -quando- finirà.

Dicono che in molti coltivino la tendenza a rotolarsi nel dolore; che soffrire faccia sentire più nobili, più importanti, magari meritevoli di attenzioni. Mi son sentita dire anche io che se sto male è perché voglio starci io per prima.
La verità è che questo dolore, questa specifica tipologia, a me mette solo a disagio. Non ci trovo nulla di nobile, nulla di confortevole.

Perché non so nemmeno da dove venga e soprattutto del perché abbia deciso di entrare dalla finestra, invece di fare almeno l'educato e bussarmi alla porta.
In quel caso sarebbe stato diverso.
Avrei aperto, probabilmente un po' spaesata, ma comunque avrei avuto almeno un po' di tempo per conoscerlo, farci due chiacchiere.
Guardi, stavo proprio per uscire...
No, ma ci metto poco, davvero.
Va beh, se proprio insiste.
Ci saremmo persi un po' nei convenevoli, le offro qualcosa? ma diamoci del tu e comunque un bicchiere d'acqua andrebbe benissimo, sa non bevo, ah guardi, non lo dica a me, dicevamo del tu, si, giusto, il tu va benissimo.
Avremmo bevuto 'sto benedetto bicchiere di acqua ed intanto ci saremmo conosciuti, lui avrebbe fatto quello che c'era da fare e poi, in uno di quei silenzi imbarazzanti -c'è sempre un momento di silenzio imbarazzante-, avrei sbattuto entrambe le mani sulle ginocchia ed esordito con un va beh, comunque s'è fatta na certa...eppure io resterei altri 5 minuti, beh, mi farebbe molto piacere, ma sa com'è...
E sarebbe finita così, un inizio ed una fine, come tutte le cose della vita.

Ed invece no, sto qui con questo sconosciuto che non si degna nemmeno di rivolgermi la parola e se lo fa, mantiene le distanze e mi dà rigorosamente solo del lei.
Mi guarda ed io continuo a guardare lui e nessuno dei due si riconosce. Io almeno, perché in effetti quel che vede lui non posso saperlo.
E la sua maleducazione non conosce limiti, perché si è sentito anche libero di portarsi dietro un'altra bella compagnia: la solitudine.

Io che da lei non mi sono mai fatta spaventare, anzi, l'ho sempre trovata una buona spalla su cui piangere, molto più spesso di quanto non abbia mai ammesso, adesso la vedo solo come un ingombro inutile. Davvero inutile.

Perché sola così non mi ci sono mai sentita. Forse perché adesso non è più una scelta voluta; forse perché è figlia del non sentirsi compresa, accolta, accettata, accompagnata. Gemella del sentirsi completamente abbandonata.
Perché è un problema mio e lo rimarrà.
Perché, nonostante i buoni propositi, i tentativi maldestri e fuori tempo massimo, sono consapevole che sola dovrò cavarmela.

E comunque mentre scrivevo quest'ultimo pezzo di post ho pensato che ora la capisco bene quella bellissima strofa per cui "non c'è tempo, non c'è spazio e mai nessuno capirà" e casualmente un secondo dopo da una playlist a caso è partita proprio la sua voce.
Ed almeno un sorriso amaro mi scappa perché se c'è una cosa che non è cambiata mai è la sensazione che questo sia il mio personalissimo portafortuna.

Una buona serata, a chi non è come neve...

domenica 3 settembre 2023

Come chi raccoglie pietre in giardino

Sono quasi vicino alla boa quando mi chiedo dal nulla da dove nasca il mio sentirmi così a mio agio in acqua. Molte delle persone che conosco hanno timore del mare aperto, di essere al largo, ed invece, per me, è forse l'unica cosa della quale non ho mai avuto istintivamente paura. Chi me lo ha insegnato? Considerando che mia madre non sa nuotare e che da piccole papà non veniva quasi mai in spiaggia con noi (ecco, l'odio per il caldo ed il sole l'ho preso tutto da lui invece, decisamente)?

Mi ci interrogo tra una bracciata e l'altra, mentre il fondale diventa sempre più sabbioso e profondo.

Perché è così il mare tra le cui onde sono cresciuta; l'unico mare che per me è l'emblema dell'essere mare. Rocce e ciottoli sulla riva che lasciano all'improvviso il posto alla sabbia e quando la vedi capisci già di non avere più un appiglio su cui poggiare i piedi e camminare. Perché per me il mare è questo: smettere di toccare dopo aver fatto appena un paio di passi, e mi è inconcepibile pensare che ci siano mari del tutto diversi dal mio. Mari dove ci sono metri e metri sempre percorribili a piedi. Inconcepibile.

