Tutte le nonne del mondo sono speciali, però la mia lo era un po' di più.
Avete presente lo stereotipo della nonna che ti deve riempire di cibo a forza, stando sempre dietro ai fornelli? Ecco, dimenticatelo, almeno per un attimo. La mia non amava molto mangiare, anzi, si chiedeva come facesse certa gente a rimpinzarsi di cibo. Eppure la sua dispensa era sempre piena, e quando dico piena intendo che la parete di una stanza era adibita completamente allo scopo, quindi ogni volta che la riforniva ricordo distintamente che veniva subito da noi a comunicarci che "c'è tutto, vi ho comprato la pasta, c'è il tonno, la coca cola. E venite, venite a prenderli che dovete mangiare, venite" e poi, chiudendo la porta che separa la sua casa dalla mia, continuava ancora a ripetere, mentre si allontanava, quanto fosse importante che noi avessimo tutto.
Quando una persona manca si dice che tutti quelli che la conoscevano ne parlano bene anche se per tutta la vita l'hanno criticata; può essere che sia stato così anche per mia nonna però sono sicura che su una cosa nessuno può aver mentito: ci amava profondamente, come si può amare solo poche volte e poche persone nella vita. E questo lo diceva a tutti.
Diceva a tutti che le sue cinque nipoti "sono una più bella dell'altra, belle come il sole, studiose, educate".
Lo ricordava anche a noi praticamente ogni giorno, ogni volta che ci vedeva, "bella mia, stu fiuri meu, guardati chi faccicella bella". Ci ricordava nelle sue preghiere, perché era molto religiosa, e chiedeva a Dio di donarci fortuna, pace e salute "pe cent'anni" perché noi non facevamo male a nessuno e nessuno avrebbe dovuto farne a noi.
Suo marito, mio nonno, è scomparso ormai tanti anni fa ed amandoci di cuore anche lui aveva passato a lei la raccomandazione di badare a noi, e lei, di rimando, adempiva a questo dovere con immensa gioia.
Lavorava tantissimo, ha fatto lavori fisicamente sfiancanti, che infatti purtroppo avevano mostrato le proprie conseguenze negli ultimi anni, ed anche dopo la pensione non si era risparmiata. Amava farlo, anche quando mamma la sgridava chiedendole di stare attenta, di godersi la vita ora che poteva, di smetterla di ammazzarsi, lei rispondeva "sono opere di bene, voglio farlo". Era una spendacciona, qualità che tra l'altro ha trasmesso ad una delle mie sorelle, ma per lei non comprava praticamente nulla: era tutto per noi.
Ogni volta che partivo per Cosenza ed andavo a salutarla lei mi diceva "ah parti? Aspetta un attimo" e col suo passo dissestato dalla operazione al femore di tanti anni prima, cercava di raggiungere in fretta la sua camera da letto dentro il cui armadio aveva la sua borsetta; rovistava un pochino e poi tirava fuori dei soldi. Io mi rifiutavo di prenderli, le dicevo che non li volevo e che non c'era bisogno di darmeli e lei rispondeva che "non è per bisogno, lo so che non ne hai bisogno, ma se i tuoi amici comprano qualcosa e tu la vuoi perché devi desiderarla e non poterla comprare?", e poi mi congedava con un bacio e il suo solito "vai figghia, vai ca paci e ca saluti, torna prestu".
Aveva un armadio pieno di pigiami nuovi, dovete credermi, proprio zeppo, dalle fantasie discutibili ma caldi e morbidi come le nuvole. Erano tutti della stessa, identica taglia; roba che il venditore deve aver pensato che questa nonnina avesse 30 nipoti belle in carne; roba che dentro uno di questi io ci sto almeno due volte. E quando ridendo però glielo facevamo notare lei rispondeva semplicemente che andavano benissimo, ché il pigiama mica deve stare "a farticchiu".
Nonna aveva lavorato tanti anni anche a Roma, diceva di amarla e che se non fosse stato per nonno, che invece era attaccato alla terra d'origine, sarebbe rimasta ancora lì. Allora raccontava sempre di quando era vicino a Palestrina, della Madonna d'oro, della famiglia che la ospitava e presso cui faceva da baby-sitter e da tutto fare, diceva che le sarebbe piaciuto tornare, che era contenta di avere un nipote romano. Aveva origini umili, non aveva mica il diploma, non parlava bene italiano, perché in Calabria si parla il Calabrese miei cari, però si ricordava bene il "mortacci tua" della capitale.
Amava anche guidare, lo ha fatto fino a qualche anno fa, amava la sua macchina e probabilmente il momento in cui ha dovuto, per causa di forza maggiore, lasciarla, è stato quello in cui la sua mente ha cominciato a faticare un po'. Andava in giro per la città a fare commissioni a chi, proprio nel momento del bisogno, non ha avuto alcun riguardo per lei.
