mercoledì 6 novembre 2019

Di un libro nuovo

Qualche domenica fa ho fatto una cosa stupenda che non facevo da tempo. Ho letto. Ho letto un libro tutto d’un fiato. E mi è piaciuto. Mi è piaciuto averlo letto e quello che ho letto. E quello che ho letto, tra l’altro, piacerebbe (e piace) anche a Franco, per dire.
In una di quelle pagine si parlava della paura. E del vetro.
Che forse vi starate chiedendo cosa c’entrano l’una con l’altro ma fidatevi, c’è del genio in questo binomio. Un genio che avrei voluto avere io, ma questa è sempre un’altra storia.
Comunque, molto semplicemente.

Se tu hai paura, se tu hai una paura, inconsciamente (in realtà nemmeno tanto) stai rinunciando a qualcosa. Alla cosa di cui hai paura, appunto. E se tu hai paura, se tu hai una paura, quella cosa cerchi di evitarla in tutti i modi. La tieni lontana, forse fingi di disprezzarla, addirittura.
E però c’è il fatto che siamo esseri umani ed in quanto tali spesso siamo attirati, un po’ per autolesionismo, un po’ senza un altro motivo abbastanza affascinante dall’essere scritto dalla sottoscritta, dalle cose che non vogliamo o che non vogliamo volere.
È lo stesso concetto per cui vogliamo -o non vogliamo volerlo- guardare gli horror, gli splatter; lo stesso concetto per cui, quando c’è un incidente per strada, siamo spaventati, speriamo che nessuno si sia fatto male ma una piccola parte di noi, nascosta bene, bene, ci costringe a cercare una eventuale macchia di sangue, un corpo sull’asfalto. Non è che vogliamo davvero vederlo, non desideriamo che qualcuno ci sia davvero, sull’asfalto, ma perché allora ci giriamo in quella direzione?
E proprio qui entra in gioco il vetro, quello che in teoria non dovrebbe c’entrare nulla con la paura.

Perché se tu hai paura, se tu hai una paura, inconsciamente stai rinunciando a qualcosa, la stai allontanando. Ma se tu potessi mettere un vetro tra te e la cosa di cui hai paura, la potresti osservare (perché, in nome di quell’autolesionismo e di quel motivo non abbastanza affascinante dall’essere scritto dalla sottoscritta, ti verrebbe la voglia di guardare lo stesso) senza però rischiare nulla, con calma, dedicandoti ad ogni suo piccolo particolare.
Lo stesso concetto che ci spinge (non a me, che non approvo questo genere di costrizione) allo zoo a vedere i leoni; ne abbiamo tutti paura ma che importa se tra noi e loro c’è un vetro? Guardiamo, ci siamo così vicini, per un po’ forse riusciamo anche a metterla da parte, la nostra paura…ma la verità, la triste verità, quella che rovina un po’ la magia che mi ero creata, è che quando il vetro scompare la nostra paura rimane, invece, là dov’era. Esattamente là dov’era.

E poi, la scorsa mattina, ho tagliato corto decidendo che la paura non esiste. Non solo perché mi fido di Tiziano. Non esiste la paura, esiste solo la disabitudine.
Non è che avessi paura di vivere in una città nuova, grande, piena di persone e di strade da sbagliare e di mezzi da aspettare; ero solo non abituata a vivere questo tipo di realtà.
Non è che avessi paura di perdermi, è che non ero abituata a lasciare che accadesse.
E tutte le -non- paure che ancora ho sono solo abitudini che non mi sono decisa a fare mie, almeno per ora.
Che questo è un pensiero che mi solleva, mi alleggerisce, ma non troppo ché un po’ di disabitudine a metterti dei confini un po’ serve, eh. Mica poi c’è bisogno di andare a conquistare il mondo.

O si?

Una buona giornata, a chi non è come neve…

33 commenti:

  1. Argomento interessante. Diciamo che è vero che il disprezzo spesso nasce dalla paura. Ma bisogna capire IL MOTIVO della paura: è una cosa reale, che mina la nostra sopravvivenza? Se così non fosse, allora forse è cattiva coscienza.
    E non basterà un'intera vetreria.

    Moz-

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    1. Il fatto è che le paure sono sempre irrazionali, credo che la maggior parte di esse nasce da noi stessi, da come siamo, non da un vero e proprio pericolo. E guardando a tante cose, anche stupide, che ho fatto e che prima invece mi immobilizzavano, mi sono davvero convinta che, alla fine, ci si può abituare davvero a quasi tutto.