Mi sposto con questi pensieri in testa per fare spazio ad un ragazzo che nuota con gli occhialini schiacciati sul naso. Alle mie domande del momento se ne aggiunge un'altra nuova. Perché nuota così vicino alle boe? Esattamente parallelo alla lunga corda a cui sono attaccate? Forse per essere sicuro di star seguendo con precisione una certa linea immaginaria?
Mi supera ed io ritorno al mio posto, poi indietreggio ancora per liberare la sua traiettoria appena mi rendo conto che probabilmente sta per tornare indietro.

Lo osservo perché fa movimenti precisi, metodici, spostando appena l'acqua ad ogni falcata delle braccia. 
Mi avvicino alla riva, con le spalle rivolte al sole, i gomiti ben conficcati tra le pietre per rimanere ferma tra le onde che mi si riversano piano addosso e comincio a sorridere pensando "no, io e Claudio decisamente siamo poco precisi e metodici quando ci troviamo in acqua insieme". 

Mi viene spontaneo pensarlo. 

Quando gli stringo le gambe attorno al busto e lui mi solleva leggera e non dice nulla perché tutto quello che c'è da dire se lo dicono i nostri occhi.
Non c'è nessun posto al mondo in cui vorrei essere se non qui, con te.
Non c'è nessun'altra persona al mondo che vorrei tra le mie braccia se non te, qui, con me.
Che in effetti le frasi romantiche ad alta voce non sono il suo forte.
Tutto quel che vuole dirmi, me lo dice coi gesti. E non ne sceglie mai di convenzionali.

La prima volta che ha fatto quel suo gesto che poi è diventato il mio preferito, ho capito subito che sarebbe stata una cosa solo sua. Che non lo avrei mai trovato in nessun altro e che in nessun altro lo potrei cercare mai più.
Me lo dice accarezzandomi il volto e non è mai una carezza banale; quella con cui una mano si accosta ad una guancia. Mai.
È una mano che si apre completamente sul mio viso e lo sovrasta tutto, dalla fronte al mento, schiudendosi sul naso. Ed ogni volta in cui lo fa, socchiude appena gli occhi azzurri, come se volesse sentirmi e vedermi solo con quella mano ed io li chiudo tutti a mia volta per sentirlo solo attraverso le nostre pelli ed il sorriso che inevitabile mi affiora sulle labbra.
Ogni tanto gli bacio il palmo, altre volte mi sembra già tutto perfetto così com'è e rimango ferma finché non si stacca da me.
Me lo dice dandomi i pizzicotti che mi fanno sempre ridere e che buona parte delle volte mi lasciano un leggero segno sulla pelle bianchissima. Ed ogni volta che faccio finta di protestare mi promette che "la prossima volta te ne farò di più amore, tranquilla" e per suggellare la promessa in questione mi stampa piano un morso sulle cosce, sulla spalla, sul sedere.

Me lo dice anche tutte le volte in cui siamo insieme e fa una battuta che sa mi farà morire dal ridere. E non gli viene proprio difficile riuscirci, cretino com'è. E lo sento quanto gli piace vedermi così grazie a lui ed alle cose che dice che fa.
Ed ogni sorriso è una botta di spugna sulle liti ed incomprensioni dei mesi precedenti.
Ed ogni "ti amo" a bocca chiusa è un passo in più l'uno nel cuore dell'altra.

Ed il tempo di mettere in fila ognuno di questi pensieri le mie mani si son abituate all'acqua e le dita si son riempite di quelle pieghe buffe che fan sempre ridere le mie nipotine.
Torno sulla sabbia che è il cielo è già quasi rosa all'orizzonte ed aspetto di asciugarmi continuando a pensare con un sospiro liberatorio che non mi manca proprio nulla, mi mancavi solo tu ed ora che ci sei "il tempo lo misuro solo così, con te"

Buon inizio di Settembre, a chi non è come neve...

giovedì 24 agosto 2023

...Sopra quei tuoi occhi blu...

C'è voluto un po' prima di risalire.
Molto più di quanto non sia mai stata abituata ad aspettare.
Ma alla fine son arrivata in superficie.

