giovedì 4 maggio 2023

Non bastano stelle cadenti...

Mi sento in colpa per il modo in cui mi sento. Per il fatto che mi sembra così difficile darmi tregua.
Ma ultimamente mi sento letteralmente sopraffatta da quello che mi sta attorno. Dal modo in cui stanno andando le cose che riguardano me o la mia famiglia.

Non so nemmeno spiegare quel che provo ed in realtà ho capito che è meglio non farlo ed adottare la mia vecchia tattica del tenermi tutto per me, perché la verità è che quasi tutti ti chiedono come stai ma se menti dicendo che è tutto ok togli loro l’impaccio di doversi interessare ed accollare i tuoi sentimenti.

Così ho trovato tre strade per lasciare andare il senso di angoscia che mi stordisce, senza dare fastidio a nessuno. 
La prima è scrivere, possibilmente con la mia penna nera, perché i brillantini colorati mi sembrano una presa in giro verso il mio sentirmi così.
La seconda è riprendere il famoso puzzle che avevo lasciato incompleto nella stanza gelata di casa mia che ormai è adibita solo alla sua conservazione.

E lo ammetto, averlo lasciato a metà (molto meno della metà, ad essere onesti) non è dipeso solo dalla scomodità di doverlo comporre proprio lì (perché, non ci crederete mai, ma lasciarlo in balia di due gattuzzi scatenati in giro per casa non è proprio una bella idea); mi metteva piuttosto di cattivo umore sapere che, probabilmente, un pezzo sarà andato perso e così l’idea di dover portare a termine qualcosa che, comunque, sarebbe rimato incompleto, mi ha demoralizzata. Ché il cervello umano non è proprio fatto per le questioni inconcluse -per esempio, ho letto che se una canzone ci assilla basta cantarne la fine perché ci esca dalla testa, finalmente- ed il mio lo è ancora meno.

E poi, invece, la magia.

Ho guardato il punto con il pezzo mancante e mi son detta che non fa assolutamente nulla. Che posso rimediare e che troverò una soluzione non appena tutti i quadri saranno al completo.

Anzi, ancora meglio, una volta che avrò incorniciato l’opera d’arte, ci attaccherò su uno dei miei post-it con una grande freccia ad indicare il punto vuoto, per ricordarmi che, in fondo, la vita è anche questa.

Un continuo di fasi imperfette che, in ogni caso, non ci impedirà di arrivare al traguardo.

La terza strada non è una strada e non l’ho intrapresa io ma il mio inconscio.
Il quale ha deciso bene di lanciarmi segnali chiari ed evidenti popolando le mie notti di incubi.
Il suo preferito, evidentemente, è quello in cui il protagonista è un qualche tipo di fantasma/demone/presenza non meglio identificata che ha uno scopo solo: puntarmi e farmi terrorizzare.
Spoiler: ci riesce più che bene perché mi sveglio con il cuore a mille e la pelle che brucia per la paura.

Comunque, devo ammettere che ormai mi ci sono affezionata ed in ogni caso preferisco la versione demoniaca di Casper a molti altri sogni spiacevoli e ridondanti fatti in passato.

Così, insomma, consumo le suole delle mie scarpette macinando chilometri su ognuno di questi tre percorsi; non senza inciampi perché la tentazione di confidarmi ed aprirmi completamente ha avuto qualche volta la meglio ma ad un certo punto l’istinto di conservazione, per fortuna, prevale e ti dà un bel colpo in testa: smetti di farlo se ti fa solo più male che bene.

Però spero il mio percorso verso la meta diventi sempre più breve, perché di rimanere in apnea non ce la faccio più.

Ed ancora di più spero che la prima boccata di ossigeno arrivi alle persone che amo di più al mondo: i miei genitori, ed in particolare mio padre, e le mie sorelline, ed in particolare quella che mi cambiava i pannolini da piccola invece di uscire a divertirsi con le amiche.

Che mi sono innamorata della frase del post precedente.

Radici abbastanza forti da trattenermi. Da trattenerci.

A chi non è come neve...

domenica 23 aprile 2023

In mezzo al temporale

Il post che ho scritto qualche giorno fa e che non ho pubblicato, non è quello che si merita il mio blog dopo l'ennesima, lunga assenza delle mie.
E non è nemmeno quello che sento merita la Paola S. del futuro che un giorno deciderà di tornare a rileggersi.
Anche se è bello sapere che qui io mi senta ancora come a casa. Perché è sempre a casa che si torna quando ci si sente spezzati, feriti, persi e si ha bisogno di riconoscersi.
La questione è che di cose belle ce ne son state in questi mesi, anche se son sempre le stesse ad accompagnarmi nella mia vita -le risate con le mie sorelle, gli abbracci dei bambini, i gatti che si addormentano contro la mia pelle nuda, le giornate indaffarate a lavoro ed i mercoledì notte sotto un piumone matrimoniale- però quel che ti atterrano sembrano essere sempre un po' più rumorose.

