giovedì 12 dicembre 2019

I miei occhi chiusi

Quanto fa male guardarsi allo specchio e non riconoscersi nel proprio riflesso?
Quanto costa scoprire che quello che siamo non è quello che vorremmo essere?
Me lo sono chiesta esattamente qualche giorno fa e non a caso.
Non mi sono risposta, perché in realtà le risposte le conosciamo già, ma ci ho riflettuto distrattamente a lungo lo stesso.
Cercherò di farla semplice, perché quello cui ho pensato semplice non è.

Pensavo di essere in grado di fare una cosa. Una cosa per me. E il fatto di essere in grado di farla avrebbe comportato necessariamente anche il fatto che io fossi in un certo modo. E che questo modo fosse il modo in cui io mi vedevo. In cui io volevo che gli altri mi vedessero. Il modo in cui io avrei voluto essere.
Ho fatto dei passi per muovermi verso questa direzione, convinta di essere pronta, poi quando l'occasione si è presentata davanti a me non ho avuto il coraggio di fare quello decisivo. E quindi, il fatto di non essere stata in grado di agire ha comportato necessariamente la presa di consapevolezza che non sono quella che credevo. Non sono come mi vedevo.
Questa scoperta, devo ammetterlo, mi ha resa triste e non ho fatto nulla per evitare che questa tristezza si trasformasse in goccioline salate sulle mie guance.
Poi, quando ho smesso, ho cominciato a farmi delle domande. Diverse da quelle due iniziali.

Perché ho fissato di me una immagine che non mi rispecchia? Perché desidero a tutti i costi essere quella che per ora non sembro essere? Perché vorrei avere a tutti i costi il coraggio di fare una cosa quando, a rigor di logica, una cosa "giusta" per noi non dovrebbe causarci tutta questa tristezza ma venire semplicemente naturale?

A questi interrogativi non ho dato alcuna risposta e probabilmente per un po' non ci riuscirò. Forse ha tutto a che fare con i sogni. Forse ho semplicemente ambizioni troppo grandi per me, almeno per la me di adesso, che non riesco a seguire. O forse al contrario, queste ambizioni non sono abbastanza grandi da spingermi ancora oltre. Ancora ed ancora.
Ho letto spesso che tutto quello che vogliamo è dall'altra parte della paura. Forse semplicemente quello che voglio è più piccolo della mia paura o, ancora, forse quello che voglio non è quello che voglio davvero.

"Forse l'ho persa io in quei giorni confusi
la chiave per aprire..."

Una buona serata, a chi non è come neve...

venerdì 15 novembre 2019

E con questa sono due

Io a sta cosa che ognuno ha la propria strada scritta dentro ci credo davvero. Ci credo a modo mio ma ci credo. Mi dico che tutto accade per una ragione e ci credo davvero. Mi dico che nulla è casuale e ci credo davvero. Mi dico che alla fine forse non esistono scelte sbagliate, perché anche quelle che lo sembrano qualcosa di buono possono lasciarcelo, e ci credo davvero.

Solo che a volte è abbastanza difficile comprendere qual è la motivazione dietro ogni cosa e qual è la strada da seguire -o da lasciare.

Ho letto una frase bellissima, mi è piaciuta tanto perché rispecchia quello a cui penso e che mi affascina da sempre: il mondo è pieno di storie che in realtà sono una storia sola.
O qualcosa del genere.

Il senso è, o dovrebbe essere, abbastanza chiaro.
Il nostro destino è inevitabilmente legato al destino di molti altri ed in qualche modo questi destini si cambiano, foss’anche un solo attimo per volta, a vicenda.
Tutte le persone che incontriamo, io penso, anche solo per qualche giorno, per qualche minuto, hanno il potere di cambiarci potenzialmente la vita intera.

Si inizia piano, piano, sia chiaro, non è che la nostra esistenza viene stravolta ogni giorno completamente dal primo che passa. O dal secondo. Ma piano, piano, un evento ne influenza un altro e, sempre piano, piano, il nostro destino cambia così inevitabilmente.
Magari, semplicemente, chiediamo una informazione per strada alla persona sbagliata che ci fa perdere tempo, arriviamo in ritardo alla stazione, perdiamo il treno, perdiamo l’occasione di fare quel colloquio che intanto è stato sostenuto da qualcuno di più brillante arrivato al momento giusto ed un pezzo della nostra vita presente, e quindi futura, sarà cambiata. E l’avrà influenzata lo sconosciuto sbagliato a cui abbiamo chiesto l’informazione per strada.
Che va bene, si, la sto facendo forse più drammatica del dovuto però il senso lo avete compreso, no?
E non è così sbagliato come concetto, no?

È che ultimamente scrivo poco ma penso tanto. E mi sono resa conto che penso ad un tema ricorrente, che è quello della casualità e del destino, appunto.
Non faccio altro che ripetermi la stessa cosa, che poi è quello che ho scritto in questo post. Ed in molti di quelli precedenti, a ben guardare.
Non è che stia cercando di auto-convincermi. È che sono più che mai, ora, affascinata da questa idea dei mille pezzi di puzzle degli altri che si incastrano ai nostri.
Forse perché negli ultimi tempi, grazie al lavoro, la mia strada ha incrociato quella di tante persone diverse, a volte per percorsi abbastanza lunghi, altre per pezzi irrisori. Quindi più di una volta mi sono trovata a chiedermi, come ha fatto Tiziano, cosa gli altri di me hanno preso ed a me di loro cos’è rimasto.
Le risposte che mi sono data sono state a tratti soddisfacenti, a tratti tristi, a tratti tali da regalarmi un bel sorriso, una bella consolazione.
Perché è proprio vero che, alla fin, fine, nella vita non si perde davvero mai. Si impara e basta.

Io a volte mi sono divertita di più a non imparare mai, altre non ho potuto fare a meno. Altre ancora non ci ho nemmeno pensato ed ho lasciato che tutto si fondesse, si accartocciasse su sé stesso e sfumasse gradualmente fino a sparire per sempre. Per poi magari ricomparire furiosamente quando meno me lo aspettavo, ma questa è un’altra storia. È quasi sempre un’altra storia.

Però sono viva, piena di sbagli e di cose giuste, ma sono viva. E questa è la cosa più importante. La sensazione più importante.

Buona giornata, a chi non è come neve...

mercoledì 6 novembre 2019

Di un libro nuovo

Qualche domenica fa ho fatto una cosa stupenda che non facevo da tempo. Ho letto. Ho letto un libro tutto d’un fiato. E mi è piaciuto. Mi è piaciuto averlo letto e quello che ho letto. E quello che ho letto, tra l’altro, piacerebbe (e piace) anche a Franco, per dire.
In una di quelle pagine si parlava della paura. E del vetro.
Che forse vi starate chiedendo cosa c’entrano l’una con l’altro ma fidatevi, c’è del genio in questo binomio. Un genio che avrei voluto avere io, ma questa è sempre un’altra storia.
Comunque, molto semplicemente.

Se tu hai paura, se tu hai una paura, inconsciamente (in realtà nemmeno tanto) stai rinunciando a qualcosa. Alla cosa di cui hai paura, appunto. E se tu hai paura, se tu hai una paura, quella cosa cerchi di evitarla in tutti i modi. La tieni lontana, forse fingi di disprezzarla, addirittura.
E però c’è il fatto che siamo esseri umani ed in quanto tali spesso siamo attirati, un po’ per autolesionismo, un po’ senza un altro motivo abbastanza affascinante dall’essere scritto dalla sottoscritta, dalle cose che non vogliamo o che non vogliamo volere.
È lo stesso concetto per cui vogliamo -o non vogliamo volerlo- guardare gli horror, gli splatter; lo stesso concetto per cui, quando c’è un incidente per strada, siamo spaventati, speriamo che nessuno si sia fatto male ma una piccola parte di noi, nascosta bene, bene, ci costringe a cercare una eventuale macchia di sangue, un corpo sull’asfalto. Non è che vogliamo davvero vederlo, non desideriamo che qualcuno ci sia davvero, sull’asfalto, ma perché allora ci giriamo in quella direzione?
E proprio qui entra in gioco il vetro, quello che in teoria non dovrebbe c’entrare nulla con la paura.

Perché se tu hai paura, se tu hai una paura, inconsciamente stai rinunciando a qualcosa, la stai allontanando. Ma se tu potessi mettere un vetro tra te e la cosa di cui hai paura, la potresti osservare (perché, in nome di quell’autolesionismo e di quel motivo non abbastanza affascinante dall’essere scritto dalla sottoscritta, ti verrebbe la voglia di guardare lo stesso) senza però rischiare nulla, con calma, dedicandoti ad ogni suo piccolo particolare.
Lo stesso concetto che ci spinge (non a me, che non approvo questo genere di costrizione) allo zoo a vedere i leoni; ne abbiamo tutti paura ma che importa se tra noi e loro c’è un vetro? Guardiamo, ci siamo così vicini, per un po’ forse riusciamo anche a metterla da parte, la nostra paura…ma la verità, la triste verità, quella che rovina un po’ la magia che mi ero creata, è che quando il vetro scompare la nostra paura rimane, invece, là dov’era. Esattamente là dov’era.

E poi, la scorsa mattina, ho tagliato corto decidendo che la paura non esiste. Non solo perché mi fido di Tiziano. Non esiste la paura, esiste solo la disabitudine.
Non è che avessi paura di vivere in una città nuova, grande, piena di persone e di strade da sbagliare e di mezzi da aspettare; ero solo non abituata a vivere questo tipo di realtà.
Non è che avessi paura di perdermi, è che non ero abituata a lasciare che accadesse.
E tutte le -non- paure che ancora ho sono solo abitudini che non mi sono decisa a fare mie, almeno per ora.
Che questo è un pensiero che mi solleva, mi alleggerisce, ma non troppo ché un po’ di disabitudine a metterti dei confini un po’ serve, eh. Mica poi c’è bisogno di andare a conquistare il mondo.

O si?

Una buona giornata, a chi non è come neve…

lunedì 30 settembre 2019

...But I'm sure that wasn't all...

C'era una ragazza bellissima sul treno.
Era bellissima la sua espressione.
Era triste. Disarmante. La sua tristezza era disarmante.

L'ho fissata a lungo, guardando il suo viso riflesso sul finestrino della porta.
Gli angoli della bocca piegati in giù, le cuffie fisse alle orecchie.
L'aria di chi non ha un vero motivo per essere triste ma lo è e basta.
Ho guardato i suoi occhi, tristi anche quelli ma non da persona triste, ricoperti di quel velo trasparente di voglia di piangere mista alla forza per non farlo.

