domenica 29 ottobre 2023

Stare male non vale (se non lo puoi gridare)

Nella gara contro i miei fantasmi continuo a perdere.
Ed è una sconfitta che pesa come un macigno

Tornare qui è sempre più difficile.
Perché i commenti in sospeso, i post in bozze, mi testimoniano senza pietà il fatto che non riesca a liberarmi del disagio che mi accompagna da un tempo che non vedo più dov'è iniziato e soprattutto dove -quando- finirà.

Dicono che in molti coltivino la tendenza a rotolarsi nel dolore; che soffrire faccia sentire più nobili, più importanti, magari meritevoli di attenzioni. Mi son sentita dire anche io che se sto male è perché voglio starci io per prima.
La verità è che questo dolore, questa specifica tipologia, a me mette solo a disagio. Non ci trovo nulla di nobile, nulla di confortevole.

Perché non so nemmeno da dove venga e soprattutto del perché abbia deciso di entrare dalla finestra, invece di fare almeno l'educato e bussarmi alla porta.
In quel caso sarebbe stato diverso.
Avrei aperto, probabilmente un po' spaesata, ma comunque avrei avuto almeno un po' di tempo per conoscerlo, farci due chiacchiere.
Guardi, stavo proprio per uscire...
No, ma ci metto poco, davvero.
Va beh, se proprio insiste.
Ci saremmo persi un po' nei convenevoli, le offro qualcosa? ma diamoci del tu e comunque un bicchiere d'acqua andrebbe benissimo, sa non bevo, ah guardi, non lo dica a me, dicevamo del tu, si, giusto, il tu va benissimo.
Avremmo bevuto 'sto benedetto bicchiere di acqua ed intanto ci saremmo conosciuti, lui avrebbe fatto quello che c'era da fare e poi, in uno di quei silenzi imbarazzanti -c'è sempre un momento di silenzio imbarazzante-, avrei sbattuto entrambe le mani sulle ginocchia ed esordito con un va beh, comunque s'è fatta na certa...eppure io resterei altri 5 minuti, beh, mi farebbe molto piacere, ma sa com'è...
E sarebbe finita così, un inizio ed una fine, come tutte le cose della vita.

Ed invece no, sto qui con questo sconosciuto che non si degna nemmeno di rivolgermi la parola e se lo fa, mantiene le distanze e mi dà rigorosamente solo del lei.
Mi guarda ed io continuo a guardare lui e nessuno dei due si riconosce. Io almeno, perché in effetti quel che vede lui non posso saperlo.
E la sua maleducazione non conosce limiti, perché si è sentito anche libero di portarsi dietro un'altra bella compagnia: la solitudine.

Io che da lei non mi sono mai fatta spaventare, anzi, l'ho sempre trovata una buona spalla su cui piangere, molto più spesso di quanto non abbia mai ammesso, adesso la vedo solo come un ingombro inutile. Davvero inutile.

Perché sola così non mi ci sono mai sentita. Forse perché adesso non è più una scelta voluta; forse perché è figlia del non sentirsi compresa, accolta, accettata, accompagnata. Gemella del sentirsi completamente abbandonata.
Perché è un problema mio e lo rimarrà.
Perché, nonostante i buoni propositi, i tentativi maldestri e fuori tempo massimo, sono consapevole che sola dovrò cavarmela.

E comunque mentre scrivevo quest'ultimo pezzo di post ho pensato che ora la capisco bene quella bellissima strofa per cui "non c'è tempo, non c'è spazio e mai nessuno capirà" e casualmente un secondo dopo da una playlist a caso è partita proprio la sua voce.
Ed almeno un sorriso amaro mi scappa perché se c'è una cosa che non è cambiata mai è la sensazione che questo sia il mio personalissimo portafortuna.

Una buona serata, a chi non è come neve...