Avrei voluto scrivere di quel che scrivo sempre quando arriva la primavera.
Del profumo dei gelsomini -che son rimasti i miei fiori preferiti anche se io son rimasta quella che non ama i fiori-, del cielo azzurro senza nemmeno una nuvola, delle notti di luna piena con Venere al suo fianco, dei tragitti in macchina con la radio a tutto volume e l'inglese storpiato.
Avrei voluto scrivere del rumore di carta stropicciata delle uova di cioccolato che han riempito la dispensa per settimane, della voglia matta di rileggere un libro già divorato almeno un paio di volte ma che mi torna sempre in mente ogni volta che mi sembra di sprofondare.

Come se mi ci potessi arrampicare, su quella corda fatta di parole familiari che a volte vorrei poter scordare per risentirle per la prima volta; per innamorarmi ancora.
Ché, ad esser sincera, avevo sempre sottovalutato la potenza del dimenticare, io che ho sempre desiderato scrivere proprio per non smettere di tornare indietro.
Ma la mia macchina del tempo mi sembra non funzionare quasi più, proprio adesso che sento di averne più bisogno. E riempio le pagine della mia agenda -quella, perlomeno, non l'ho abbandonata- iniziando sempre con le stesse parole, ultimamente, concludendole sempre con lo stesso invito a me stessa che però, puntualmente, il giorno dopo non riesco a raccogliere.
Perché è proprio una brutta sensazione quella di sentire le proprie fortezze cadere, rendendosi conto che poi è bastato solo un soffio di vento per spazzarle via.

Avrei voluto scrivere di quel giorno in cui finalmente ho deciso di fare un piccolo passo per togliermi un peso dentro che mi trascino da anni; che non ha cambiato granché, per ora, ma almeno mi ha dato l'impressione di non essere impantanata sempre nello stesso punto.
Avrei voluto usare questo schermo bianco per placare le mie ansie e le mie paure; per ripetermi che va tutto bene anche se tutto è imperfetto. Che posso perdonarmi anche se io sono imperfetta.
Che non ho bisogno di controllare tutto, perché tanto le cose che devono succedere, accadranno a prescindere dal mio consenso. E che se anche dovesse d'improvviso giungere lo scenario peggiore, io avrei radici abbastanza forti da trattenermi. E saprebbero alleviare anche la delusione, il fallimento, il tradimento.
Sarei voluta tornare con i fuochi d'artificio e la mia canzone preferita in sottofondo.

Ed invece torno con il cuore in gola, la solita nostalgia ed il bisogno impellente di sentire il profumo di casa.


E poi dire cosa, quanto ha fatto male
Eppure non riesco a rinunciare
Per poi dire cosa, quanto ha fatto male
Eppure lo voglio rifare

 

A chi non è come neve 


giovedì 16 febbraio 2023

Le parole hanno un peso

Le parole hanno un peso.

Mi rimbomba in testa, con la sua voce, la sua intonazione. La riconosco a memoria.
Gli stessi punti, gli stessi a capo.

Le parole hanno un peso, ed io la mia bilancia la so usare benissimo.
Le parole hanno un peso, ed io le mie le so portare esattamente in equilibrio.
Le parole hanno un peso, quello che scelgo io di dare loro.

Anche quando sono arrabbiata, anche quando la foga erutta implacabile dagli occhi, dalla pelle, io le misuro, le scelgo consapevole di quel che voglio dire, di dove voglio che arrivino.
Anche quando il mio intento è colpire, affondare proprio nella carne, io lo so che le mie parole hanno un peso.

È per questo che lo so, che tutte le parole hanno un peso.
E non si può lasciarle andare via come se non fosse vero; come se fossero di aria solo perché di aria e suono e fiato son fatte.
Perché le parole hanno un peso. E bisogna accettarlo, quando si decide di mandarle a spasso; bisogna accettare che possano diventare dei boomerang e che tornino a colpire proprio noi. Che volevamo essere carnefici e ci trasformiamo in prede spaurite.

Le parole hanno un peso e se cominciano a maturare, a ribollire, poi bisogna saper riconoscere anche la possibilità che inizino a marcirti dentro.