Aveva l'espressione, si. L'espressione.
Di chi in un altro momento sarebbe voluto essere ovunque meno che in quel posto ma che in quel momento era al posto giusto.
Di chi sta facendo un gran casino con la propria vita eppure non riesce a smettere, non riesce a rimettersi sulla propria strada. O non vuole.
Di chi sta perfettamente in equilibrio ma proprio per questo sente di star precipitando giù.
Di chi ha appena ricevuto un pugno nello stomaco, uno di quelli che ti dà una sensazione terribile di caldo e freddo, di brivido, proprio là, piantato in un posto dentro che non sai nemmeno tu.
Di chi si sta chiedendo da dove venga quella tristezza. Se da un posto sconosciuto, lontano, dall'altra parte del mondo o se invece è sempre stata là, proprio dietro l'angolo, proprio in quella strada che ogni mattina i suoi piedi percorrono a memoria.

Si guardava riflessa anche lei, con l'aria di chi sta dicendo nella propria mente "questa tristezza oggi addosso mi sta proprio bene".
Chissà se si era vestita così, stamattina. Se era uscita di casa con una giacca in mano e con quella piega malinconica sul volto. O se ieri sera ha aperto l'armadio e si è detta "uhm, si, domani metto il mio pantalone preferito ed anche un po' di tristezza addosso" ed ha poggiato il primo sulla sedia e la seconda accanto al cuscino, per non scordarsene al risveglio.
Si guardava riflessa anche lei, con l'aria di chi sta pensando "io da qui me ne voglio andare" ma con ficcata dentro la voglia di restare e la domanda "perché?".
Non si è concessa tregua per tutto il tragitto. Non ha dato tregua alla sua espressione tremendamente bella nemmeno quando incontrava occhi distratti.
Ed invece di fuggire gli sguardi dei passanti per non rischiare di essere derubata della propria magia -perché c'era del magico nella sua tristezza- li sfidava tutti, uno ad uno, tuffandosi nella loro distrazione, nella loro noncuranza.

Si tuffava dentro le loro vite per un tempo brevissimo lasciando che loro si tuffassero nella sua, giusto il tempo di rimanere quasi senza fiato e tornare su a riprenderlo.
Si tuffava dentro le loro vite tenendosi stretta la propria.

Quell'espressione bellissima l'avrei voluta avere su di me, nascosta tra i miei capelli lunghi e mossi, sulla mia pelle bianca, sui miei occhi accesi, tra le mie mani, le mie dita, le mie labbra.
Invece l'ho lasciata a lei. Nascosta tra i suoi capelli lunghi e mossi, sulla sua pelle bianca, sui suoi occhi accesi, tra le sue mani, le sue dita, le sue labbra.
Avremmo potuto scambiarcele per un attimo, ed invece.

Invece siamo scese dal treno, lei con la sua bellissima espressione ed io con la mia.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

domenica 15 settembre 2019

Ma non sono com'ero

Nel 2011 stavo per compiere 18 anni. Ed ero a due passi dal blog, se volessimo misurare ciascun passo con un anno.
"18 anni" per tutti è stato sinonimo di diverse cose ben specifiche: diploma di maturità, patente, lavoro, diritto di voto, università. In una parola sola: adulto.
In realtà per me, tutto questo, è stato vero solo in piccolissima parte, dal momento che ho compiuto gli anni a Novembre ed alcune di queste cose ho dovuto rimandarle all'anno nuovo.

Nel 2011, però, stava succedendo già qualcosa dentro di me, ben più significativo di un numero sulla carta d'identità. E questo è paradossale.
Perché voltandomi indietro vedevo dei passi che avevo compiuto da poco che servivano a costruire qualcosa, mentre guardandomi in avanti mi vedevo distruggere, ribellandomi a qualcosa che avevo lasciato quasi scrivessero concretamente per me.

Non so ben spiegare quel momento preciso della mia vita. Sentivo che qualcosa stava cambiando e che stava crescendo in me quel desiderio di fare la cosa sbagliata solo perché mi andava di farla, per la prima volta nella mia vita.
Ho quindi ceduto, perché con il passare degli anni ho capito che sempre meno sono in grado di contenere i miei sfoghi, particolarmente quando questi riguardano la rabbia o il mio pungiglione velenoso.

Quindi ho fatto quello che desideravo fare e per un certo periodo non mi sono neanche sentita in colpa, perché da un lato pensavo che fosse una giusta strada: volevo stare bene ed in quel modo credevo di riuscirci; dall'altro pensavo che mi fosse anche dovuto, una specie di rivalsa sulle cose che avevo dovuto sopportate. Che avevo voluto sopportare.
Solo in un secondo momento sono arrivati i sensi di colpa. E la paura ed un po' la vergogna.
Perché all'improvviso le persone su cui avevo fatto affidamento erano diventate i miei peggiori nemici. Ed io mi ero sentita così sola, così piccola, così stupida, così sbagliata.
Cercavo in tutti i modi qualcosa che potesse farmi tornare indietro ma il passato non si cancella e non si può men che meno riscrivere. Sono allora tornata a fare la cosa giusta, consapevole però che dentro di me qualcosa si era rotto e che non si sarebbe mai più potuto aggiustare.
Dicono che le cose fatte devono essere guardate sempre all'indietro ed io, facendolo, adesso capisco che non si era rotto niente; avevo solo finalmente liberato quello che mi sarebbe servito per il passo successivo.

Il 2011 è stato l'anno in cui ho cominciato a perdere molte delle mie "amicizie". Quelle che mi sono resa conto sarebbero state solo un numero in più, qualcosa di non sincero.
In realtà ci sarebbe voluto ancora più o meno qualche anno per perderle per sempre, però quello è stato il primo momento in cui davvero ho deciso chi mi sarei portata ancora nella vita e chi avrei abbandonato per strada. Sono passati otto anni (davvero?!così tanti?!) e non mi sono pentita di aver piantato quei semini perché tanto tempo dopo ho raccolto dei frutti sani, belli e giusti.
Quando mi guardo indietro a quel momento non sento più rabbia, risentimento. Non penso a cose del tipo "se solo avessi....se solo non avessi", penso solo che certe cose devono accadere e che c'è sempre una ragione, anche se potremmo arrivarci anche dopo tanti anni, a volte.

Ogni tanto rifletto solo sul fatto che è proprio strano il modo in cui sono arrivata ad ora. Se per esempio non avessi avuto certe paure probabilmente non avrei tagliato i ponti con le persone di cui sopra e sicuramente la mia vita sarebbe migliorata sensibilmente (e non per la presenza di queste fantomatiche amiche, solo per l'abbattimento di quel limite che è la paura) però d'altro canto, come ho ribadito, sarei stata circondata da molti visi assolutamente non sinceri. E quindi penso sia stato un buon prezzo da pagare.

Per combattere quelle stesse paure alla fine c'è sempre tempo, no?



Una buona giornata, a chi non è come neve...

venerdì 16 agosto 2019

All the right moves

Stanotte guardavo la luna. Era altissima, piena ed emanava un bagliore sconvolgente.
La guardavo e mi sono resa conto che non stavo pensando a nulla. Me ne sono resa conto quando ho cominciato a pensare.
Il cielo era sgombro ad eccezione di qualche nuvola scura, che, nel momento in cui io stavo osservando, passava proprio lì davanti a lei. E mi ha sconvolto, per la seconda volta, quello che stavo vedendo. Come se stessi scoprendo solo in quel momento, nella mia vita, quanto sia bello l'universo.

All'opera d'arte che sapienti mani divine hanno plasmato per i nostri occhi. Con i nostri occhi.
Avrei voluto pensare ad altro. Avrei voluto avere altro a cui pensare. Avrei voluto avere delle domande da pormi, perché forse in quel modo avrei trovato le risposte. Avrei voluto avere paure da affrontare, perché forse in quel silenzio avrei trovato il coraggio per farlo. Avrei voluto riconoscere i miei errori, perché forse nel buio avrei trovato la voglia di rimediare.

Invece sono rimasta là, assolutamente immobile, a pensare a come sia perfetta la concezione del mondo per cui, davanti alla luna, possono passeggiare tranquillamente delle nuvole scure su un cielo fatto a strati in cui tutto sembra una cosa sola ed invece ogni cosa è semplicemente sola a sé stessa.
Sono rimasta là, ancora assolutamente immobile, a pensare che questo non può essere un caso. Che quello che ci succede non è un caso. Che ogni passo ci ha portati da qualche parte, ogni sbaglio ad una soluzione, ogni bivio ad una nuova scelta.
E per la terza volta sono rimasta sconvolta all'idea che nella non casualità delle cose che ci accadono continuano ad aggiungersi motivi su motivi che non riusciamo a comprendere se non dopo che tutto è già accaduto.
Che tu prendi -o decidi di non prendere (e però anche quella poi lo diventa)- una scelta ed arrivi dove sei, ti guardi indietro e capisci perché lo hai fatto ma poi continui ad andare fino ad arrivare ad un nuovo bivio e ti volti di nuovo indietro ma stavolta ti rendi conto che è cambiato il tuo futuro ma in qualche modo anche il tuo passato.
Ed è straordinario perché pensiamo sempre che quello che abbiamo fatto ormai non possa trasformarsi ma è un errore perché invece cambia anche quello.
O forse è cambiato solo il modo in cui tu guardi.
Il modo in cui tu ti guardi.

Sto andando avanti. Continuo ad andare avanti.
Sto andando. Continuo ad andare.
Sto. Continuo.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

venerdì 12 luglio 2019

...For love, for hate, for gold and rust, for diamonds and dust...

Chi lo ha detto che una bolla di sapone è vuota?
Chi lo ha detto che una bolla di sapone è invisibile?
Chi lo ha detto che una bolla di sapone mostra tutto quello che si porta dentro?

Definire il mio umore altalenante in questi ultimi tempi è usare un eufemismo.
Sto bene ed allo stesso tempo vorrei tanto iniziare a correre fino a perdere il fiato, fino a che l'ultima riserva di energia non abbandona il mio corpo.
Eppure vorrei anche stare ferma al mio posto. Voglio essere esattamente dove sono.
Una settimana fa ero a lavoro, col mio pc acceso. Ho aperto e chiuso la stessa pagina internet per un paio di volte finché non ho lasciato che mi guidasse il mio istinto ed ho prenotato un pullman di andata ed un treno di ritorno verso casa.
Ho passato più tempo da sola sui mezzi che nella mia città ma l'abbraccio della mia famiglia e dei miei amici è valso tutte quelle ore.