In questi mesi è successo tutto e niente. 
E son scomparsa con la speranza di non dover riempire queste pagine di tristezza e malessere, anche se ogni giorno in più senza il mio blog è pesato come un macigno.
E finalmente il momento di parlare solo di cose belle è arrivato.

Così come fatto l'anno scorso, anche buona parte di questa estate l'ho investita sui libri da studiare: non mi ero ancora abituata a presentarmi come Dottoressa Commercialista che, dopo 365 giorni esatti, ho deciso di aggiungere una seconda abilitazione professionale alla prima, quella da Revisore Legale dei Conti.
È stata anche stavolta dura ma altrettanto soddisfacente e con orgoglio ho vinto una personalissima scommessa fatta in silenzio: quella di arrivare ai due traguardi prima dei trent'anni.

Son arrivata alle ferie estive con tanta, tantissima stanchezza mentale, dopo essere sopravvissuta a quelli che son stati, senza ombra di dubbio, i giorni più caldi che io abbia mai conosciuto e, finalmente, ho aperto il capitolo che stavo tanto desiderando: quello della leggerezza.

Visto l'umore dell'ultimo periodo non avevo decisamente nessuna speranza per l'estate, anzi. La massima aspettativa era quella di recuperare un po' di sonno e di non dover soffrire il caldo nel tragitto casa-ufficio.
Invece è stata la settimana più felice di questo 2023 stanco e rancoroso.
L'ho trascorsa insieme al mio randagio, nella città in cui lavora, alla vista di tramonti su un mare che avevo sottovalutato e tra le lenzuola pregne del profumo dei suoi capelli.
Ho rivisto una mia carissima amica d'università, che porto nel cuore perché la distanza geografica per ora non permette quasi mai di più, e con la quale, su quella spiaggia, ho sperimentato la prima scottatura solare dopo anni che evitavo accuratamente l'esposizione allo stesso.
Ho conosciuto persone piacevolissime ed in particolare gli amici di infanzia del mio fidanzato che mi hanno accolta come se mi conoscessero da sempre e con i quali ho riso a crepapelle una serata intera, spettegolando e parlando di qualsiasi cosa come se davvero io fossi sempre stata parte del gruppo.
Ho letto libri splendidi e ritrovato un'energia illimitata, nonostante le notti brevi ed il caldo umido.

E mi son stampata un sorriso in faccia che non è andato mai via, perché il mio grande amore si è impegnato tutto il tempo perché mi restasse addosso.
Mi ha fatto trovare tutti i giorni il pranzo pronto, tornando appositamente al volo dal lavoro solo per condividere con me quello che sapeva essere il mio piatto preferito.
Ha accompagnato ogni notte la mia testa al suo braccio ed anche in quelle più calde non ha mai smesso di cercare il contatto con la mia pelle, fosse anche solo per intrecciare le nostre mani.
Mi ha accompagnata alla ricerca della granita al cioccolato ed i suoi occhi hanno cominciato a brillare come quelli di un bambino quando, per caso, la strada verso il bar ci ha portati alla piazza del paese in cui, come da tradizione, si celebrava la preparazione alla Varia con tanto di giganti, palio e tamburelli.
È stato divertentissimo ed ho capito di essere accanto alla metà del mio cuore perché, nonostante il grande caldo e nonostante io non ami per niente questo genere di feste, lì, abbracciata a lui, mi son sentita in pace con l'universo e sicura di poter dire "questo è quello che voglio; questo deve essere solo mio, solo nostro".
Abbiamo trascorso un pomeriggio meraviglioso al mare, con mia sorella, mio cognato e le due pupe mignon, venuti a trovarci dopo un'oretta di macchina al suono del "siamo arrivati" della più grande delle due, che ci ha tenuto a chiederlo per tutto il tragitto. E mi sono innamorata di nuovo di quegli occhi dalla tonalità più chiara di quella dell'acqua cristallina in cui abbiamo sguazzato ridendo, perché dentro ci ho letto la gioia sincera di star spendendo del tempo con la mia -la nostra- famiglia. Ho immortalato nel cuore -e con il cellulare- questo tipetto dolcissimo ma dall'aspetto burbero, con la barba lunga ed i capelli neri e folti cedere ad ogni richiesta di due nane, al contrario, dall'aspetto angelico e dall'animo monellissimo.

