Vi era uno scorpione, il quale doveva attraversare un fiume, e non sapendo nuotare chiese aiuto alla rana lì accanto.
La rana, ovviamente, inizialmente si rifiutò: 'Fossi matta, in acqua mi pungerai e morirò'.
Lo scorpione la persuase: 'Perché dovrei farlo?Tu moriresti ed io annegherei con te'.
La rana, allora, partì con lo scorpione sul dorso, ma a metà strada sentì un forte dolore;
Lo scorpione l'aveva punta, e lei, appena prima di morire chiese al suo ospite il perché di un gesto tanto folle, che lo avrebbe ucciso a sua volta.
Lo scorpione semplicemente rispose 'Perché sono uno scorpione. E' la mia natura'.
Penso che tutti conosciate più o meno bene questa favoletta.
Io ne avevo un vaghissimo ricordo fino a non moltissimo tempo fa, quando mi è stata scritta dalla persona che sicuramente mi conosce più di tutti.
La lessi ridendo, e ne rido ancora per il contesto giocoso in cui Lui la inviò, ma ammetto che mi ha dato da pensare a lungo.
Tanto da darmi la scintilla per un post.
In particolare, ho amato quelle quattro paroline finali. E' la mia natura.
Non c'è nulla che tenga; non c'è specie, razza, ordine, mondo, niente e nessuno che cambi la nostra natura.
Mi sono resa conto, guardandomi intorno o semplicemente leggendomi in passato, che a volte il nostro istinto, la nostra indole, vengono nascosti, levigati ed ammorbiditi, soffocati o messi a tacere per il semplice scopo di compiacere qualcun altro.
O, ancora più comunemente, per non rischiare di perderlo.
Così ho quasi preso le sembianze di una povera rana, mai vittima perché non mi piace affatto definirmi tale (e poi di chi?di cosa?), ma essenzialmente non scorpione.
L'ho fatto, ho assecondato, finché non ne ho potuto più ed alla fine ho lasciato andare quel leone, quella tigre, quel qualsiasi animale voi siate, fuori dalla gabbia. L'ho lasciato esplodere in tutta la sua rabbia e potenza, guardandolo da lontano, ridendo compiaciuta di me stessa, stavolta, non di nessun altro.
Ho domato quegli artigli e quelle zanne, perché non era il mio scopo quello di ferire, attaccare o uccidere, ma non ho stretto nessun guinzaglio perché avevo bisogno che qualcosa che non poteva più essere trattenuto, uscisse quanto desiderava.
Ho imparato a riconoscere la mia natura, quella fondamentalmente buona, perché non sono mai stata il tipo in grado di spargere gratuitamente cattiveria. Ma ho scoperto vitale non rinnegare l'altra sfumatura, quella da scorpione.
Non sono mai stata negativa; per me anche la tempesta ha il suo splendore. Una caduta ti può anche far sorridere; una cicatrice ti può rendere più affascinante.
Ma penso di avere anche un piccolo angolo di me potenzialmente autodistruttivo.
Un angolino che, ripeto, paradossalmente non opera per distruggere nessuno, semplicemente opera.
Perché ad uno scorpione non puoi dire di tenere fermo il pungiglione, men che mai se sotto mira ha la carne della propria preda.
Allo stesso modo, non mi si può dire di rilassarmi perché ''c'è chi pensa a quello cui non pensi tu''.
Non mi si può dire di non attaccare che tanto è già tutto sotto controllo, se il controllo non è mio.
Ho bisogno costantemente, alcune volte in modo più accentuato di altre, di far correre a qualcuno il rischio di affondare, affondandoci insieme anche io, solo perché è nella mia natura.
Ed è quasi un po' un piacere. Sentire quella brutta sensazione dell'acqua alla gola, del respiro che sta per venir meno, scamparla all'ultimo secondo ma cercare di nuovo quella situazione alla prima volta utile.
E' un po' un equilibrio mal assestato su cui io non faccio fatica a stare, ma che ovviamente ha una grande voragine.
Dove c'è uno scorpione deve esserci una rana. Quello è essenzialmente il problema.
La natura della rana è molto differente da quella dell'aracnide in questione. Ed allora come si fa?
Per conto mio, ho imparato che quando si trova la rana in grado di sorreggere i colpi, lo scorpione potrà non rinunciare alla propria natura senza però affogare. Basterà, magari, calibrare meglio il pungiglione: colpire con sempre meno veleno. E povera rana, dovrà abituarsi un po', ma forse sarà in grado di persuadere lei lo scorpione e lo porterà perlomeno ad affondare il colpo un po' meno spesso.
In fondo, chi non converrà con me che tutti hanno una propria natura?
Non è meglio lasciarla uscire piano, piano, piuttosto che farla esplodere inesorabilmente, quando sarà troppo tardi per ricorrere a guinzagli e gabbie?
Non dimentichiamo che spesso l'antidoto nasce dal veleno stesso..
Una buona giornata, a chi non è come neve...