Mi sento me stessa più che mai eppure a volte specchiandomi penso che non dovrei riconoscermi così facilmente.
Sono felice eppure dentro ogni tanto una scossa mi ricorda che la mia natura scalcia e freme nella sua inquietudine.
Pensavo che non mi sarei mai più sentita in questo modo ma se è per questo non pensavo neppure tante cose che ora invece sono inevitabili.
Pensavo di avere più paura, più bisogno, più coraggio, più tutto e più niente.
Vorrei nuotare, vorrei cantare a squarciagola, vorrei ballare sotto una tempesta ma mi accontenterei anche solo di stare con il naso appiccicato alla finestra per guardarla, quella tempesta.
Vorrei dormire tanto, tanto, tanto eppure ogni mattina non vedo l'ora di aprire gli occhi e la notte non vorrei mai che arrivasse il momento di chiuderli.

Chi lo ha detto che l'acqua è trasparente e puoi vederci tutto quello che c'è dentro?
Chi lo ha detto che devi annegarci per forza?

Vorrei che domani piovesse.

E non so nemmeno perché.

Una buona notte, a chi non è come neve...

giovedì 13 giugno 2019

Scritto d'inchiostro nero che

Non tutti i mali vengono per nuocere e questo significa che c'è un lato positivo nel fatto che ieri ed oggi sono stata poco bene, tanto da costringermi a rimanere a casa. Ed il suddetto lato positivo è che sono qui ad aggiornare dopo troppo tempo il mio blog.

Che cosa è successo in queste ultime settimane di così importante da tenermi lontana dallo schermo?
Beh, beh, beh.
In primo luogo, cosa non di poco conto, mi sono ufficiosamente trasferita a Roma. Ufficiosamente perché in realtà ormai stavo passando lo stesso più tempo qui che nella mia città adorata.
E che cosa può aver spinto verso questa scelta se non, ovviamente, il fatto che ho trovato lavoro?

Quando ho fatto il colloquio in questione in realtà non ci speravo molto. Mi ero presentata fiduciosa ma allo stesso tempo un po' bruciata dal fatto che ancora non avessi avuto risposte positive da altre aziende e quando sono stata richiamata credevo fosse per un no. 
Invece, ma ormai ho fatto spoiler, si è trattato di un si.
Ho iniziato super emozionata circa due settimane fa entrando in questo palazzo che dire enorme è dire poco, tanto che ancora ora faccio un po' di confusione con le varie uscite, ma tant'è, lo conoscete ormai il mio inefficiente senso dell'orientamento.
Di quello di cui mi occuperò non sapevo assolutamente nulla, neanche una minima base, ed ancora ora ho praticamente quasi tutto da imparare, ma la mia memoria per fortuna è un buon vantaggio e, soprattutto, le persone che mi stanno seguendo sono tutte super pazienti e disponibilissime.
Credevo di trovarmi in un ambiente formale, dove mi sarei sentita un po' un pesce fuor d'acqua ed invece, nonostante l'importanza del brand per cui lavoro, è un contesto abbastanza piacevole, dove l'unica cosa che vorrei fosse diversa, ma che inevitabilmente lo sarà presto per ovvi motivi, è il mio essere ancora inesperta.

La mia entrata in azienda è avvenuta in solitaria, nel senso che ho iniziato un mese dopo rispetto all'entrata formale di altri ragazzi che, come me, fanno parte di questo percorso di stage. Quindi per me è stato inizialmente un essere catapultata sia dentro una città comunque ancora tutta da scoprire in modo indipendente, sia dentro un lavoro molto diverso da quello che avrei immaginato per me (ma non per questo meno interessante o soddisfacente, a mio avviso), sia dentro un gruppo di amici già consolidato. Eppure piano, piano sto facendo passi in avanti.
Non volevo assolutamente arrendermi, anche se i primi giorni sono stati veramente duri. Però ho pensato che se avessi gettato la spugna in quel momento lo avrei fatto poi anche in altri casi e quindi mi sono sforzata di creare un precedente positivo. Che io con la paura ho questo rapporto di amore ed odio che prima o poi vorrò immortalare sulla mia pelle con un bell'inchiostro nero oppure colorato, chi lo sa.

Fortunatamente in tutto questo, ho sempre e comunque il mio grande supporto che è il mio Rrrromano, il quale cerca di non farmi mancare nulla e di rendermi le cose più semplici possibili (e molto spesso ci riesce pure, quindi che cosa dovrei volere di più?).
Allora spero che tra una settimana vi potrò aggiornare ancora dicendovi che sarò diventata ancora più brava, ancora più a mio agio ed ancora più entusiasta.
E mi auguro anche voi stiate procedendo con le vostre vite in modo superbo, nonostante questo caldo arrivato all'improvviso che scioglie anche l'anima.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

domenica 19 maggio 2019

Italians Do It Better

Ieri ho capito di essere una brutta persona.
Si, lo so, mi conosco da 25 anni ormai ed il dubbio mi sarebbe dovuto venire un po' di tempo fa però ieri ho avuto la conferma di ciò che dico.
I più curiosi si staranno chiedendo che cosa avrò combinato.
Avrò forse rubato le caramelle ad un bambino?
Avrò abbandonato una vecchietta sul ciglio di una strada trafficata senza porgerle il mio aiuto ad attraversare?
Avrò mica soffocato una povera tartaruga con un cappio di plastica irrispettosamente abbandonato in mare?
No. Ho fatto di peggio.
Ho assistito agli Eurovision.
E li ho commentati.

Ora, probabilmente avrete sentito già almeno parlare di questo evento ma a scanso di equivoci una piccola spiegazione di ciò di cui sto per scrivere: molto semplicemente si tratta di un contest musicale a cui partecipano 26 paesi rappresentati da altrettanti artisti che hanno, dunque, l'arduo compito di tenere alta la propria bandiera. Tra i 26, ovviamente, non poteva mancare la nostra bella Italia per la quale di anno in anno, generalmente, gareggia il vincitore di Sanremo e che quindi, quest'anno, si è unita al coro di "volevi solo soldi, soldi", con tanto di clap-clap di contorno.
Personalmente non avevo mai seguito l'evento, tanto meno in diretta, ma quest'anno mi sono lasciata convincere da una vocina partita direttamente dalla mia anima e ho sintonizzato sullo spettacolo; spettacolo che mi ha effettivamente favorevolmente colpita. Tra i tanti aspetti positivi vi è stata, anzitutto, una cosa fondamentale per una persona impaziente come la sottoscritta: la rapidità. Alle 23 circa si erano esibiti tutti i cantanti, senza che di mezzo ci fossero scenette comiche demenziali come siamo abituati in programmi simili.
A parte questo, il contest musicale si contraddistingue per la diversità delle voci, degli stili, perfino delle scenografie perché ogni paese cura la propria. 
Un momento bellissimo in cui sventolano tutte insieme bandire dai colori diversi; in cui l'islandese intona la canzone macedone o il russo balla al ritmo spagnolo; in cui vengono lanciati messaggi profondissimi o semplicemente "nanana" che ricanticchieremo sbadatamente sotto la doccia.
Un arcobaleno in cui si riconosce l'umanità, non la razza, ed in cui tutti parlano solo una lingua composta da sette note musicali.
Tutti uguali, tutti fratelli.

Tutti uguali, tutti fratelli. Si. Finché non arriva il momento del tele-voto.

È stato in quel secondo là, in quell'istante preciso in cui i presentatori hanno cominciato a sciorinare i punteggi che ho capito di essere una brutta persona.
La classifica in pratica si forma attraverso due momenti principali. Nel primo i giudici di 41 paesi (tra cui anche quelli partecipanti che, quindi, si votano a vicenda) assegnano un voto da zero a 12 ai partecipanti.
Tutto molto bello, tutto emozionante...solo che il patriottismo che è in me ha preso il posto del buonsenso e degli arcobaleni ed ho quindi cominciato ad inveire pesantemente contro i paesi che non ci assegnavano il massimo.
Voglio dire, tutti conoscono la rivalità che separa gli Italiani dai Sammarinesi e proprio quest'anno che, incredibilmente, quest'ultimi ci hanno assegnato i 12 punti, i nostri vicini Albanesi e Romeni ci hanno bidonato. Ma con tutti i laureati che vi mandiamo, porca miseria, con tutti i vostri connazionali che ospitiamo qui da noi, ci tradite così?
Tra una riflessione ed una imprecazione, comunque, si arriva alla classifica parziale. Siamo quarti, Mahmood è tranquillo ed io invece inondo di messaggi il Rrrromano (che nel frattempo si è sintonizzato anche lui per disperazione) per esprimere il mio disappunto sui comportamenti dei vari giudici sparsi all around the world. 
Arriva lo step finale, in cui i punti già presi vengono sommati ad altri assegnati (secondo un criterio che non mi è dato sapere) in base al livello di successo ottenuto al tele-voto. 

Un vero e proprio momento tensivo in cui si parte dall'ultimo in classifica fino ai piani alti. Arriva il momento dell'Italia, dal quarto posto schizziamo incredibilmente al primo con uno stacco non indifferente dagli altri. Ci siamo, ci hanno votato, ci sto credendo, ci stiamo credendo, Mahmood inquadrato alla tv sembra non sentire la tensione mentre io se potessi urlerei le peggiori cose nel cuore della notte ma poi rischierei di vedere mio padre scendere incacchiato quindi mi trattengo. 
È il momento di capire se possiamo farcela, se rimaniamo saldi dove siamo e quindi...e quindi... E  quindi niente, ci superano i Paesi Bassi che, per farla breve, vincono con una canzone carina ma che a mio avviso non era ai livelli, se non altro per innovazione, a quella della nostra nazione. 
I miei sogni si infrangono, mi si affloscia la bandiera tricolore che stava volando con orgoglio nel mio cuore e la tv si spegne insieme ai nostri sogni di gloria. 

Che cosa è rimasto dopo questa vittoria il cui profumo è stato sotto i nostri nasi per un secondo e che poi si è allontanata lentamente come un miraggio?
Un buon secondo posto che, negli ultimi anni, è stato comunque il posizionamento migliore.
L'orgoglio di sapere che, dall'estero (perché dalla propria nazione non si poteva votare il proprio rappresentante, ergo per esempio gli Italiani dall'Italia non potevano votare Mahmood) abbiamo ricevuto comunque tantissimi voti.
L'emozione di scoprire, dai video dal pubblico trasmessi sui vari canali social, che durante la nostra esibizione tutti erano completamente coinvolti nonostante il cantautore abbia deciso di lasciare la canzone nella nostra lingua madre mentre in molti hanno scelto comunque l'Inglese.
La gloria di aver ottenuto, proprio grazie al vincitore di Sanremo così tanto bistrattato, per la prima volta nella storia degli Eurovision il premio come miglior composizione.