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  2. Beh, ma che libro hai letto?
    Non so se riuscirei a "dominare" le mie paure se le conoscessi meglio.
    O se le osservassi talmente bene da provare a comprenderle. Non sono tante ma non mi basterà una vita per sconfiggerle. O forse non ne ho voglia, perché mi fanno compagnia.

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    1. Il libro è Castelli di rabbia di Baricco. Lo consiglio vivamente. Anche io ho ancora tante paure che sicuramente rimarranno tali però devo dire che molte altre le ho messe da parte e questo mi fa sentire più grande :D

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    2. Che delusione: quello scribacchino sopravvalutato di Baricco.
      Lessi una vita fa Castelli di rabbia. Tutta la sua prosa mi scivola via come acqua. Non rimane nulla.

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    3. Scusa Mariella, non volevo deluderti con la mia scelta xD A me è piaciuto molto, così come qualche altro suo libro. Altri invece li ho trovati noiosi da morire, tanto che qualcuno non l'ho proprio neppure finito :-/

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  3. La paura è una conseguenza naturale della nostra umanità. Ne possiamo arginare qualcuna, forse anche sconfiggerla. Possiamo superare grandi limiti.
    Ma restiamo umani e di fronte a certe cose, avremo comunque paura.

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    1. Come dice Mariella in effetti sono anche io affezionata ad alcune mie paure e ad alcuni miei limiti. In fondo anche quelli ci rendono quello che siamo. Diciamo che alcune (quelle di cui parlo io nel post) è bello scacciarle per non permettere loro che ci condizionino troppo e ci ostacolino nella realizzazione dei nostri sogni.

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  4. La strada che da Gerusalemme scende a Gerico è piena di curve e ideale per le imboscate. Capita che un sacerdote mentre cammina, appena dopo una curva, vede un uomo boccheggiante sul ciglio della strada. Pensa, sceglie e sbaglia "Sicuramente è un brigante pronto ad afferrarmi, rubarmi e poi ammazzarmi e, quindi, non si ferma. Più tardi la stessa situazione si pone a un levita che si dirigeva verso Gerico. Non si ferma, non sceglie il comportamento giusto, cosa che farà un samaritano che non crede in Cristo ma ascolta la sua coscienza. Nessuna scelta, nessun tentennamento: "Lì c'è un uomo ferito e vado a soccorrerlo.
    Esemplare questo passo di un Vangelo. Chi veramente amava il prossimo era un non credente e non il sacerdote e il levita. E' un ammonimento verso chi va in parrocchia, si comunica e nella vita è un egoista che pensa solo al suo tornaconto.

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    1. Infatti, io sono fermamente convinta del fatto che bisogna essere una brava persona a prescindere dal proprio credo e dalla propria religione. Non vado mai in chiesa ma penso di essere abbastanza altruista.

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    2. Il tema del commento riguarda la paura. A causa di questa codardia il sacerdote e il levita non riescono a soccorrere l'uomo ferito sul ciglio della strada.

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    3. Hai ragione, io non ci avevo pensato, leggendoti, al fatto che fosse la paura a fermarli :)

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  5. Il fatto di avvicinarci e osservare la nostra paura è di fatto il mezzo più sicuro per riuscire a superarla. Il libro deve essere davvero interessante.
    sinforosa

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    1. Il libro è molto carino, veramente, lo consiglio: castelli di rabbia di Baricco 😊 è che non sempre è semplice anche solo avvicinarsi alle proprie paure…Grazie, un abbraccio 😊

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  6. al di là della sicumera di taluni individui, la paura è soggettiva e andrebbe affrontata, se deve essere affrontata, ognuno a modo suo. ma "tiziano" è lui? "quel" tiziano? dimmi di no, per favoresimo :-)

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    1. Tiziano è sempre quel Tiziano! Ed anzi, ti invito ad ascoltare la canzone in questione, forza, non fare il prevenuto :-D Sconfiggi questa paura xD

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  7. Chiamala paura, chiamala disabitudine...però dà fastidio no, l'idea di perdersi? Quando si va in un posto nuovo c'è appunto quella paura-senso di disabitudine lì. Però alla fine si trova sempre un passante che può dare un mano. Ci perdiamo, ma poi ritroviamo la strada. E la seconda volta che ci troveremo in quel posto non ci perderemo più. Avremo perso del tempo, ma pazienza. L'importante è imparare. La vita è così. Ci perdiamo e ci ritroviamo. Dobbiamo farci l'abitudine. Anche a sbagliare. Spesso non facciamo le cose perché siamo disabituati a sbagliare. Alla fine è meglio perdersi dopo essere usciti o essersi rimasti a casa senza perdersi? Predico bene e razzolo male, visto che penso sia meglio la prima, ma in realtà poi faccio la seconda.

