lunedì 30 settembre 2019

...But I'm sure that wasn't all...

C'era una ragazza bellissima sul treno.
Era bellissima la sua espressione.
Era triste. Disarmante. La sua tristezza era disarmante.

L'ho fissata a lungo, guardando il suo viso riflesso sul finestrino della porta.
Gli angoli della bocca piegati in giù, le cuffie fisse alle orecchie.
L'aria di chi non ha un vero motivo per essere triste ma lo è e basta.
Ho guardato i suoi occhi, tristi anche quelli ma non da persona triste, ricoperti di quel velo trasparente di voglia di piangere mista alla forza per non farlo.

Aveva l'espressione, si. L'espressione.
Di chi in un altro momento sarebbe voluto essere ovunque meno che in quel posto ma che in quel momento era al posto giusto.
Di chi sta facendo un gran casino con la propria vita eppure non riesce a smettere, non riesce a rimettersi sulla propria strada. O non vuole.
Di chi sta perfettamente in equilibrio ma proprio per questo sente di star precipitando giù.
Di chi ha appena ricevuto un pugno nello stomaco, uno di quelli che ti dà una sensazione terribile di caldo e freddo, di brivido, proprio là, piantato in un posto dentro che non sai nemmeno tu.
Di chi si sta chiedendo da dove venga quella tristezza. Se da un posto sconosciuto, lontano, dall'altra parte del mondo o se invece è sempre stata là, proprio dietro l'angolo, proprio in quella strada che ogni mattina i suoi piedi percorrono a memoria.

Si guardava riflessa anche lei, con l'aria di chi sta dicendo nella propria mente "questa tristezza oggi addosso mi sta proprio bene".
Chissà se si era vestita così, stamattina. Se era uscita di casa con una giacca in mano e con quella piega malinconica sul volto. O se ieri sera ha aperto l'armadio e si è detta "uhm, si, domani metto il mio pantalone preferito ed anche un po' di tristezza addosso" ed ha poggiato il primo sulla sedia e la seconda accanto al cuscino, per non scordarsene al risveglio.
Si guardava riflessa anche lei, con l'aria di chi sta pensando "io da qui me ne voglio andare" ma con ficcata dentro la voglia di restare e la domanda "perché?".
Non si è concessa tregua per tutto il tragitto. Non ha dato tregua alla sua espressione tremendamente bella nemmeno quando incontrava occhi distratti.
Ed invece di fuggire gli sguardi dei passanti per non rischiare di essere derubata della propria magia -perché c'era del magico nella sua tristezza- li sfidava tutti, uno ad uno, tuffandosi nella loro distrazione, nella loro noncuranza.

Si tuffava dentro le loro vite per un tempo brevissimo lasciando che loro si tuffassero nella sua, giusto il tempo di rimanere quasi senza fiato e tornare su a riprenderlo.
Si tuffava dentro le loro vite tenendosi stretta la propria.

Quell'espressione bellissima l'avrei voluta avere su di me, nascosta tra i miei capelli lunghi e mossi, sulla mia pelle bianca, sui miei occhi accesi, tra le mie mani, le mie dita, le mie labbra.
Invece l'ho lasciata a lei. Nascosta tra i suoi capelli lunghi e mossi, sulla sua pelle bianca, sui suoi occhi accesi, tra le sue mani, le sue dita, le sue labbra.
Avremmo potuto scambiarcele per un attimo, ed invece.

Invece siamo scese dal treno, lei con la sua bellissima espressione ed io con la mia.

Una buona giornata, a chi non è come neve...

domenica 15 settembre 2019

Ma non sono com'ero

Nel 2011 stavo per compiere 18 anni. Ed ero a due passi dal blog, se volessimo misurare ciascun passo con un anno.
"18 anni" per tutti è stato sinonimo di diverse cose ben specifiche: diploma di maturità, patente, lavoro, diritto di voto, università. In una parola sola: adulto.
In realtà per me, tutto questo, è stato vero solo in piccolissima parte, dal momento che ho compiuto gli anni a Novembre ed alcune di queste cose ho dovuto rimandarle all'anno nuovo.

Nel 2011, però, stava succedendo già qualcosa dentro di me, ben più significativo di un numero sulla carta d'identità. E questo è paradossale.
Perché voltandomi indietro vedevo dei passi che avevo compiuto da poco che servivano a costruire qualcosa, mentre guardandomi in avanti mi vedevo distruggere, ribellandomi a qualcosa che avevo lasciato quasi scrivessero concretamente per me.

Non so ben spiegare quel momento preciso della mia vita. Sentivo che qualcosa stava cambiando e che stava crescendo in me quel desiderio di fare la cosa sbagliata solo perché mi andava di farla, per la prima volta nella mia vita.
Ho quindi ceduto, perché con il passare degli anni ho capito che sempre meno sono in grado di contenere i miei sfoghi, particolarmente quando questi riguardano la rabbia o il mio pungiglione velenoso.

Quindi ho fatto quello che desideravo fare e per un certo periodo non mi sono neanche sentita in colpa, perché da un lato pensavo che fosse una giusta strada: volevo stare bene ed in quel modo credevo di riuscirci; dall'altro pensavo che mi fosse anche dovuto, una specie di rivalsa sulle cose che avevo dovuto sopportate. Che avevo voluto sopportare.
Solo in un secondo momento sono arrivati i sensi di colpa. E la paura ed un po' la vergogna.
Perché all'improvviso le persone su cui avevo fatto affidamento erano diventate i miei peggiori nemici. Ed io mi ero sentita così sola, così piccola, così stupida, così sbagliata.
Cercavo in tutti i modi qualcosa che potesse farmi tornare indietro ma il passato non si cancella e non si può men che meno riscrivere. Sono allora tornata a fare la cosa giusta, consapevole però che dentro di me qualcosa si era rotto e che non si sarebbe mai più potuto aggiustare.
Dicono che le cose fatte devono essere guardate sempre all'indietro ed io, facendolo, adesso capisco che non si era rotto niente; avevo solo finalmente liberato quello che mi sarebbe servito per il passo successivo.

Il 2011 è stato l'anno in cui ho cominciato a perdere molte delle mie "amicizie". Quelle che mi sono resa conto sarebbero state solo un numero in più, qualcosa di non sincero.
In realtà ci sarebbe voluto ancora più o meno qualche anno per perderle per sempre, però quello è stato il primo momento in cui davvero ho deciso chi mi sarei portata ancora nella vita e chi avrei abbandonato per strada. Sono passati otto anni (davvero?!così tanti?!) e non mi sono pentita di aver piantato quei semini perché tanto tempo dopo ho raccolto dei frutti sani, belli e giusti.
Quando mi guardo indietro a quel momento non sento più rabbia, risentimento. Non penso a cose del tipo "se solo avessi....se solo non avessi", penso solo che certe cose devono accadere e che c'è sempre una ragione, anche se potremmo arrivarci anche dopo tanti anni, a volte.

Ogni tanto rifletto solo sul fatto che è proprio strano il modo in cui sono arrivata ad ora. Se per esempio non avessi avuto certe paure probabilmente non avrei tagliato i ponti con le persone di cui sopra e sicuramente la mia vita sarebbe migliorata sensibilmente (e non per la presenza di queste fantomatiche amiche, solo per l'abbattimento di quel limite che è la paura) però d'altro canto, come ho ribadito, sarei stata circondata da molti visi assolutamente non sinceri. E quindi penso sia stato un buon prezzo da pagare.

Per combattere quelle stesse paure alla fine c'è sempre tempo, no?



Una buona giornata, a chi non è come neve...