E però anche un po' di rancore per i paesi che non ci hanno dato i 12 punti. Ma tranquilli, niente di serio, nulla di personale. Siete solo depennati ufficialmente dalla lista delle mete turistiche per i prossimi mille anni :-P

Una buona serata, a chi non è come neve...

sabato 11 maggio 2019

Got something magic

Se c'è una cosa per cui io ed i miei amici siamo famosi è sicuramente la nostra incapacità di organizzare degli incontri tutti insieme.
Eppure, udite tutti, qualche settimana fa il miracolo è avvenuto!
Prima di andare avanti è bene che sappiate che io ed i miei amici siamo un miscuglio di esseri umani del tutto diversi l'uno dall'altro, legati solo dallo stesso senso dell'umorismo becero e dalla stessa capacità di ridere per cose che altri troverebbero disgustose.

Il gruppo di amici in questione è insolitamente (per la mia asocialità, intendo) numeroso ed è composto da me e Maurizio. Fine.
No, scherzo (eccolo, l'umorismo becero di cui sopra).
Ovviamente si, ci siamo io e Maurizio, il quale non ha bisogno di presentazioni ma solo di sassate perché ormai non scrive più.
Poi c'è mia sorella, la più piccola, che come nome in codice avrà il nick Boccolo (non è quella incinta, ndr)
Lei la dovreste già conoscere perché ho scritto spesso di lei, per esempio dentro un post per il suo compleanno. Comunque per rinfrescarvi la memoria lei è la mattacchiona del gruppo, quella che mangia H24 ed ha sempre fame, che scova foto di gente improbabile (tra poco capirete) e che impazzisce per i cani.
I componenti n° 4 e 5 sono una coppia di sposi ed in particolare lei, che chiameremo Stozza per motivi che non sto qui a spiegare, è nostra amica da anni ormai e lui, ovviamente, è entrato di conseguenza di diritto nel nostro team. Lui lo possiamo chiamare tranquillamente Mio.
Mio è molto paziente perché deve sopportare che io e Boccolo mandiamo sempre foto a caso di uomini e donne dall'aspetto un po' caratteristico additandoli come ex storici di Stozza. Non so per quale motivo quest'ultima è diventata il centro del nostro interesse però ormai è così e lo accetta di buon grado (non è che avrebbe altra scelta, dato che abbiamo tantissime foto imbarazzanti che la ritraggono).
E poi c'è una new entry inaspettata risalente ormai a tre mesi fa che riguarda il soprannominato Figghiolu.
Lui è letteralmente lo chef del gruppo, con grande gioia di tutti gli altri componenti, ed ha in comune con Boccolo la grandissima passione per i cani. Lui è un tipo da Labrador, mentre noi siamo più da Pastori Tedeschi, però ci amalgamiamo bene. Anche perché il suo Zeus è super addestrato, più di Stozza, mentre i nostri sono dei criminali che sradicano le piante di mamma e rubano scarpe. Ma chi siamo noi per giudicare?
Figghiolu, proprio grazie alla sua passione, è riuscito a coinvolgerci in momenti bellissimi (in realtà la sottoscritta è stata poco presente a causa degli spostamenti frequenti a Roma) coi cani perché grazie al suo cucciolone regala regolarmente sorrisi ai bambini autistici che, proprio grazie agli amici a quattro zampe, trovano un modo per vivere magari momenti tutti nuovi e solo positivi.

In realtà il gruppo conta anche un'altra persona e la relativa bimba, ossia la sorella gemella di Stozza,  Tina, anche lei ovviamente nostra amica da anni, però lei è come una figura mitologica perché perlopiù scompare per settimane intere e non si fa né sentire, né vedere. Le vogliamo bene lo stesso.

Comunque dicevo, dopo questa breve introduzione dal retrogusto dolce-amaro, che incredibilmente siamo riusciti a vederci in una settimana più di quanto non abbiamo fatto negli ultimi tre mesi. Ed abbiamo riso tantissimo, insieme.
Per esempio, abbiamo fatto una mega cena offerta (in tutti i sensi) dal generoso Figghiolu il quale, come tocco finale, ha anche preparato il cuore caldo, (uno dei dolci più buoni di sempre).
Abbiamo passato ore al bar con Zeus che cercava di rubare il cibo di Boccolo e quest'ultima gli ringhiava ovviamente contro perché il suo cibo non si tocca; fatto (non) lunghe passeggiate sul lungomare cercando di lanciare Stozza invece del gioco del cane da riporto; partecipato ad eventi con cani super educati ed i miei nipotini che, più che portarli al guinzaglio, si facevano portare a loro volta dagli stessi.

Insomma, le solite cose che si fanno con gli amici, no? Che poi, anche se non ci vediamo spesso, praticamente viviamo scrivendoci dalla mattina prestissimo fino a notte fonda...e, credetemi, vorrei tantissimo accompagnare questo post con degli screen delle nostre conversazioni ma non sono riuscita a trovare nessuna parte in cui non ci fossero dentro cose strane (es. parole in dialetto indecifrabile, parolacce, offese a Stozza, pettegolezzi, foto inquietanti, botta e risposta con audio lunghissimi).
E non so perché mi è venuto da fare questo post su di loro; forse perché raramente scrivo di cose del genere o forse perché sono molto felice di aver trovato questo gruppo di stramboidi che, però, si sta dimostrando prontissimo a sostenersi anche per piccole cose quotidiane.
O forse per ricordare che le cose belle succedono e non devono per forza essere eclatanti, basta una risata strappata grazie ad una chat strampalata.

E voi li avete amici del genere? E se si, in quale manicomio li avete pescati?

Una buona giornata, a chi non è come neve...

domenica 28 aprile 2019

With you I can feel again

Chiamatelo destino. Chiamatelo karma, Dio, coincidenza, caso. Chiamatelo come meglio credete.
Quel momento in cui il bianco si congiunge col nero, la notte con il giorno, il bello con il brutto, la vita con la morte.
Non è iniziato nel migliore dei modi quest’anno per me o per la mia famiglia, per la ragione che dovreste ricordare.
È stato un duro colpo per tutti noi perdere una persona che ci accompagnava praticamente da sempre anche se certe cose sono inevitabili, dettate da tutte le leggi che regolano questo Universo. È che semplicemente quando tocca proprio a noi ce ne sorprendiamo come se fosse una cosa impossibile.
Ed è qui che entra in gioco il destino, o il karma, o Dio, o la coincidenza o il caso.
Proprio in quei momenti lì, in quegli esatti giorni, il nero si è congiunto col bianco, il giorno con la notte, il brutto con il bello e la morte con la vita.
Perché esattamente mentre un cuore smetteva di battere uno nuovo aveva già iniziato a prendere forma.


Stavo facendo un incubo terribile quella notte, terribile, da cui mi sono svegliata col cuore a mille e la schiena sudata. Sognavo che a mio padre stava per succedere qualcosa di brutto e, appena sveglia, noto con paura che il mio telefono segnala delle chiamate perse da una delle mie sorelle. Apro la connessione e, con la mente ancora annebbiata, scorgo sulla nostra chat più di cento messaggi. Non so cosa aspettarmi e comincio a scorrere senza leggere alla ricerca non so nemmeno io di cosa.
E poi all'improvviso, senza che nessuno potesse immaginarlo, eccola proprio là: tra le mille parole delle mie sorelle fa capolino l’immagine di un nuovo cuoricino, immortalato nero su bianco su un foglio traslucido che è la sua prima ecografia.
Chiedo come sia possibile che la futura mamma se ne sia accorta solo in quel momento scoprendo che, in realtà, è già quasi a metà della gravidanza lasciando poi che le domande si sostituiscano alla gioia ed all'emozione di diventare per la quarta volta zia.
Ed in quel momento in cui, per fortuna, l’incubo che avevo fatto quella notte è ormai un lontano ricordo mi viene in mente un altro sogno, fatto qualche settimana prima. Un sogno in cui, incredibilmente, c’era proprio quella mia sorella a cui dicevo che era incinta e lei mi rispondeva che non era possibile che lo fosse e chiedeva se si vedesse il pancione alle altre sorelle ed io invece insistevo nel dirle che stava aspettando una bimba (in realtà devo essere sincera, non mi ricordo se dicevo esattamente anche il sesso, ma giurerei di si).


Da quel momento in poi è stato tutto un susseguirsi di preparativi ed acquisti e riunioni per la scelta del nome una volta avuta la conferma che si tratterà di una Fagiolina (praticamente ormai l’abbiamo battezzata così). E poi ancora gare a chi la sente scalciare di più, a chi le farà i regali più belli, ricerche per capire quali sono gli alimenti migliori per mantenere sotto controllo questo o quel valore, discussioni con la (ancora per poco) più piccola dei miei nipotini per decidere se accetterà questa nascita con serenità o con un pizzico di gelosia (siamo passati dal “deve stare chiusa nello studio o in ufficio con sua mamma, a casa con nonna solo io” al “avrò una cuginetta tutta mia. Però deve fare tutto quello che dico io perché io sono più grande”).
Insomma, giornate piene di tutto quello che un futuro pargolo porta con sé.
Ed ora vi ho anche svelato il mistero che aleggiava sul famoso post che tardavo a pubblicare, sperando di non aver disilluso le aspettative. Perché certo, per voi magari sarebbe stato più emozionante scoprire altro ma per una zia (direi ormai anche una zia esperta) ogni fiocco, azzurro o rosa che sia, è un dono bellissimo dal cielo. Soprattutto in certi momenti.

We are waiting for you, Karol Maria ❤❤

Una buona giornata, a chi non è come neve…

sabato 13 aprile 2019

Fine primo capitolo

Cos'è successo fino ad ora?
Un sacco di cose. O meglio, poche che però hanno portato ad un fiume di tante altre, tutte interessanti. Però una, che è sempre la stessa, la voglio tenere ancora un po' per me perché merita un momento speciale. Sono sicura che mi darete ragione.

Passiamo invece alla seconda che è stata tanto imprevista, quanto piacevole.
All'ultimo anno di Università, come forse qualcuno di voi saprà, sono previsti i famosi esami a scelta, ossia lo studente ha la possibilità di andare a frugare dentro una lista di corsi pre-selezionati e scegliere autonomamente, per un tot di crediti, cosa seguire ed inserire nel proprio piano di studi. Come potete immaginare molti dei miei colleghi hanno utilizzato come fattore discriminante il "questa è un 30 e lode sicuro, presa!". Io, che penso di aver colto meglio il senso del prendere una laurea, avevo invece scelto una materia particolare, di un percorso di studi diverso dal mio, che infatti si scostava molto da quello che fino ad ora avevo studiato ma che, proprio per questo, mi affascinava. A lezione eravamo pochissimi, e questo all'inizio mi aveva anche un po' fatto fare due domande, soprattutto quando scoprii che il libro su cui studiare era praticamente un mattone di 600 pagine. Dopo aver sostenuto (brillantemente, dai, lasciatemelo dire) l'esame, invece, ero contentissima della scelta che avevo fatto. Avevo avuto la possibilità di inserire tra le mie conoscenze qualcosa di diverso, che mi aveva arricchito.
Dopo essermi laureata, ho cercato anche qualche sbocco lavorativo che avesse a che fare proprio con quegli argomenti ma la cosa sembrava molto difficile.
Finché un bel giorno, casualmente, mi imbatto nell'annuncio di una società che offriva un corso di formazione breve ma molto, molto intenso proprio incentrato su quello che stavo cercando.
Non era certo un'offerta di lavoro vera e propria ma la cosa non mi ha decisamente turbata, anzi.