Al suo rientro, il più delle volte, trovavamo un vassoio coperto dalla carta rossa e le scritte gialle del nostro bar preferito e questo significava una cosa sola: "nonna ha comprato le brioche col gelato". Il gusto era sempre lo stesso, il cioccolato. Anche lei era golosa del cioccolato ma alla fine non lo mangiava neanche così spesso.
Una cosa invece non poteva mancare sulla sua tavola, nella sua cucina: da bere.
Ve la immaginate una nonnina che ama la birra, gli amari, il cognac? Beh, la mia era così, diceva che ogni tanto faceva bene, che non serviva ubriacarsi.
Mi sono resa conto che in fondo nonna è stata una donna coraggiosa, forte nonostante il suo fisico esilissimo. Ha sempre e solo lavorato, provvedendo al marito ed alla figlia, viziando tutte le sue nipoti e non solo. Viaggiava da sola in un'epoca in cui le donne erano associate prevalentemente alla figura della casalinga; si muoveva a proprio agio in queste terre aspre, piene di verde e di frutti da coltivare con fatica; aveva cura dei grossi animali che erano l'orgoglio di nonno e che ha tenuto finché quest'ultimo non ha avuto più le forze per andarli anche solo a vedere.
Era una donna tradizionale ma neanche tanto; ricordava, a distanza di decenni, il suo grande amore ancora con le lacrime agli occhi, eppure non aveva mai badato all'usanza dei vestiti neri in sua memoria per anni ed anni. A dirla tutta, il nero non le piaceva proprio e diceva anche a noi di portare possibilmente colori allegri nella quotidianità. Ci raccontava emozionata di quanto fosse anche nonno orgoglioso di noi, di quanto ci tenesse che almeno una diventasse dottoressa, ed io ci ero riuscita, ma non "dottoressa di malati, dottoressa di commerciu". Non aveva fatto una piega quando le mie sorelle, invece di sposarsi in chiesa come da queste parti ai tempi sembrava necessario, erano andate a convivere, aveva solo detto che l'importante era volersi bene, di lasciar perdere la gente cattiva.
Lo sai, nonna, sono stata quella che ha pianto meno quando te ne sei andata. Non ce l'ho fatta neanche da sola a svuotare il mio dolore, nonostante me ne abbia portato tanto la tua scomparsa inaspettata. Ci ho provato e mi sono sentita come una bottiglietta piena di acqua, una di quelle che quando messe a testa giù, per la pressione del vuoto d'aria forse, riversano tutto il liquido in piccoli sorsi i quali per la violenza fanno rimbalzare leggermente la bottiglia stessa. Mi sono sentita così quando mi è venuto da scoppiare e poi però è passato dopo un attimo.
Non ce l'ho fatta neanche a pregare, anche se so che tu ci tenevi alla Fede; ci ho provato, ho fatto il segno della croce e poi non m'è venuto da dire niente. Ho solo pensato.
Sono stata l'unica a volere e riuscire a rimanere là mentre il legno chiaro di quel coperchio consacrava l'ultima volta in cui ti ho vista in carne ed ossa. Non ho pianto neanche là perché, per non impazzire, mi sono convinta che là dentro non c'eri tu, non ci sei tu. C'erano il tuo corpo forse, i tuoi capelli, i tuoi vestiti ma non tu.
E quando mamma, da sole, mi ha detto che sentiva un grande dolore proprio nel cuore le ho risposto quello che ormai è diventato il mio mantra ogni volta che sento gli occhi umidi: tu non sei qui com'eri prima, ma ci sei lo stesso.
Ci sarai quando vedremo un bella giornata di sole, quando sentiremo un profumo, quando il sole ci bacerà la pelle, quando ci guarderemo l'un, l'altra negli occhi che tanto ci somigliamo tutte ma una in particolare somiglia a te.
Non avrò paura di entrare in casa tua ed un giorno non sentire più il tuo profumo perché so che presto potremo scambiarci i ricordi di te e nonno senza tristezza, senza malinconia, solo con una grande serenità.
Non faremo nessuna fatica a ricordarci di te e dei tuoi insegnamenti, che già adesso ho raccontato solo una piccola parte di quello che sei stata per noi ed ogni volta che ci chiederanno di te risponderemo che si, ti abbiamo conosciuta e per fortuna non ci siamo limitati a quello...ti abbiamo vissuta per tanti anni, quelli più belli, in cui la tua figura è stata fondamentale ed ora semplicemente impareremo ad amarti ed a farci arrivare il tuo amore in un modo diverso ma non per questo meno forte.
Ciao nonnarella mia.
Una buona giornata, a chi non è come neve...