Perché le parole hanno un peso. Ed un colore. Ed un retrogusto.
E se decidi di usarle a sproposito, poi devi anche accettarne il disgusto mentre le vomiti, mentre la lingua diventa appiccicosa e maleodorante.

Le parole hanno un peso. Ed anche una forma. La lama che decidi di affilare mentre le scegli con più o meno cura. Perché devi essere coraggioso e rimanere anche quando ti sanguinano le labbra da cui le stai facendo uscire. Perché se sei abbastanza coraggioso da sputarle via, non puoi essere un codardo e non accettare che nel tragitto feriscano per forza anche te.

Le parole hanno un peso e, come tutte le cose, hanno un proprio posto nel mondo. E le devi sapere collocare in quello giusto perché non lascino un vuoto una volta che hai deciso di usarle.

Le parole hanno un peso, e più ci penso, più mi sembra impossibile che per molti le parole non abbiano alcun peso. Più mi sembra inaccettabile il modo in cui sfuggono come se niente fosse. Più mi sembra vergognosa l'indifferenza verso le conseguenze che lasciano.

Perché le parole hanno un peso, non solo un significato.

Le parole hanno un peso.

Tutte.





sabato 4 febbraio 2023

...Mi ci perdo...

Mi mancava da tanto, troppo, la felicità così.
Ancor di più pensando a quanto sia stata stupida ad essermene privata io stessa, da sola.
Come se non lo sapessi già, la consapevolezza mi è arrivata d’improvviso, come il vento nelle belle giornate: quanto mi manca essere felice così.

E dentro il “così” ci son sempre tante cose.

C’è una colazione fatta con calma di lunedì mattina, ché i lunedì mattina son sempre un po’ ‘na tragedia ed in qualche modo bisogna pur cercare di colorarli;
C’è il peso del corpicino dei miei Gattuzzi poggiati sui miei piedi che litigano tra di loro mentre io cerco di prender sonno;
Ci sono le risate con mia sorella e la nostra amica, che si è unita alle lezioni di pilates, mentre sbagliamo allo stesso modo ed in contemporanea l’esercizio per regalare alla nostra istruttrice la soddisfazione di poter esclamare “Ma vi siete messe d’accordo? Guardatele, oh, son proprio sorelle!”;
Ci son le mie nipotine che fanno a gara per farsi prendere in braccio o per derubarmi della merendina di turno;
Ci son i miei piatti preferiti a pranzo a cena, un giorno dopo l’altro.

E poi c’è tutto il capitolo “gatto randagio”, tutto il capitolo “noi”.
Fatto di paragrafi, corsivi e grassetti, qualche cancellatura, qualche pagina strappata. Note a margine, post scriptum, penne nere, rosse e blu, asterischi e punti e a capo.
C’è la mia playlist preferita in macchina, già in riproduzione casuale alla sua radio appena apro lo sportello.
C’è il pane rubato -non è vero, si chiama condivisione- dal suo piatto per non doverlo tagliare io.
Le merende di metà serata con i Loacker di tutti i gusti, che ci scambiamo come con le figurine, per lasciare all’altro il proprio preferito.
Ci sono i film che scegliamo accuratamente perdendoci almeno mezz’ora su, ma di cui guardiamo solo i primi dieci minuti per crollare sfiniti dal sonno.
C’è la lotta ogni santa volta per appropriarci del cuscino più comodo, che vinco sempre io perché le risate ed i pizzicotti gli tolgono tutte le forze e lo costringono alla resa.
Ed il mio essere buona perché quel cuscino lo condivido sempre lo stesso e poi finisco per sostituirlo completamente con la sua spalla.
C’è il suo profilo, lievemente illuminato dalla luce della tv, che conosco a memoria e che non vedo l’ora di disegnare con lo sguardo mentre finge di dar attenzione al programma serale di turno.
La risata nella quale scoppio senza poterci fare niente ogni volta che mi intima di smetterla di muovermi perché, puntualmente, disfo tutte le coperte.
Ci sono le sveglie dell’uno o dell’altra -soprattutto dell’altra- nel cuore della notte che son sempre accompagnate dall’attenzione che ci sia abbastanza piumone a scaldarci.
Le sneakers uguali ai piedi del letto che ci siamo regalati l’anno scorso e che poi han aperto la strada al pigiama abbinato, indossato ogni volta che ci troviamo abbracciati nello stesso letto.
Gli “ancora dieci minuti” quando al mattino la sveglia suona sempre troppo presto, però sono forse i minuti che amo di più, perché ci scambiamo quasi la pelle come fosse la prima volta o l’ultima, nonostante le ore precedenti trascorse ininterrottamente insieme.
Il bacio sotto la porta del mio ufficio ed il "vai piano" che accompagna ogni partenza.
I messaggi ad ogni ora del giorno ed a volte della notte.
Ci sono le serate sul divano davanti al camino. I vestiti alla rinfusa sulla sedia e sul pavimento.
I miei capelli sul suo viso, le mani intrecciate anche in macchina, il salvadanaio in due.