Partecipo al colloquio conoscitivo e con grande felicità dopo qualche giorno vengo ricontattata con tutti i dettagli del caso perché ero stata selezionata. Grande gioia, grande emozione e grande entusiasmo che non si è smorzato neanche quando mi sono resa conto che la sede (qui a Roma) non era per niente facile da raggiungere, anzi. 
Il corso in sostanza era full time, quindi 9/18, con pausa pranzo, per quasi due settimane. Peccato che per arrivarci ho dovuto usare tre mezzi (di cui uno maledetto, ma lo state per scoprire) e quindi svegliarmi la mattina prestissimo per rincasare quasi all'ora di cena. Ma ripeto, nonostante alcuni giorni fosse durissima reggere il sonno (perché la prima notte, per esempio, ho dormito letteralmente solo un paio di ore nonostante fossi abbastanza tranquilla) non mi sono scoraggiata, anzi.
Mi sono ritrovata in un'aula con inizialmente otto persone (una costretta ad abbandonare per cause di forza maggiore dopo i primi giorni), di cui due, a sorpresa, miei conterranei, più il docente, che in realtà non credo (anzi, ne sono quasi certa) sia un vero e proprio prof ma sicuramente un esperto nel campo su cui ci ha formati in questi giorni.
Ovviamente non sto a tediarvi con i dettagli tecnici del corso, vi parlerò invece delle cose di contorno che, in realtà, non sono state poi così secondarie.

Innanzitutto, nonostante gli altri miei sei colleghi fossero per me, almeno inizialmente, sostanzialmente degli sconosciuti, è stato molto piacevole condividere questo tempo insieme a loro. Devo dire che li ho trovati tutti molto simpatici, alla mano e socievoli. Soprattutto, com'è normale che sia, gli ultimi giorni ho riso tantissimo con alcuni di loro in particolare e ho pensato sinceramente che quel corso fosse stato bello anche per merito loro.
Per esempio, io, un ragazzo ed una ragazza ci siamo ritrovati a dover prendere lo stesso autobus, quello maledetto, per raggiungere la stazione ed abbiamo condiviso, appunto, ore ad aspettare al gelo il mezzo in questione che, non abbiamo ancora capito perché, si ostinava a non arrivare puntuale. Anzi, letteralmente ha saltato corse su corse grazie alle quali abbiamo dovuto tardare quasi sempre il rientro a casa. Però, mi ripeto, le risate sono valse l'attesa.

E poi c'è stato il "docente" in questione, come accennato.
Ovviamente buona parte delle giornate è trascorsa parlando di nozioni, di strumenti tecnici ecc, però, soprattutto l'ultimo giorno, è riuscito ad integrare l'argomento trattato (che è molto, molto "formale") con argomenti che non credo vi aspettereste di sentire (perché non ce lo aspettavamo neanche noi).
Abbiamo cominciato a parlare di linguaggio del corpo, di tarocchi, di cristalli.
Che dicendolo così probabilmente vi starò facendo pensare a "bel corso ha seguito questa, se andava a guardarsi un film di Harry Potter faceva meglio" ed invece vi posso assicurare che è stato tutto molto serio e coerente, non fuori luogo.
Anche l'ambiente in cui ci siamo ritrovati, tanto all'interno della società nel suo complesso quanto nell'ambito della nostra aula, è stato piacevolissimo. Tutti molto professionali eppure in grado di mettere le persone prima della figura che stavano ricoprendo. Simpatici senza essere dei buffoni, alla mano nonostante magari la grande esperienza nel ruolo di appartenenza. E questa non è stata solo una mia impressione. Ed appunto, in particolar modo il nostro formatore, chiamiamolo così, si è dimostrato fin da subito una persona in grado di mettere tutti a proprio agio. Che non ci ha mai fatto sentire stupidi anche quando è capitato di dare risposte che non stavano né in cielo, né in terra. Che ci ha permesso di sentirci tutti in grado di dire la nostra senza timore di essere giudicati.
Ecco, questo mi ha colpito; credo che ognuno di noi si sia sentito non giudicato e, al contempo, si è permesso di non dover giudicare gli altri intorno a sua volta.

A seguito di questa esperienza (che per la cronaca è terminata proprio ieri) c'è stato comunicato che parteciperemo ad un altro incontro di cui ancora non conosciamo tutti i dettagli e ciò ha contribuito a rafforzare ancora di più la nostra visione positiva verso la società che ci ha ospitati e le persone che abbiamo conosciuto.
Non so se tutto questo potrà portarmi ad un contratto stabile di lavoro però posso dirvi di cuore che sono state due settimane sfiancanti ma gratificanti sotto ogni punto di vista e questo ha superato qualsiasi aspettativa (poi certo, se va bene anche sotto quell'aspetto mica dico "no, grazie" :-D).

Ecco, quindi, che fine avevo fatto nel caso ve lo steste chiedendo.
Fatemi sapere se anche voi avete mai conosciuto persone così in contesti del genere, nel frattempo vi ringrazio di avermi letta fino a qui e passerò ad aggiornarmi presto su di voi.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

PS. il penultimo giorno il nostro formatore, mentre spiegava, mi indica all'improvviso e mi chiede "tu hai un blog, vero?". Sono stata colta alla sprovvista e sono arrossita come un peperone :-D

martedì 19 marzo 2019

Ti dedicai quasi una vita

Qualche tempo fa si parlava del fatto che mettere al mondo un figlio sia un gesto egoista. Da una parte è vero; decidere per un altro esserino quando nascere, in che famiglia darlo alla luce, la condizione economica (almeno iniziale) in cui vivere...
Però dall'altra parte ogni volta che vedo un genitore col proprio figlio non posso non notare l'altruismo che circonda le due figure. 
Per esempio, ero ad una festa di paese nella città accanto alla mia questa estate ed era ovviamente pieno di famiglie, di bambini accompagnati da mamma e papà. Allora ognuno di questi, non uno più dell'altro, faceva un po' di tutto per accontentare i propri pargoli più o meno cresciutelli di età. 

Piccoli gesti, nulla di eclatante, ma che mi hanno fatto un bell'effetto. Il papà che lasciava scegliere il palloncino preferito alla propria bambina aspettando con la banconota in mano; la mamma che, mano nella mano con il piccolo, si assicurava della scelta fatta "Sicuro? Ti piace di più quello? Sei contento?"; andare al supermercato e comprare, in mezzo alla pasta, l'acqua, il formaggio, l'ovetto Kinder perché è una sorpresa in più, un sorriso in più una volta tornati a casa; che non è nulla di dovuto, è proprio semplicemente qualcosa di voluto.

E quante volte, allo stesso modo, ho visto dei bambini altrettanto generosi?
L'altro giorno ero a tavola ed avevo fatto i tramezzini con la salsa tonnata. La mia nipotina, seduta al mio fianco, non li aveva mai assaggiati (così diceva) ed insisteva nel dire che non le piacevano. Ho cercato di convincerla perché secondo me erano buonissimi e così alla fine ha ceduto. Si è presa un pezzettino ed ha detto che le piaceva, me ne ha chiesto un altro piccolo e mi si è sciolto il cuoricino quando lei ha preso il suddetto quadratino, che era l'ultimo, e lo ha diviso in due per cederlo a me. È stato un gesto assolutamente naturale, neanche mi guardava mentre lo faceva, come se si fosse resa neanche conto che in realtà stava facendo qualcosa che non era dovuto necessariamente.
Mi fa altrettanto tenerezza nei momenti in cui ha le sue patatine preferite in mano, che io invece detesto perché speziate, ed insiste (stavolta lei) perché io le assaggi "zia sono bone, assaggia, assaggia".
Credo che, riflettendoci a fondo, fa abbastanza bene al cuore la semplicità di questo gesto; vuole condividere con me una cosa che ama ed insiste nonostante, qualora io accettassi, significherebbe privarsi lei di un cibo che le piace tanto sgranocchiare.

È che magari è vero che mettere al mondo dei figli è anche una scelta egoistica, però sommando tante piccole cose credo che col tempo questa scelta si ripaghi con almeno altrettanto altruismo.
Per esempio quando poi si esce presto al mattino e si torna a casa tardi la sera per guadagnare abbastanza da sostenere la famiglia. O quando si fanno un po' più di sacrifici per realizzare quel piccolo sogno nel cassetto del pupetto di turno o per pagargli gli studi.
O quando alla stazione dei treni, vedo i genitori trattenere le lacrime salutando i figli, anche se ormai grandi, per dare loro la forza e la sicurezza di star facendo la scelta giusta per il proprio futuro. O quando poi ogni sera li chiamano per sapere come stanno e chiedono loro se hanno bisogno di qualcosa in particolare, perché nel caso “non ti devi preoccupare, devi solo dirmelo eh”.

O come quando una volta dissi scherzando a papà “ma tu ci pensi che, dato che alla fine ci hai mantenute tutte e cinque facendoci fare una vita abbastanza agiata, se invece non ci fossimo state praticamente saresti stato ricco?” e lui rispose tranquillamente “veramente quello che ho fatto, l’ho fatto per voi, se fossi stato solo mica ci sarei arrivato”.

Buona festa del papà ai papà non egoisti. A quelli che non lo sono ancora ma lo sono già. A quelli che lo stanno per diventare, a quelli che lo stanno sognando, a quelli che non ci sono più ed a quelli che hanno voluto esserci lo stesso.
Ed ovviamente soprattutto buona festa del papà al mio che mi ha dato il nome, mi ha dato il cognome, mi ha dato il bel caratterino che mi ritrovo e soprattutto il nasino elegante* che sfoggio felice.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

*ironica 


martedì 12 marzo 2019

...Achilles and his gold, Hercules and his gifts, Spiderman's control and Batman with his fists...

Io ho due super poteri. Il primo è quello di riconoscere i sapore dei cibi anche senza averli mai assaggiati. Il secondo è scovare i sosia delle persone sparse per il mondo.
Data l'utilità della cosa, vi parlerò del secondo dei miei doni.