Mi son confermata che questa si, è decisamente la vita che voglio, la città che voglio, l'uomo che voglio.
E mi son ricordata di quanti capricci ho fatto prima di rendermene conto, prima di cedere ed aprire il mio cuore a chi mi sembrava così tanto diverso da suonarmi quasi incompatibile.

Ed invece...
"Venivano dai più lontani estremi della vita, questo è stupefacente, da pensare che mai si sarebbero sfiorati se non attraversando da capo a piedi l'universo, e invece neanche si erano dovuti cercare, questo è incredibile, e tutto il difficile è stato riconoscersi, riconoscersi, una cosa di un attimo, il primo sguardo e già lo sapevano, questo è il meraviglioso. Questo continuerebbero a raccontare, per sempre, nelle terre di Carewall, perché nessuno possa dimenticare che non si è mai lontani abbastanza per trovarsi, mai - lontani abbastanza - per trovarsi - lo erano quei due, lontani più di chiunque altro.“

Una buona fine estate, a chi non è come neve...

domenica 4 giugno 2023

Destri

Avrei voluto avere la bussola di Jack Sparrow.
Quella che punta verso la direzione in cui c'è ciò che il tuo cuore più desidera al mondo.
L'avrei voluta per avere almeno la speranza di potermi orientare.
Di poterla davvero raggiungere, prima o poi.

Ed invece qui, sulla terraferma, il percorso mi sembra impossibile.
Solo mare e cielo azzurro all'orizzonte e nessuna seconda stella a destra e dritti fino al mattino.
Mi sembra assurdo che sia proprio io a scriverlo ma nella vita non si sa mai ed infatti io non so.

In questi ultimi mesi non so descrivere il livello di sofferenza a cui mi sono condannata.
Ho passato notti a piangere così tanto da aver avvertito il bisogno di mettermi a pregare per trovare una parvenza di sollievo. Una liberazione da quel peso sul cuore.
Ma la mia fede negli ultimi anni si è un po' persa e mi sarei sentita ancora peggio, così ho lasciato perdere e son rimasta zitta e da sola con le mie lacrime.
Non so da dove cominciare per spiegarmi perché mi son fatta tutto questo.
Probabilmente diamo sempre la colpa a qualcun altro, cercando cause e motivazioni per scricchiolii che in realtà ci portiamo dentro da sempre e che cercano solo una scusa per uscire.

Però qualche giorno fa, quando mi son detta per l'ennesima volta che non potevo più continuare su questa strada, sono stata colpita da un bel fulmine. 
Mi sono chiesta sinceramente il perché.
Perché ti fai questo? Che colpa pensi di aver commesso per arrivare a sentirti così sbagliata?
Quale peccato stai cercando di espiare? Tutti i difetti del mondo, tutti gli errori che hai commesso, tutte le mancanze che come qualsiasi essere umano ti allontanano dalla perfezione valgono davvero tutto questo senso di inadeguatezza che ti sta logorando giorno dopo giorno?
Ed altrettanto sinceramente mi sono risposta.
No.
Non ho fatto niente di male per sentirmi così. Non ho tolto nulla a nessuno con la mia imperfezione.
Non è colpa mia avere tempi diversi. Essere sempre l'ultima a raggiungere quel che agli altri viene così naturale. Non è colpa mia. E non è una colpa.
La mia unica colpa è stata convincermene, quello si.
O lasciare che gli altri mi ci convincessero.

È stata una liberazione incredibile rendermene conto.
E dirmi 
Ti perdono
Mi perdono
Per non essermi sentita all'altezza
Per i paragoni
E le punizioni
I pensieri
La concentrazione su quel che mi sembra di non avere
Ignorare quel che di buono ho fatto
Il sentirmi difettosa, un giocattolo rotto.

E non è facile ricominciare da qui ma è un passo che mi era indispensabile per lasciar andare qualcosa.
Per comprendere che la prima persona da cui devo ricevere quel che penso di meritare sono io.
Che nessuno verrà mai a riportarmi il pezzo mancante, sarò io a rimboccarmi le maniche e spostare tutti i mobili per scoprire sotto quale di questi si sarà infilato.
E poi tutto sarà completo davvero.
Un quadro dopo l'altro.


Era da un po' che non mi vedevo
Era da un po' che non mi fermavo
Non sono bello come credevo
Ma voglio ricominciare da capo


A chi non è come neve...

giovedì 4 maggio 2023

Non bastano stelle cadenti...