La verità è che la mia lista non finirebbe mai. Che mi fan male le guance tanto è ampio il mio sorriso.
Che mi ero persa ed è venuto a ritrovarmi, come sempre. Ché il mio filo d'Arianna è l'amore sconfinato che provo per lui.

Un buon fine settimana, a chi non è come neve...

sabato 21 gennaio 2023

Alla Scooby-Doo

Giorno 21 del nuovo anno.

Capodanno trascorso con la febbre alta, coricata già alle 22 sul divano di mia sorella con il plaid e la testa tra le nuvole. E siccome i buoni propositi non si mollano mai, perché qui non si molla proprio niente, a distanza di settimane continuo ad avere gli strascichi di tosse e soprattutto raffreddore.

Ma non siamo qui per recriminare nulla. E nemmeno a leggere la mia cartella clinica.

Siamo qui perché non si molla proprio niente e quindi nemmeno il mio blog (anche se i commenti ed i post fermi a Novembre insinuano ben altro). Non lo so perché è diventato così difficile per me aggiornare (e non parlo solo dell'aspetto logistico, nonostante anche questo conti tantissimo) ma non riesco nemmeno ad immaginare di lasciare a brillare in solitaria e per sempre le mie amate stelline.

E se da una parte Paola S. sembra tacere più del dovuto, dall'altra, con il nuovo anno (ed in realtà già negli ultimi giorni di quello appena salutato) ha ritrovato la familiarità ed il bisogno di un aggiornamento intimo e giornaliero tra le righe di un'agendina assolutamente chiusa al resto del mondo intero, dopo averla abbandonata, ahilei, (quella proprio sì) per i 365 giorni precedenti.

Ed il bisogno, il piacere di quelle parole colorate che cullo dentro una copertina ad anelli, tra stickers e stelline (si, anche lì) stavolta non hanno il solo, nobilissimo fine di lasciare impresso un ricordo dopo l'altro, fosse anche solo di una giornata noiosa e triste (ed è questo il rimorso più grande per il 2022, che per la prima volta non potrò rivivere in questo modo che è il mio preferito in assoluto): stavolta ho risentito tutta la necessità di farlo per liberarmi, per sfogarmi, quasi per rileggere me stessa, oltre ai miei ricordi. 
Un modo per entrare in contatto con tutti quei pensieri che ultimamente mi tormentano e che, pur vedendoli chiaramente come nubi in tempesta, sembrano un po' più gestibili una volta vomitati dalla mia penna. 

Una terapia che ho capito di bramare esattamente nel momento in cui le pagine si sono colorate di frasi poco scelte ma sentite, forse per la prima volta senza pudore, senza bisogno di nascondere anche lì rabbia, tristezza ed introspezione.
Ché la verità è che tra quelle pagine son riuscita ad ammettere che, dopo un periodo grandioso, sono tornata a sentirmi, senza motivo, ancora fuori posto e fuori tempo.
E questo è paradossale e forse anche un po' ingrato da parte mia che, nei momenti di silenzio, mi rendo conto di avere veramente tutto dalla vita.

Forse è un po' lo scotto da pagare per essere così maniaca del controllo o forse la paura che sia tutto un po' troppo bello.
Nel frattempo mi riempio di post-it che mi ricordino che alla fine andrà tutto bene e se non andrà tutto bene...non sarà la fine.

Un buon fine settimana, a chi non è come neve...

sabato 26 novembre 2022

L'odore di quell'anno

Nell'ultimo mese ho fatto, insieme ad una delle mie sorelle, una di quelle cose che nessuno proprio accosterebbe al mio nome.

Ebbene si, mi son iscritta ad un corso in palestra.

L'idea è nata dalla mia sorellina che ne aveva bisogno per alleviare alcuni problemi di salute e, siccome noi si viaggia sempre in coppia (ma anche in band, visto il numero delle mie consanguinee), ho deciso di far questa pazzia e farle una meritata compagnia.