Dovete sapere che questa mia dote purtroppo non è apprezzata dal mio fidanzato, il quale ha sempre da ridire. Ma non è colpa mia se ho un occhio felino e lui assolutamente no.
Durante questi anni ho trovato un sacco di copia-incolla umani. Tanto tra i vip quanto tra i comuni mortali.
Un giorno aspettavo insieme alla mia coinquilina dell'epoca (come sembro vecchia) il bus per il centro commerciale e lì, proprio sotto ai nostri occhi, chi compare improvvisamente?
Lui! Il sosia di Leonard di The Big Bang Theory (se non sapete di cosa sto parlando VERGOGNA!).
Sono scoppiata a ridere ed ho subito indicato alla mia amica l'ignaro ragazzo che, credetemi, era identico all'attore televisivo. Non mi sembrava il caso di rubargli una foto, sono contraria a queste cose, (ma un po' avrei voluto perché altrimenti è difficile credermi) quindi dovrete fidarvi sulla parola.
Se invece volete un paragone fresco, fresco di verifica potete Googlare Ryan Tedder (il cantante dei One Republic, ndr) che è il fratello gemello dell'attore Giovanni Ribisi.
La prima volta che me ne sono resa conto ero su un treno per Roma insieme al mio fidanzato; io entusiasta gli ho fatto notare la somiglianza ma lui, invidioso come sempre, ha cominciato a dire che non era vero e che ero cieca. Eppure usando il mio fedelissimo motore di ricerca ho dato conferma di non essere l'unica ad averlo notato; risultato: il perdente ha dovuto ammettere la propria incapacità di stare al passo con il mio super-potere.
Tra l'altro il mio prezioso dono si sta affinando sempre di più e sta contagiando anche le mie orecchie; recentemente ho fatto notare al Rrrrromano che una persona che conosce ha la stessa, identica voce di Flavio Insinna. Come al solito, manco a dirlo, ha cominciato a bofonchiare che non era vero e quindi ho chiesto a nostra cognata una conferma che, che ve lo dico a fare, è arrivata come un fulmine a ciel sereno a smentire l'ignoranza maschile.
Per non parlare di quella volta in cui stavo per scoppiare a ridere in chiesa perché a celebrare la messa c'era praticamente la versione datata di Gianni Morandi.
Lo so, sono una brutta persona però quando l'ho sussurrato al mio compagno di avventure ha dovuto trattenersi anche lui perché ancora una volta avevo fatto centro.

Comunque il succo del post è che c'è un must che accompagna praticamente tutte le nostre uscite. Ebbene si ragazzi, lettori cari, non ve lo aspettereste mai ma il mondo è pieno, PIENO ZEPPO di sosia di....Miki Moz. E la cosa bella è che li ho scovati non sono nella versione romana ma anche in quella calabrese.
Ogni volta che siamo fuori esclamo tutta felice "c'è Moz!" ed indico il sosia di turno entusiasta e convinta, tanto che, quelle rarissime volte in cui non lo faccio, è il mio fidanzato che si fa carico di questa responsabilità e becca il gemellino del nostro blogger preferito.
Ed allora è vero che sei pieno di cloni Miki! Ti ho beccato, non mi sei sfuggito ed ora lo saprà tutto il mondo (no, tranquillo, solo quelli che mi leggono :-D)!

In realtà dovrei stilare un album delle mie trovate gemellistiche però potrebbe sfuggirmi di mano la cosa, più di quanto non abbia già fatto.
Mi posso solo accontentare di utilizzare il mio utilissimo e bellissimo dono per allietare le giornate del mio fidanzato che, sfortunato com'è, non gode della stessa capacità e può solo trincerarsi dietro la sua invidia.

E voi, quanti sosia conoscete? Avete un super potere meraviglioso ed unico almeno quanto il mio?

Una buona giornata, a chi non è come neve...

mercoledì 27 febbraio 2019

..."Rolls Royce, Rolls Royce"...

Dio vi guarda mentre mi giudicate perché sto aggiornando poco il mio blog.
È che quando non si scrive spesso è perché si hanno troppe cose da dire. O troppe poche.

Questa notte il vento soffiava così forte da risultare fastidioso anche per chi generalmente lo trova rilassante ascoltandolo al sicuro di un lettino caldo. E poco fa, in lontananza, i tuoni echeggiavano tranquilli senza però, almeno per ora, sfogarsi in tempesta.
Ma la cosa veramente importante da chiedersi è "com'è che siamo già a fine Febbraio?!". Praticamente ora mi appisolo un attimo e saremo già a Natale. Avevano ragione quando mi dicevano che dopo i 18 anni il tempo sarebbe andato veloce come un soffio.

Ma no, non è vero, la cosa veramente importante da chiedersi è un'altra: com'è possibile che quasi tutte le ragazze della mia scuola (media e/o superiore) si siano sposate e/o siano diventate mamme?
C'è qualcosa che non so? Maurizio dovrebbe cominciare a tremare?
Che i suoi amici ci danno come la prossima coppia pronta alla grande marcia. Ed io sapete che vi dico? Per non saper né leggere e né scrivere ho già pronto il mio wedding plan (no, scherzo............).
Messo da parte questo, ho una grande notizia. Però non ve la dico. Perché merita un post a parte.. e che post!
Messo da parte anche questo sto leggendo tantissimo, che se facessi una lista di tutti i libri in questione si che ne avrei di post da scrivere. 
Vado a momenti: settimane in cui non staccherei un secondo gli occhi dal Kobo e giorni in cui ho bisogno di una pausa. E lo so, sarebbe più salutare trovare una via di mezzo ma io sono fatta così.

Maurizio mi ha definita ossessiva. Io ossessiva? Solo perché quando mi piace una canzone la devo ascoltare dalla mattina alla sera per mesi? Solo perché quando trovo un argomento interessante lo cerco su Google ogni giorno più volte al giorno? Solo perché quando ero piccola vedevo 10 documentari al giorno unicamente sugli squali? Solo perché ogni sera mentre eravamo insieme scompariva una confezione di wafer al cioccolato? Che brutta persona piena di pregiudizi il mio fidanzato. Invece di ringraziarmi per quelle notti insonni passate a farci una cultura coi documentari sugli animali più pericolosi o sulle case infestate dai fantasmi.
Grazie a me ha scoperto un sacco di cose bellissime.
Per esempio quanto faccia ridere Pintus, che siamo andati a vedere a teatro un paio di giorni fa.
Ci siamo divertiti molto e, come avevo già detto ancora prima di assistere al suo spettacolo, lo consiglio decisamente.
Tra l'altro abbiamo avuto la brillante idea di non mangiare prima e quindi quando siamo usciti  dallo spettacolo avevamo lo stomaco che brontolava da morire. E siccome era tardi e siccome io sono difficile col cibo abbiamo optato per l'Old (che è sempre meglio del Mc a mio avviso). Mai scelta fu migliore perché, anche se stavano per chiudere ed il locale era praticamente vuoto e pronto ad essere pulito, i camerieri sono stati super gentili e ci hanno serviti comunque con anche un occhio di riguardo.
Perché le brave persone ancora esistono al mondo (e tra queste non ci siamo noi che li abbiamo fatti lavorare fino all'ultimo minuto :-D).

Così come grazie a me ha scoperto che anche da Roma è possibile assistere alla bellezza dell'Aurora Boreale direttamente dall'Auditorium Parco della Musica. Pure se siamo stati sfortunati ed abbiamo solo preso freddo perché nel tempo in cui siamo rimasti noi la diretta non aveva catturato l'evento in questione ma tant'è, abbiamo approfittato per vedere altre due mostre all'interno dell'Auditorium stesso. Bellissima in particolare la saletta adibita con tutti gli strumenti musicali, alcuni dei quali interattivi.
Ma anche io grazie a lui ho scoperto tante cose; cose che voi umani non potete neanche immaginare e molte delle quali afferenti alla Geografia.
Ma questa è un'altra (brutta) storia.

Adesso vi lascio e quale miglior modo di concludere questo non post se non con il video di una delle mie canzoni-ossessioni del momento?

Una buona giornata, a chi non è come neve...



venerdì 8 febbraio 2019

...Uno sorride di com'è, l'altro piange cosa non è...

Il fatto di avere un fidanzato Romano mi ha entusiasmata dall'inizio della nostra storia. E non solo perché così posso passare le vacanze gratis nella capitale ogni volta che voglio.
No...è perché mi ha dato modo di scoprire fin da subito le differenze che scandiscono le nostre vite in differenti ambiti. E se pensate che non possa essere così evidente il passaggio tra una Calabrese ed un Romano vi state sbagliando di grosso.

La cosa più banale che mi viene da dire, e che probabilmente sarà balzata subito anche alla vostra mente è la differenza di dialetto. Il romano è più o meno un italiano che non ha smesso di crederci; qualche "daje, mortacci tuaaaa" di qua, una cadenza che non c'è bisogno di spiegare perché tanto la conoscete tutti, un termine più stretto di là ed eccovi pronti a parlare romano. O perlomeno, ecco che non vi risulterà ostico da comprendere.
Il calabrese, per uno straniero è tutt'altra storia. Io ed il mio Rrrromano stiamo insieme da 5 anni ed ancora non riesce a comprendere bene un discorso per intero senza almeno un tentennamento; se poi vengono usati termini ancora più desueti è ancora peggio! Considerate che, più o meno come in tutto il sud, non esiste un dialetto unico, assolutamente. Se io abito dove abito parlo in un modo ma nella città accanto, a cinque minuti di macchina (e non sto esagerando) il dialetto cambia drasticamente, con nuove parole, a volta proprio una cadenza diversa. Se cambiamo provincia ancora peggio.
Il mio Rrrrromano è un romano con un bell'accento, che non si sente troppo; lui dice di avere una cadenza quasi perfetta (ssse) ed invece prende in giro me, che l'acca aspirata non la perdo neanche se ci provo ma che mi difendo con l'evidenza: in tutta la Calabria il mio modo di parlare è sicuramente tra i meno peggiori da sentire.

Superata l'ovvietà maggiore ci sono state invece, nel corso del tempo, delle cose un po' meno ovvie che mi hanno spiazzata perché, se ci pensate un po', quando si hanno da sempre certe abitudini si pensa che queste siano la normalità e neppure ti viene in mente che potrebbero esistere "altre" normalità.
Per esempio, la primissima cosa che mi ha lasciata senza parole è stata la mia pizza preferita. Si, proprio lei, la mia buonissima margherita con le patatine fritte che, fuori dai confini terroni, mi è stata discriminata ripetutamente. Del tipo che quando l'ho ordinata la prima volta (e tutte le volte dopo) ho visto il panico negli occhi degli altri commensali che cercavano soluzioni alternative tipo "ordina una margherita ed a parte le patatine" mentre io mi chiedevo perché adagiare quelle stanghette gialle e fritte sulla mia pizza potesse essere così complicato ed incomprensibile per il pizzaiolo.
In secondo luogo, e quando l'ho scoperto stavo per svenire, il mio Rrrromano non aveva mai mangiato (o visto) uno degli accompagnamenti più buoni del gelato: la brioche con il tuppo.
Si, ad onor del vero è un prodotto tipicamente Siciliano ma dalle mie parti sbanca allo stesso modo ed è una meraviglia a cui tutti hanno dato un morso nella propria vita almeno una volta. Invece nei bar romani, con non poca tristezza, mi sono resa conto che questa golosità manca. Ed è inutile che cercando la foto su Google venite a commentarmi che non vi ispira, se non l'avete assaggiata dovete solo stare muti e sentirvi perduti!