Mi sento in colpa per il modo in cui mi sento. Per il fatto che mi sembra così difficile darmi tregua.
Ma ultimamente mi sento letteralmente sopraffatta da quello che mi sta attorno. Dal modo in cui stanno andando le cose che riguardano me o la mia famiglia.

Non so nemmeno spiegare quel che provo ed in realtà ho capito che è meglio non farlo ed adottare la mia vecchia tattica del tenermi tutto per me, perché la verità è che quasi tutti ti chiedono come stai ma se menti dicendo che è tutto ok togli loro l’impaccio di doversi interessare ed accollare i tuoi sentimenti.

Così ho trovato tre strade per lasciare andare il senso di angoscia che mi stordisce, senza dare fastidio a nessuno. 
La prima è scrivere, possibilmente con la mia penna nera, perché i brillantini colorati mi sembrano una presa in giro verso il mio sentirmi così.
La seconda è riprendere il famoso puzzle che avevo lasciato incompleto nella stanza gelata di casa mia che ormai è adibita solo alla sua conservazione.

E lo ammetto, averlo lasciato a metà (molto meno della metà, ad essere onesti) non è dipeso solo dalla scomodità di doverlo comporre proprio lì (perché, non ci crederete mai, ma lasciarlo in balia di due gattuzzi scatenati in giro per casa non è proprio una bella idea); mi metteva piuttosto di cattivo umore sapere che, probabilmente, un pezzo sarà andato perso e così l’idea di dover portare a termine qualcosa che, comunque, sarebbe rimato incompleto, mi ha demoralizzata. Ché il cervello umano non è proprio fatto per le questioni inconcluse -per esempio, ho letto che se una canzone ci assilla basta cantarne la fine perché ci esca dalla testa, finalmente- ed il mio lo è ancora meno.

E poi, invece, la magia.

Ho guardato il punto con il pezzo mancante e mi son detta che non fa assolutamente nulla. Che posso rimediare e che troverò una soluzione non appena tutti i quadri saranno al completo.

Anzi, ancora meglio, una volta che avrò incorniciato l’opera d’arte, ci attaccherò su uno dei miei post-it con una grande freccia ad indicare il punto vuoto, per ricordarmi che, in fondo, la vita è anche questa.

Un continuo di fasi imperfette che, in ogni caso, non ci impedirà di arrivare al traguardo.

La terza strada non è una strada e non l’ho intrapresa io ma il mio inconscio.
Il quale ha deciso bene di lanciarmi segnali chiari ed evidenti popolando le mie notti di incubi.
Il suo preferito, evidentemente, è quello in cui il protagonista è un qualche tipo di fantasma/demone/presenza non meglio identificata che ha uno scopo solo: puntarmi e farmi terrorizzare.
Spoiler: ci riesce più che bene perché mi sveglio con il cuore a mille e la pelle che brucia per la paura.

Comunque, devo ammettere che ormai mi ci sono affezionata ed in ogni caso preferisco la versione demoniaca di Casper a molti altri sogni spiacevoli e ridondanti fatti in passato.

Così, insomma, consumo le suole delle mie scarpette macinando chilometri su ognuno di questi tre percorsi; non senza inciampi perché la tentazione di confidarmi ed aprirmi completamente ha avuto qualche volta la meglio ma ad un certo punto l’istinto di conservazione, per fortuna, prevale e ti dà un bel colpo in testa: smetti di farlo se ti fa solo più male che bene.

Però spero il mio percorso verso la meta diventi sempre più breve, perché di rimanere in apnea non ce la faccio più.

Ed ancora di più spero che la prima boccata di ossigeno arrivi alle persone che amo di più al mondo: i miei genitori, ed in particolare mio padre, e le mie sorelline, ed in particolare quella che mi cambiava i pannolini da piccola invece di uscire a divertirsi con le amiche.

Che mi sono innamorata della frase del post precedente.

Radici abbastanza forti da trattenermi. Da trattenerci.