Certo, devo dire che l'investimento monetario in tute, scarpe da ginnastica e compagnia bella poteva farmi desistere, dal momento che la sottoscritta si rifiuta di avere abbigliamenti sportivi nel proprio guardaroba da almeno 15 anni -cioè da quando son finalmente terminate le lezioni di educazione fisica delle medie- ma non ho ceduto ed ho preso sul serio questo impegno.

E, con tutta onestà, nonostante si avvertano tutti gli anni che ho trascorso seduta ad una scrivania a studiare -prima- ed a lavorare -dopo-, il corso in questione mi piace parecchio.
In primo luogo, perché, ovviamente, mi regala la possibilità di fare quel minimo di movimento per ricordarmi del fatto che non ho nemmeno 30 anni e non i 200 che la mia asocialità ogni tanto dimostra.
In secondo luogo, perché, è questa è stata una cosa nuovissima, quell'oretta di esercizi lenti, composti -non è vero, l'istruttrice non si spiega come io faccia ad essere sempre sdraiata storta- e guidati mi concede un isolamento quasi completo da tutti i miei pensieri.

Me ne sono accorta alla prima lezione di prova -e forse è stata proprio quella sensazione a convincermi ad acquistare l'abbonamento più di ogni altro lato positivo della questione-: quando sono entrata da quella porta piena di rabbia e disappunto per la giornata che avevo trascorso e poi ne son uscita rendendomi conto che durante la respirazione, i piegamenti, le contrazioni dei muscoli non avevo pensato mai, nemmeno una volta, senza nemmeno chiederlo, a nulla di quello che mi stava dando tanto malcontento.

E pensare che, ogni volta che nei vari blog leggevo di sensazioni simili legate all'attività fisica, pur rendendomi conto dell'autenticità della bellezza provata dagli autori, mi dicevo "nah, io non sarò proprio mai una di loro, conoscendomi".

Guarda un po' te, invece, quanto poco mi conosco ancora!

Quindi, ricapitolando, anche se è ancora presto per fare un resoconto completo, tra lo scorso anno e quello che sta per finire, sono morta e rinata almeno un migliaio di volte per lasciare e riprendere altrettante versioni di me che mi stanno portando su strade che non avevo mai pensati di voler percorrere e verso quelle che, in cuor mio, ho sempre desiderato raggiungere.

Non male per quella che s'era tatuata sopra al cuore "sono uno scorpione".

Un buon fine settimana, a chi non è come neve...

lunedì 14 novembre 2022

...Celebrare attese

Quando non dormi tutta la notte e speri di recuperare in dieci minuti nella pausa pranzo.
E chiudi gli occhi e non lo sai se sei sveglio o stai dormendo ed i pensieri si mischiano coi sogni e poi provi a recuperarli entrambi e non ci sono più.
E quello è uno dei miei momenti preferiti.

Ed ho compiuto gli stessi anni che aveva mia mamma quando mi ha messa al mondo ed io del mondo, di me e di te non ho invece capito ancora proprio niente.
E continuo a scrivere a mezz'aria con l'indice le parole a cui penso e se sbaglio provo anche a cancellarle.
Ed ho quella lettera nel portafoglio forse da sempre e da quel decennio in cui è stata scritta l'ho letta solo due volte, la prima e l'ultima, perché tutto l'amore che c'è dentro mi fa ancora male.
E ad occhi chiusi so cantare e so ballare, ma se li riapro so scrivere davvero.
E poi ho battezzato la mia prima cazzata a lavoro, e son sicura che quella non me la scordo più.
E voglio ancora la musica a tutto volume se faccio la doccia, se mi spoglio, ed anche se li conosco a memoria mi fermo sempre a riprendere tutti i testi.

Che tutta sta tristezza addosso mi piega una lama alla volta e vorrei tornare indietro ancor prima dell'inizio ma proprio non si può ed allora avanti tutta, finché ce n'è.
E la mia paura preferita non esiste più da un po' ed ogni tanto mi chiedo se c'è mai stata veramente perché non me la ricordo proprio più.
Che ci si scorda sempre delle cose che sembravano indimenticabili e si torna sempre dove ci han spezzati.

E 'sta tristezza addosso proprio non mi si lava via, e se ci provo mi sembra d'esser nuda, e pensare che il mio vestito preferito sei sempre stato tu.
E forse un sorriso amico mi leccherà via le ferite, e l'odore di take away tra i capelli non sarà poi così male domani.

Che i compleanni forse sono tutti un po' tristi però questo un po' di più.
E che comunque non ci ho mai pensato, ma ogni post dovrebbe essere la continuazione della storia precedente e le mie invece iniziano e finiscono tutte qui.

...Che più lo vivo e meno imparo...

Buonanotte, a chi non è come neve...