E la parentesi culinaria potrebbe andare avanti per molte righe, dal momento che alla fine piatti tipici e sconosciuti si possono trovare ovunque (a parte la mia pizza, per quella fatevi curare, dai, su). L'ultima che si sta per aprire adesso, invece, sarà la parentesi dedicata al mistero della carpetta. 
Ho già detto che la differenza tra dialetti era la cosa più ovvia da riscontrare tra me ed il mio Rrrromano, ma quello che non mi aspettavo era di riscontrare delle differenze anche all'interno dei termini ITALIANI.
In pratica, una sera a tavola io ed il mio fidanzato siamo stati protagonisti di questa scena:
Io: "si, nell'armadietto ho visto dei fogli nella carpetta"
Lui: "i fogli dove?"
Io: "nella carpetta"
Lui: "nella?!"
Io: "....CAR-PET-TA"
Lui: "e che è?"
Dopo una veloce ricerca su Google abbiamo capito che la mia carpetta (che in italiano esiste) è quella che a Roma viene definita cartelletta e dopo aver interrogato anche altri membri della comunità romana ho assodato che non era solo il mio fidanzato ad essere all'oscuro di questo magico termine. Ancora ora non me lo spiegare!

Tante altre cose dovrei raccontare sulle diversità che nascondono i nostri mondi i quali, geograficamente, non sono poi così lontani, ma dovrei scrivere chissà quanti altri post. La cosa principale che, invece, devo dire è che tutte le differenze in questione non sono e non potranno mai essere un motivo per allontanare me ed il mio Rrrromano. Piuttosto rappresentano un motivo in più per sottolineare la nostra complementarità (a parte la storia della pizza, quella proprio non la potrò mai accettare).

E voi, invece, che differenza scoprireste di avere con una Calabrese?

Una buona giornata, a chi non è come neve...

giovedì 24 gennaio 2019

The collateral beauty

Tutte le nonne del mondo sono speciali, però la mia lo era un po' di più.

Avete presente lo stereotipo della nonna che ti deve riempire di cibo a forza, stando sempre dietro ai fornelli? Ecco, dimenticatelo, almeno per un attimo. La mia non amava molto mangiare, anzi, si chiedeva come facesse certa gente a rimpinzarsi di cibo. Eppure la sua dispensa era sempre piena, e quando dico piena intendo che la parete di una stanza era adibita completamente allo scopo, quindi ogni volta che la riforniva ricordo distintamente che veniva subito da noi a comunicarci che "c'è tutto, vi ho comprato la pasta, c'è il tonno, la coca cola. E venite, venite a prenderli che dovete mangiare, venite" e poi, chiudendo la porta che separa la sua casa dalla mia, continuava ancora a ripetere, mentre si allontanava, quanto fosse importante che noi avessimo tutto.

Quando una persona manca si dice che tutti quelli che la conoscevano ne parlano bene anche se per tutta la vita l'hanno criticata; può essere che sia stato così anche per mia nonna però sono sicura che su una cosa nessuno può aver mentito: ci amava profondamente, come si può amare solo poche volte e poche persone nella vita. E questo lo diceva a tutti.
Diceva a tutti che le sue cinque nipoti "sono una più bella dell'altra, belle come il sole, studiose, educate".
Lo ricordava anche a noi praticamente ogni giorno, ogni volta che ci vedeva, "bella mia, stu fiuri meu, guardati chi faccicella bella". Ci ricordava nelle sue preghiere, perché era molto religiosa, e chiedeva a Dio di donarci fortuna, pace e salute "pe cent'anni" perché noi non facevamo male a nessuno e nessuno avrebbe dovuto farne a noi. 
Suo marito, mio nonno, è scomparso ormai tanti anni fa ed amandoci di cuore anche lui aveva passato a lei la raccomandazione di badare a noi, e lei, di rimando, adempiva a questo dovere con immensa gioia.

Lavorava tantissimo, ha fatto lavori fisicamente sfiancanti, che infatti purtroppo avevano mostrato le proprie conseguenze negli ultimi anni, ed anche dopo la pensione non si era risparmiata. Amava farlo, anche quando mamma la sgridava chiedendole di stare attenta, di godersi la vita ora che poteva, di smetterla di ammazzarsi, lei rispondeva "sono opere di bene, voglio farlo". Era una spendacciona, qualità che tra l'altro ha trasmesso ad una delle mie sorelle, ma per lei non comprava praticamente nulla: era tutto per noi.
Ogni volta che partivo per Cosenza ed andavo a salutarla lei mi diceva "ah parti? Aspetta un attimo" e col suo passo dissestato dalla operazione al femore di tanti anni prima, cercava di raggiungere in fretta la sua camera da letto dentro il cui armadio aveva la sua borsetta; rovistava un pochino e poi tirava fuori dei soldi. Io mi rifiutavo di prenderli, le dicevo che non li volevo e che non c'era bisogno di darmeli e lei rispondeva che "non è per bisogno, lo so che non ne hai bisogno, ma se i tuoi amici comprano qualcosa e tu la vuoi perché devi desiderarla e non poterla comprare?", e poi mi congedava con un bacio e il suo solito "vai figghia, vai ca paci e ca saluti, torna prestu".
Aveva un armadio pieno di pigiami nuovi, dovete credermi, proprio zeppo, dalle fantasie discutibili ma caldi e morbidi come le nuvole. Erano tutti della stessa, identica taglia; roba che il venditore deve aver pensato che questa nonnina avesse 30 nipoti belle in carne; roba che dentro uno di questi io ci sto almeno due volte. E quando ridendo però glielo facevamo notare lei rispondeva semplicemente che andavano benissimo, ché il pigiama mica deve stare "a farticchiu". 

Nonna aveva lavorato tanti anni anche a Roma, diceva di amarla e che se non fosse stato per nonno, che invece era attaccato alla terra d'origine, sarebbe rimasta ancora lì. Allora raccontava sempre di quando era vicino a Palestrina, della Madonna d'oro, della famiglia che la ospitava e presso cui faceva da baby-sitter e da tutto fare, diceva che le sarebbe piaciuto tornare, che era contenta di avere un nipote romano. Aveva origini umili, non aveva mica il diploma, non parlava bene italiano, perché in Calabria si parla il Calabrese miei cari, però si ricordava bene il "mortacci tua" della capitale. 
Amava anche guidare, lo ha fatto fino a qualche anno fa, amava la sua macchina e probabilmente il momento in cui ha dovuto, per causa di forza maggiore, lasciarla, è stato quello in cui la sua mente ha cominciato a faticare un po'. Andava in giro per la città a fare commissioni a chi, proprio nel momento del bisogno, non ha avuto alcun riguardo per lei. 
Al suo rientro, il più delle volte, trovavamo un vassoio coperto dalla carta rossa e le scritte gialle del nostro bar preferito e questo significava una cosa sola: "nonna ha comprato le brioche col gelato". Il gusto era sempre lo stesso, il cioccolato. Anche lei era golosa del cioccolato ma alla fine non lo mangiava neanche così spesso.
Una cosa invece non poteva mancare sulla sua tavola, nella sua cucina: da bere.
Ve la immaginate una nonnina che ama la birra, gli amari, il cognac? Beh, la mia era così, diceva che ogni tanto faceva bene, che non serviva ubriacarsi.

Mi sono resa conto che in fondo nonna è stata una donna coraggiosa, forte nonostante il suo fisico esilissimo. Ha sempre e solo lavorato, provvedendo al marito ed alla figlia, viziando tutte le sue nipoti e non solo. Viaggiava da sola in un'epoca in cui le donne erano associate prevalentemente alla figura della casalinga; si muoveva a proprio agio in queste terre aspre, piene di verde e di frutti da coltivare con fatica; aveva cura dei grossi animali che erano l'orgoglio di nonno e che ha tenuto finché quest'ultimo non ha avuto più le forze per andarli anche solo a vedere.
Era una donna tradizionale ma neanche tanto; ricordava, a distanza di decenni, il suo grande amore ancora con le lacrime agli occhi, eppure non aveva mai badato all'usanza dei vestiti neri in sua memoria per anni ed anni. A dirla tutta, il nero non le piaceva proprio e diceva anche a noi di portare possibilmente colori allegri nella quotidianità. Ci raccontava emozionata di quanto fosse anche nonno orgoglioso di noi, di quanto ci tenesse che almeno una diventasse dottoressa, ed io ci ero riuscita, ma non "dottoressa di malati, dottoressa di commerciu". Non aveva fatto una piega quando le mie sorelle, invece di sposarsi in chiesa come da queste parti ai tempi sembrava necessario, erano andate a convivere, aveva solo detto che l'importante era volersi bene, di lasciar perdere la gente cattiva.

Lo sai, nonna, sono stata quella che ha pianto meno quando te ne sei andata. Non ce l'ho fatta neanche da sola a svuotare il mio dolore, nonostante me ne abbia portato tanto la tua scomparsa inaspettata. Ci ho provato e mi sono sentita come una bottiglietta piena di acqua, una di quelle che quando messe a testa giù, per la pressione del vuoto d'aria forse, riversano tutto il liquido in piccoli sorsi i quali per la violenza fanno rimbalzare leggermente la bottiglia stessa. Mi sono sentita così quando mi è venuto da scoppiare e poi però è passato dopo un attimo.
Non ce l'ho fatta neanche a pregare, anche se so che tu ci tenevi alla Fede; ci ho provato, ho fatto il segno della croce e poi non m'è venuto da dire niente. Ho solo pensato.
Sono stata l'unica a volere e riuscire a rimanere là mentre il legno chiaro di quel coperchio consacrava l'ultima volta in cui ti ho vista in carne ed ossa. Non ho pianto neanche là perché, per non impazzire, mi sono convinta che là dentro non c'eri tu, non ci sei tu. C'erano il tuo corpo forse, i tuoi capelli, i tuoi vestiti ma non tu.
E quando mamma, da sole, mi ha detto che sentiva un grande dolore proprio nel cuore le ho risposto quello che ormai è diventato il mio mantra ogni volta che sento gli occhi umidi: tu non sei qui com'eri prima, ma ci sei lo stesso.
Ci sarai quando vedremo un bella giornata di sole, quando sentiremo un profumo, quando il sole ci bacerà la pelle, quando ci guarderemo l'un, l'altra negli occhi che tanto ci somigliamo tutte ma una in particolare somiglia a te.
Non avrò paura di entrare in casa tua ed un giorno non sentire più il tuo profumo perché so che presto potremo scambiarci i ricordi di te e nonno senza tristezza, senza malinconia, solo con una grande serenità.
Non faremo nessuna fatica a ricordarci di te e dei tuoi insegnamenti, che già adesso ho raccontato solo una piccola parte di quello che sei stata per noi ed ogni volta che ci chiederanno di te risponderemo che si, ti abbiamo conosciuta e per fortuna non ci siamo limitati a quello...ti abbiamo vissuta per tanti anni, quelli più belli, in cui la tua figura è stata fondamentale ed ora semplicemente impareremo ad amarti ed a farci arrivare il tuo amore in un modo diverso ma non per questo meno forte.