A chi non è come neve...

domenica 23 aprile 2023

In mezzo al temporale

Il post che ho scritto qualche giorno fa e che non ho pubblicato, non è quello che si merita il mio blog dopo l'ennesima, lunga assenza delle mie.
E non è nemmeno quello che sento merita la Paola S. del futuro che un giorno deciderà di tornare a rileggersi.
Anche se è bello sapere che qui io mi senta ancora come a casa. Perché è sempre a casa che si torna quando ci si sente spezzati, feriti, persi e si ha bisogno di riconoscersi.
La questione è che di cose belle ce ne son state in questi mesi, anche se son sempre le stesse ad accompagnarmi nella mia vita -le risate con le mie sorelle, gli abbracci dei bambini, i gatti che si addormentano contro la mia pelle nuda, le giornate indaffarate a lavoro ed i mercoledì notte sotto un piumone matrimoniale- però quel che ti atterrano sembrano essere sempre un po' più rumorose.

Avrei voluto scrivere di quel che scrivo sempre quando arriva la primavera.
Del profumo dei gelsomini -che son rimasti i miei fiori preferiti anche se io son rimasta quella che non ama i fiori-, del cielo azzurro senza nemmeno una nuvola, delle notti di luna piena con Venere al suo fianco, dei tragitti in macchina con la radio a tutto volume e l'inglese storpiato.
Avrei voluto scrivere del rumore di carta stropicciata delle uova di cioccolato che han riempito la dispensa per settimane, della voglia matta di rileggere un libro già divorato almeno un paio di volte ma che mi torna sempre in mente ogni volta che mi sembra di sprofondare.

Come se mi ci potessi arrampicare, su quella corda fatta di parole familiari che a volte vorrei poter scordare per risentirle per la prima volta; per innamorarmi ancora.
Ché, ad esser sincera, avevo sempre sottovalutato la potenza del dimenticare, io che ho sempre desiderato scrivere proprio per non smettere di tornare indietro.
Ma la mia macchina del tempo mi sembra non funzionare quasi più, proprio adesso che sento di averne più bisogno. E riempio le pagine della mia agenda -quella, perlomeno, non l'ho abbandonata- iniziando sempre con le stesse parole, ultimamente, concludendole sempre con lo stesso invito a me stessa che però, puntualmente, il giorno dopo non riesco a raccogliere.
Perché è proprio una brutta sensazione quella di sentire le proprie fortezze cadere, rendendosi conto che poi è bastato solo un soffio di vento per spazzarle via.

Avrei voluto scrivere di quel giorno in cui finalmente ho deciso di fare un piccolo passo per togliermi un peso dentro che mi trascino da anni; che non ha cambiato granché, per ora, ma almeno mi ha dato l'impressione di non essere impantanata sempre nello stesso punto.
Avrei voluto usare questo schermo bianco per placare le mie ansie e le mie paure; per ripetermi che va tutto bene anche se tutto è imperfetto. Che posso perdonarmi anche se io sono imperfetta.
Che non ho bisogno di controllare tutto, perché tanto le cose che devono succedere, accadranno a prescindere dal mio consenso. E che se anche dovesse d'improvviso giungere lo scenario peggiore, io avrei radici abbastanza forti da trattenermi. E saprebbero alleviare anche la delusione, il fallimento, il tradimento.
Sarei voluta tornare con i fuochi d'artificio e la mia canzone preferita in sottofondo.

Ed invece torno con il cuore in gola, la solita nostalgia ed il bisogno impellente di sentire il profumo di casa.


E poi dire cosa, quanto ha fatto male
Eppure non riesco a rinunciare
Per poi dire cosa, quanto ha fatto male
Eppure lo voglio rifare

 

A chi non è come neve 


giovedì 16 febbraio 2023

Le parole hanno un peso

Le parole hanno un peso.

Mi rimbomba in testa, con la sua voce, la sua intonazione. La riconosco a memoria.
Gli stessi punti, gli stessi a capo.

Le parole hanno un peso, ed io la mia bilancia la so usare benissimo.
Le parole hanno un peso, ed io le mie le so portare esattamente in equilibrio.
Le parole hanno un peso, quello che scelgo io di dare loro.

Anche quando sono arrabbiata, anche quando la foga erutta implacabile dagli occhi, dalla pelle, io le misuro, le scelgo consapevole di quel che voglio dire, di dove voglio che arrivino.
Anche quando il mio intento è colpire, affondare proprio nella carne, io lo so che le mie parole hanno un peso.

È per questo che lo so, che tutte le parole hanno un peso.
E non si può lasciarle andare via come se non fosse vero; come se fossero di aria solo perché di aria e suono e fiato son fatte.
Perché le parole hanno un peso. E bisogna accettarlo, quando si decide di mandarle a spasso; bisogna accettare che possano diventare dei boomerang e che tornino a colpire proprio noi. Che volevamo essere carnefici e ci trasformiamo in prede spaurite.