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    1. Credo che tutti, in fondo, predichiamo bene e consigliamo cose giuste al prossimo ma poi sulla nostra pelle siamo meno “spavaldi”. Io prima mica sarei riuscita a fare le cose che ho fatto? No, e la risposta la conosco perché, in effetti, quando ci sono state situazioni simili ho lasciato che fosse la paura a decidere per me. Adesso ho cominciato ad essere leggermente più razionale (che non significa essere più saggia, anzi :D) e speriamo che questo mi porti dove vorrei essere. Al posto giusto al momento giusto.

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  8. Anche io son curioso di sapere che libro hai letto :D Diciamo che io distinguo due livelli di paure, alcune appunto non-paure come dici tu, più diciamo costrutti mentali che nel tempo facciamo sedimentare, ma che possiamo scardinare, a volte imparando a guardarle da un altro punto di vista altre invece che sono più ancorate, profonde e richiedono tempo o a volte non si superando mai... baci

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    1. Ciao Pier, il libro è Castelli di Rabbia di Baricco. Veramente molto bello, era da tanto che volevo recuperarlo :D

      Esatto, hai detto assolutamente perfettamente quello che intendevo. Le non-paure le puoi facilmente superare se sei motivato o se ci sei costretto. Per esempio, appunto, io sono stata costretta a confrontarmi in questi mesi con una nuova città, enorme tra l'altro, e prima pensavo non sarei stata in grado nemmeno di uscire di casa da sola...ed oggi invece volo come una libellula sbagliando treno anche senza terrore xD (che non so quanto sia buono, in effetti ahah)

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  9. Mi hai fatto pensare a "Mignolo e Prof". Li conosci, anche se sei piccina?
    "Cosa facciamo domani Prof?".
    "Ma come? Tentiamo di conquistare il mondo!".
    (Erano due topolini)

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    1. Siiii, il topolino con le orecchie a sventola basso e quello un po' più grande; non erano loro?:D

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  10. L'adattamento non è istantaneo, ci vuole tempo, e ne hai tanto mi sembra, perciò non preoccuparti troppo ;)

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  11. Del libro non ti chiedo ...ormai leggendo le tue risposte ai commenti sopra so qual’e’🤣.
    Le paure ..forse per superarle bisogna imparare a conviverci.
    Ma te c’hai un moroso no?
    Sfogati con lui ..fatti distrarre , divertiti .
    O se non c’è l’hai ..vatti a divertire con gli amici.
    Se non hai pure amici...allora sei un caso un po’ disperato.
    Ma non passare il tempo ad aver paura.
    Sii un po’ incosciente.
    Baci
    Ps ma quale canzone di Tiziano ferro ti riferisci?.

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    1. Ciao Max, scusa il ritardo :D
      Si, sono fidanzata ma ti dirò, non sono una che ama sfogarsi con gli altri, di solito soffro in silenzio ahah davvero, generalmente non ho questa necessità di usare gli altri come valvola di sfogo, sono più introspettiva :)
      Ultimamente sono stata parecchio incosciente, direbbe qualcuno :D
      La canzone di Tiziano si chiama proprio "La paura non esiste", davvero bellissima

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  12. Ti auguro di continuare a infrangere "vetri"... divertendoti e sorprendendoti piacevolmente di te. Buon compleanno! Un abbraccio.
    Paola

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    1. ... Ma come hai fatto a ricordarti del mio compleanno?... *.*

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  13. Ciao Paola. Volevo scriverti prima ma desideravo leggere bene il tuo post. Il tempo passa e tra varie cose non riuscivo.
    Bello ciò che scrivi ma cosa posso aggiungere io oltre a quello che è già stato detto?
    In parte la penso come mia sorella ma devo dire che di paure io ne ho dovute superare tantissime ed ancora adesso le combatto, a volte perdendo, molto spesso e per fortuna vincendo. Tutto dipende dalla nostra volontà a superarle credo. Ma tu sei ancora giovane e di paure da sconfiggere ne avrai ancora tante che, da come ho compreso tu sia, suprerai egregiamente distruggendo quel vetro.
    Baci dolce Paola, alla prossima.

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    1. Credo che tutti abbiamo tantissime paure, solo che alcune sono più quotidiane di altre e quindi le sentiamo di più...è difficile superarle però quando ci riusciamo quanto è bello? Quanto ci sentiamo forti, grandi, maturi?
      Grazie mille del commento, un grande abbraccio :-*

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Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.