Ciao nonnarella mia.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

mercoledì 16 gennaio 2019

...Però dopo niente cambierà


Tornando a casa ero piena di buone intenzioni; avevo già una lunga lista di cose utili da fare però lo sappiamo tutti quanto possa essere sarcastica la vita. Che è quello che ti succede quando fai dei piani, no? Così dicono, almeno.
Allora avevo pensato di scrivere un post per raccontarvi di quello che è successo da quando ho messo piede in Calabria ma poi ho deciso di no, che non voglio scrivere qualcosa di triste, voglio scrivere delle cose positive che accadono anche durante una brutta esperienza.

Di quei momenti in cui ti rendi conto del fatto che davvero l’unico modo per fregar la morte è l’amore.
Perché ci sono delle fasi della vita in cui la notte stai sveglia in ospedale per guardare un nuovo esserino respirare emozionandoti ad ogni nuovo battito ed altre in cui, invece, stai sveglia per assicurarti che il respiro di un’altra persona, stavolta ben più grande, non si interrompa all'improvviso.
Ed in questa attesa non c’è nulla di bello, in realtà, però in qualche modo devi salvarti dalle lacrime, dalla paura, e lo fai dicendo a te stessa che stai concretizzando l’amore stringendo quella mano che per tanti anni ha guidato la tua quando ancora non sapevi neanche formulare una frase di senso compiuto.
Allora tutti i ricordi vengono a galla e si rincorrono l’un, l’altro d’improvviso come le stelle cadenti che tanto amo e che tanto mi fanno desiderare, e cerchi di condividerli con chi hai accanto di modo che anche quest’ultimo possa partecipare a questa gioia, sperando che possa arricchire di dettagli la tua memoria, strappando un sorriso qui e là a delle ore grigie e silenziose, altrimenti vuote.
Ti si alleggerisce il cuore pensando che non sei sola, che c’è qualcuno che può portare questo fardello insieme a te però poi regolarmente il peso diventa un po’ più grande se rifletti sul fatto che, in realtà, quella che state condividendo è solo tristezza. La paura dell’ignoto, la paura di una chiamata, la paura di addormentarsi e perdersi un attimo, l’attimo.

Però siamo arrivati fino a qui sperando, lottando, augurandoci che la nostra forza di rimando diventi anche la forza di tutti gli altri compagni di questa piccola, grande disavventura che è la morte che rincorre la vita.
Niente altro.
Allora continuiamo a credere, a volere, che per questa volta la gara la vinca la vita, perché è vero che un buon pezzo l’abbiamo già goduta a pieno ma è anche vero che per noi non sarà mai abbastanza.
Non sarà mai abbastanza per una figlia che sta stringendo la mano debole della propria mamma.
Non sarà mai abbastanza per una nipote che ha ancora qualcosa da raccontare alla propria nonnina.


Una buona serata, a chi non è come neve...

martedì 8 gennaio 2019

Hall of fame: il pieno di premi!

Torno finalmente da queste lunghe vacanze natalizie con un post per due bei premi che sono arrivati entrambi dalla mia cara Mariella e quindi, anche per ottimizzare i tempi, eccoci qui (che è un modo elegante per dire che sennò chissà quanto tempo farei passare prima di pubblicare, dato il mio ritmo).

Il primo tag, IL FRANKEN - MEME di NOCTURNIA ideato da Nick Parisi del blog NOCTURNIA, permette di far conoscere i blog che seguiamo dividendoli per categoria. È una cosa che mi piace molto perché ogni volta che leggo qualcuno che mi appassiona vorrei consigliarlo a tutti come una strillona! :-D

Le categorie sono le seguenti:

I must
In questo caso intendo non solo quelli che tutti dovrebbero leggere ma quelli che probabilmente quasi tutti seguono ormai J Un must in tutti i sensi, quindi.

Posto di bloggo: Che già solo per la genialità del nome del blog, merita. Ed in ogni caso dentro potete trovare tutto quello che vorreste leggere su un blog. Franco per il pagamento che mi devi dopo questa ci sentiamo in privato.

Mo O' Clock: Non credo che ci sia bisogno di presentazione per questo blog. MUST e basta! Moz si impegna tanto proponendoci sempre nuovi e curati contenuti, quindi bisogna premiarlo assolutamente.

Menzioni d’onore
Il Bazar del calcio: Per chi ama lo sport in questione ma non solo, per questo motivo una menzione d’onore: perché è davvero difficile coinvolgere tutti con un tema così specifico eppure Riccardo ci riesce! Correte a leggerlo se ancora non lo fate, su.

Chi scrive non muore mai: Claudia aggiorna quotidianamente il suo blog portando alla luce notizie di cronaca ma anche spunti derivanti della sua vita nei quali potete riconoscervi e farvi coinvolgere anche voi, ne sono sicura.

Le new entry
L'Agorà: Un blog in cui Daniele pubblica sempre nuove poesie dal tono delicato ma toccante sugli argomenti più disparati. Vale la pena leggerlo anche solo per avere degli spunti di riflessioni che magari non ti aspetti su delle cose che in realtà ti circondano già.

Digito Ergo Sum: Diventato uno dei miei blog preferiti, Digito offre con ironia disarmante tutto quello che gli viene in mente. Leggetelo assolutamente e state sicuri che mi ringrazierete (anche perché, seriamente, pensate che sennò avreste il coraggio di tornare qui e contraddire ME?)

I meritevoli di emergere
Karmaironico: Scoperto qualche mese fa (e che però ultimamente è anche un po’ scomparso) Karmaironico ha, anche lui, una intelligenza ed un’ironia sottilissima, di quelle che non può non piacere leggere.

Quelli che dovrebbero essere aggiornati con più frequenza
Righe libere: Questa in realtà è una minaccia caro Maurizio, torna ad aggiornare ed a commentarmi se non vuoi che i tuoi gadget di BTTF rimangano inavvertitamente offesi. Comunque per chi ormai non lo sapesse (Claudia, tu xD) è stato proprio il suo modo di scrivere a farmi innamorare di lui e quindi volete veramente perdervi un blog che ha rubato persino il mio cuoricino di marmo.

La cantadora e la Loba: Carolina scrive con delicatezza e prepotenza dei post veramente pieni. Pieni di tutto quello che un blog, per come lo intendo io, dovrebbe avere.

I desaparecidos
Per questa categoria non taggo nessuno ma non perché non ci siano blog meritevoli, più che altro perché sarebbe una lista immensa, quindi basta guardare sul mio blogroll tutti i blog che ho lasciato ma non più aggiornati.

Il secondo premio è invece un tag più classico in cui bisogna rispettare delle regole (ed io non lo farò, muahah):

1 - Ringraziare chi ti ha nominato fornendo il link al suo sito.
2 - Rispondere alle 11 domande e nominare altri 11 blogger che dovranno rispondere alle stesse o ad altre 11 domande.
4 - Informare gli 11 candidati commentando un loro post sui Social/ blog o taggandoli.
5 - Elencare le regole del premio e mostrare il logo del sole.

1) Di cosa parla il vostro blog e com'è strutturato?
Parla di me, anche se non così tanto come potrebbe sembrare e di quello che mi passa per la mente nel momento esatto in cui le mie dita toccano la tastiera. La struttura è quella mia mentale: tutto in ordine ma lo capisco solo io.

2) Passione vuol dire?
Rimanere svegli la notte a pensare che non importa della paura, della stanchezza o di null'altro, l'importante è arrivare LÌ.

3) Che cosa fate per rilassarvi?
Scrivo, leggo, ascolto qualcosa e quasi sempre una bella doccia bollente.

4) Qual è stato l'ultimo viaggio che avete fatto per piacere?
Roma, se non vale come risposta allora quello verso la Puglia.

5) Di solito viaggiate soli o in gruppo?
In coppia, generalmente.

6) Qual è il posto che sognate di visitare da sempre?
Londra. Ma ho paura che se ci vado poi non avrò il coraggio di tornare indietro.

7) Qual è l'ultimo libro che avete letto?
Ne leggo così tanti che non ho un ricordo cronologico, ma probabilmente uno degli ultimi (molto bello) è un e-book inglese che si chiama "Once gone (a Riley Paige Mystery)" di Blake Pierce.

8) Qual è il vostro genere di libri preferito?
Amo leggere tutto purché scritto bene. Mi sono sempre piaciuti i thriller/horror ma non disdegno i libri storici, biografici o i romanzi.

9) Quanto e cosa vi piace condividere delle vostre esperienze sui social?
Non ho social, comunque se li avessi condividerei probabilmente qualcosa di bello che ho fatto, visto o sentito.

10) Che rapporto avete con il luogo in cui vivete?
Di amore ed odio, come tutti i rapporti che si rispettino. Quando sono andata via per l'università mi mancava tantissimo, poi ad un tratto ha cominciato a starmi stretto insieme a molte delle persone che vi abitano. Oggi semplicemente lo apprezzo quando sono là e lo guardo da lontano con nostalgia quando vado via.

11) Cosa vi piacerebbe che venisse valorizzato?
Tutto, perché c'è tutto e non viene usato quasi niente. C'è la buona cucina, ci sono paesaggi bellissimi, c'è una enorme cultura, ci sono reperti storici importantissimi, è stata la culla di personaggi illustrissimi eppure in molti neanche lo sanno.



Come sempre invito tutti voi a rispondere alle domande, senza nominare nessuno nello specifico (così non rischio le maledizioni di qualcuno ma di tutti), e ringrazio ancora Mariella di Doremifa-sol, libri e caffè che non solo mi ha riservato questi premi, ma mi scrive sempre cose bellissime da me e non solo. Una donna davvero forte e simpatica, oltre che intelligente, che dovreste incontrare almeno virtualmente!

Una buona giornata, a chi non è come neve...