Le parole hanno un peso e se cominciano a maturare, a ribollire, poi bisogna saper riconoscere anche la possibilità che inizino a marcirti dentro.

Perché le parole hanno un peso. Ed un colore. Ed un retrogusto.
E se decidi di usarle a sproposito, poi devi anche accettarne il disgusto mentre le vomiti, mentre la lingua diventa appiccicosa e maleodorante.

Le parole hanno un peso. Ed anche una forma. La lama che decidi di affilare mentre le scegli con più o meno cura. Perché devi essere coraggioso e rimanere anche quando ti sanguinano le labbra da cui le stai facendo uscire. Perché se sei abbastanza coraggioso da sputarle via, non puoi essere un codardo e non accettare che nel tragitto feriscano per forza anche te.

Le parole hanno un peso e, come tutte le cose, hanno un proprio posto nel mondo. E le devi sapere collocare in quello giusto perché non lascino un vuoto una volta che hai deciso di usarle.

Le parole hanno un peso, e più ci penso, più mi sembra impossibile che per molti le parole non abbiano alcun peso. Più mi sembra inaccettabile il modo in cui sfuggono come se niente fosse. Più mi sembra vergognosa l'indifferenza verso le conseguenze che lasciano.

Perché le parole hanno un peso, non solo un significato.

Le parole hanno un peso.

Tutte.





sabato 4 febbraio 2023

...Mi ci perdo...

Mi mancava da tanto, troppo, la felicità così.
Ancor di più pensando a quanto sia stata stupida ad essermene privata io stessa, da sola.
Come se non lo sapessi già, la consapevolezza mi è arrivata d’improvviso, come il vento nelle belle giornate: quanto mi manca essere felice così.

E dentro il “così” ci son sempre tante cose.

C’è una colazione fatta con calma di lunedì mattina, ché i lunedì mattina son sempre un po’ ‘na tragedia ed in qualche modo bisogna pur cercare di colorarli;
C’è il peso del corpicino dei miei Gattuzzi poggiati sui miei piedi che litigano tra di loro mentre io cerco di prender sonno;
Ci sono le risate con mia sorella e la nostra amica, che si è unita alle lezioni di pilates, mentre sbagliamo allo stesso modo ed in contemporanea l’esercizio per regalare alla nostra istruttrice la soddisfazione di poter esclamare “Ma vi siete messe d’accordo? Guardatele, oh, son proprio sorelle!”;
Ci son le mie nipotine che fanno a gara per farsi prendere in braccio o per derubarmi della merendina di turno;
Ci son i miei piatti preferiti a pranzo a cena, un giorno dopo l’altro.

E poi c’è tutto il capitolo “gatto randagio”, tutto il capitolo “noi”.
Fatto di paragrafi, corsivi e grassetti, qualche cancellatura, qualche pagina strappata. Note a margine, post scriptum, penne nere, rosse e blu, asterischi e punti e a capo.
C’è la mia playlist preferita in macchina, già in riproduzione casuale alla sua radio appena apro lo sportello.
C’è il pane rubato -non è vero, si chiama condivisione- dal suo piatto per non doverlo tagliare io.
Le merende di metà serata con i Loacker di tutti i gusti, che ci scambiamo come con le figurine, per lasciare all’altro il proprio preferito.
Ci sono i film che scegliamo accuratamente perdendoci almeno mezz’ora su, ma di cui guardiamo solo i primi dieci minuti per crollare sfiniti dal sonno.
C’è la lotta ogni santa volta per appropriarci del cuscino più comodo, che vinco sempre io perché le risate ed i pizzicotti gli tolgono tutte le forze e lo costringono alla resa.
Ed il mio essere buona perché quel cuscino lo condivido sempre lo stesso e poi finisco per sostituirlo completamente con la sua spalla.
C’è il suo profilo, lievemente illuminato dalla luce della tv, che conosco a memoria e che non vedo l’ora di disegnare con lo sguardo mentre finge di dar attenzione al programma serale di turno.
La risata nella quale scoppio senza poterci fare niente ogni volta che mi intima di smetterla di muovermi perché, puntualmente, disfo tutte le coperte.
Ci sono le sveglie dell’uno o dell’altra -soprattutto dell’altra- nel cuore della notte che son sempre accompagnate dall’attenzione che ci sia abbastanza piumone a scaldarci.
Le sneakers uguali ai piedi del letto che ci siamo regalati l’anno scorso e che poi han aperto la strada al pigiama abbinato, indossato ogni volta che ci troviamo abbracciati nello stesso letto.
Gli “ancora dieci minuti” quando al mattino la sveglia suona sempre troppo presto, però sono forse i minuti che amo di più, perché ci scambiamo quasi la pelle come fosse la prima volta o l’ultima, nonostante le ore precedenti trascorse ininterrottamente insieme.
Il bacio sotto la porta del mio ufficio ed il "vai piano" che accompagna ogni partenza.
I messaggi ad ogni ora del giorno ed a volte della notte.
Ci sono le serate sul divano davanti al camino. I vestiti alla rinfusa sulla sedia e sul pavimento.
I miei capelli sul suo viso, le mani intrecciate anche in macchina, il salvadanaio in due.

