C'era una ragazza bellissima sul treno.
Era bellissima la sua espressione.
Era triste. Disarmante. La sua tristezza era disarmante.
L'ho fissata a lungo, guardando il suo viso riflesso sul finestrino della porta.
Gli angoli della bocca piegati in giù, le cuffie fisse alle orecchie.
L'aria di chi non ha un vero motivo per essere triste ma lo è e basta.
Ho guardato i suoi occhi, tristi anche quelli ma non da persona triste, ricoperti di quel velo trasparente di voglia di piangere mista alla forza per non farlo.
Aveva l'espressione, si. L'espressione.
Di chi in un altro momento sarebbe voluto essere ovunque meno che in quel posto ma che in quel momento era al posto giusto.
Di chi sta facendo un gran casino con la propria vita eppure non riesce a smettere, non riesce a rimettersi sulla propria strada. O non vuole.
Di chi sta perfettamente in equilibrio ma proprio per questo sente di star precipitando giù.
Di chi ha appena ricevuto un pugno nello stomaco, uno di quelli che ti dà una sensazione terribile di caldo e freddo, di brivido, proprio là, piantato in un posto dentro che non sai nemmeno tu.
Di chi si sta chiedendo da dove venga quella tristezza. Se da un posto sconosciuto, lontano, dall'altra parte del mondo o se invece è sempre stata là, proprio dietro l'angolo, proprio in quella strada che ogni mattina i suoi piedi percorrono a memoria.
Si guardava riflessa anche lei, con l'aria di chi sta dicendo nella propria mente "questa tristezza oggi addosso mi sta proprio bene".
Chissà se si era vestita così, stamattina. Se era uscita di casa con una giacca in mano e con quella piega malinconica sul volto. O se ieri sera ha aperto l'armadio e si è detta "uhm, si, domani metto il mio pantalone preferito ed anche un po' di tristezza addosso" ed ha poggiato il primo sulla sedia e la seconda accanto al cuscino, per non scordarsene al risveglio.
Si guardava riflessa anche lei, con l'aria di chi sta pensando "io da qui me ne voglio andare" ma con ficcata dentro la voglia di restare e la domanda "perché?".
Non si è concessa tregua per tutto il tragitto. Non ha dato tregua alla sua espressione tremendamente bella nemmeno quando incontrava occhi distratti.
Ed invece di fuggire gli sguardi dei passanti per non rischiare di essere derubata della propria magia -perché c'era del magico nella sua tristezza- li sfidava tutti, uno ad uno, tuffandosi nella loro distrazione, nella loro noncuranza.
Si tuffava dentro le loro vite per un tempo brevissimo lasciando che loro si tuffassero nella sua, giusto il tempo di rimanere quasi senza fiato e tornare su a riprenderlo.
Si tuffava dentro le loro vite tenendosi stretta la propria.
Quell'espressione bellissima l'avrei voluta avere su di me, nascosta tra i miei capelli lunghi e mossi, sulla mia pelle bianca, sui miei occhi accesi, tra le mie mani, le mie dita, le mie labbra.
Invece l'ho lasciata a lei. Nascosta tra i suoi capelli lunghi e mossi, sulla sua pelle bianca, sui suoi occhi accesi, tra le sue mani, le sue dita, le sue labbra.
Avremmo potuto scambiarcele per un attimo, ed invece.
Invece siamo scese dal treno, lei con la sua bellissima espressione ed io con la mia.
Una buona giornata, a chi non è come neve...