La verità è che la mia lista non finirebbe mai. Che mi fan male le guance tanto è ampio il mio sorriso.
Che mi ero persa ed è venuto a ritrovarmi, come sempre. Ché il mio filo d'Arianna è l'amore sconfinato che provo per lui.

Un buon fine settimana, a chi non è come neve...

sabato 21 gennaio 2023

Alla Scooby-Doo

Giorno 21 del nuovo anno.

Capodanno trascorso con la febbre alta, coricata già alle 22 sul divano di mia sorella con il plaid e la testa tra le nuvole. E siccome i buoni propositi non si mollano mai, perché qui non si molla proprio niente, a distanza di settimane continuo ad avere gli strascichi di tosse e soprattutto raffreddore.

Ma non siamo qui per recriminare nulla. E nemmeno a leggere la mia cartella clinica.

Siamo qui perché non si molla proprio niente e quindi nemmeno il mio blog (anche se i commenti ed i post fermi a Novembre insinuano ben altro). Non lo so perché è diventato così difficile per me aggiornare (e non parlo solo dell'aspetto logistico, nonostante anche questo conti tantissimo) ma non riesco nemmeno ad immaginare di lasciare a brillare in solitaria e per sempre le mie amate stelline.

E se da una parte Paola S. sembra tacere più del dovuto, dall'altra, con il nuovo anno (ed in realtà già negli ultimi giorni di quello appena salutato) ha ritrovato la familiarità ed il bisogno di un aggiornamento intimo e giornaliero tra le righe di un'agendina assolutamente chiusa al resto del mondo intero, dopo averla abbandonata, ahilei, (quella proprio sì) per i 365 giorni precedenti.

Ed il bisogno, il piacere di quelle parole colorate che cullo dentro una copertina ad anelli, tra stickers e stelline (si, anche lì) stavolta non hanno il solo, nobilissimo fine di lasciare impresso un ricordo dopo l'altro, fosse anche solo di una giornata noiosa e triste (ed è questo il rimorso più grande per il 2022, che per la prima volta non potrò rivivere in questo modo che è il mio preferito in assoluto): stavolta ho risentito tutta la necessità di farlo per liberarmi, per sfogarmi, quasi per rileggere me stessa, oltre ai miei ricordi. 
Un modo per entrare in contatto con tutti quei pensieri che ultimamente mi tormentano e che, pur vedendoli chiaramente come nubi in tempesta, sembrano un po' più gestibili una volta vomitati dalla mia penna. 

Una terapia che ho capito di bramare esattamente nel momento in cui le pagine si sono colorate di frasi poco scelte ma sentite, forse per la prima volta senza pudore, senza bisogno di nascondere anche lì rabbia, tristezza ed introspezione.
Ché la verità è che tra quelle pagine son riuscita ad ammettere che, dopo un periodo grandioso, sono tornata a sentirmi, senza motivo, ancora fuori posto e fuori tempo.
E questo è paradossale e forse anche un po' ingrato da parte mia che, nei momenti di silenzio, mi rendo conto di avere veramente tutto dalla vita.

Forse è un po' lo scotto da pagare per essere così maniaca del controllo o forse la paura che sia tutto un po' troppo bello.
Nel frattempo mi riempio di post-it che mi ricordino che alla fine andrà tutto bene e se non andrà tutto bene...non sarà la fine.

Un buon fine settimana, a chi non è come neve...